Al giorno d’oggi ogni studente, durante la preparazione di un esame, tende a sottolineare le parti del testo più importanti con gli evidenziatori. Anche nel Medioevo esisteva un modo di sottolineare parti di uno scritto. In alcune pagine di manoscritti, infatti, soprattutto nei testi universitari, troviamo a margine delle “manine” che indicano il testo. La mano viene rappresentata chiusa e con l’indice verso la parte del testo interessata a sottolineare. L’uso della “manina”, in latino maniculae, iniziò a diffondersi nel XII secolo fino al XVIII ed era incluso nelle liste dei segni di punteggiatura standard.
La manicula divenne molto più comune tra il 1300 e 1400 in Italia, molto più articolata, rappresentata anche da sfumature, colori e ornamenti artificiosi. Pertanto, quando il torchio calcografico, strumento per la stampa, cominciò ad acquistare popolarità, il simbolo della manina divenne un carattere stampabile. Infatti, dal 1400 al 1700, questo era raffigurato orizzontalmente con dimensioni ridotte mentre tra il 1800 e 1900, l’uso della manina fu esteso anche ad altre pubblicazioni. Con il passare del tempo e con la diffusione dell’informatica e le conseguenti evoluzioni in campo editoriale, la manina non venne più usata, probabilmente a causa delle piccole dimensioni. Ciò comportò difficoltà a impaginare, poiché i primi font per computer erano a bassa risoluzione.
Il simbolo della manina dalle dimensioni variabili aveva una particolare funzione: quella di attrarre l’attenzione del lettore su un passaggio di grande importanza. Ogni forma, poi aveva significati diversi come “nota bene” o “attenzione”. Queste maniculae, inoltre, potevano essere ulteriormente personalizzate: alcune erano decorate da eleganti maniche, altre presentavano indici lunghissimi, più raramente avevano anelli o bracciali. In altri casi, ancora, due celebri autori della letteratura italiana ci hanno lasciato le “loro” maniculae autografate: Giovanni Boccaccio, le cui manine avevano l’indice lunghissimo, e Francesco Petrarca che non disegnava quasi mai manine realistiche e accurate.
Questo simbolo testuale è stato poi oggetto di studio di William H. Sherman, il quale, nel suo saggio “Toward a history of the manicule” ( Attraverso la storia delle maniculae) si è interrogato su quale termine sia giusto usare per designare le “manine” e sulle loro caratteristiche ipotizzando che le maniculae siano direttamente discendenti dalla gesticolazione umana usata nel parlato.
Come si diceva nell’introduzione “le manine” furono un simbolo utilizzato per molto tempo, ancora nel XIX secolo “ mani” maschili piuttosto verosimili venivano usate su cartelloni pubblicitari e insegne con lo scopo di attirare l’attenzione su un oggetto o un luogo. Insomma, le maniculae, oltre al loro immenso valore artistico sono tra quei simboli testuali che ci rendono vicino il Medioevo, soprattutto quando il nostro puntatore del mouse si trasforma in una “manina”!
Valentina Maisto
Per approfondire:
William H. Sherman, Toward a history of the manicule , Centre for Editing Lives and Letters (CELL), marzo 2005. URL consultato il 27 agosto 2014.
Charles Butler, Oratoriae Libri Duo (Oxford: William Turner, 1633), A4v.
Traduzione di Fred Schurink nella sua tesi D.Phil., “Education and Reading nell’Inghilterra elisabettiana e giacobina” (Oxford, 2004), 62.