In un mondo ormai segnato dai più avanzati sistemi GPS e satellitari, in grado di indicarci il percorso ottimale da seguire, abbiamo quasi perso l’abitudine di orientarci con una cartina stradale. Ma una domanda sorge spontanea: come facevano le persone a compiere viaggi lunghissimi, navigazioni del globo e pellegrinaggi infiniti senza questi strumenti moderni? Il GPS, dal 1973 in poi, ha rivoluzionato il modo in cui ci spostiamo ma fino ad allora le persone si affidavano ai cartografi e all’arte della cartografia che ha come scopo la rappresentazione della superficie terrestre, in cui si riflettono, attraverso le varie epoche, le diverse concezioni del mondo.
Nei secoli che seguono la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, l’autorità della Chiesa di Roma assume un ruolo dominante nel campo della cultura. Questo periodo è contraddistinto, infatti, dal sovrapporsi della tradizione religiosa, legata ai canoni delle Sacre Scritture, alle reali conoscenze del mondo acquisite e tramandate da geografi, cartografi e naviganti. I primi esempi di questa commistione si vedono nella collocazione di Gerusalemme al centro della terra o nella suddivisione di quest’ultima in tre parti, una per ciascuno dei figli di Noè. In quest’ottica, le mappe beatine, opera del monaco spagnolo Beato di Liébana del VIII secolo, rappresentano la summa di conoscenze storiche e geografiche con la componente religiosa. Scopo di questa mappa, infatti, non era tanto quello di rappresentare fedelmente il mondo ma di illustrare la diaspora degli apostoli che partirono da Gerusalemme per annunciare il Vangelo nel mondo.
Le mappae mundi che si diffusero dall’Alto Medioevo in poi possono essere divise in tre grandi categorie: i mappamondi zonali, i mappamondi T-O (tripartiti o quadripartiti) ed infine i mappamondi complessi. I mappamondi zonali rappresentano la superficie terrestre dividendola in fasce climatiche seguendo il sistema elaborato da Tolomeo (astronomo, astrologo e geografo greco). L’esempio più significativo di questo tipo di mappamondo lo fornisce il cartografo arabo al-Idrisi che nel 1154, commissionato dal re normanno Ruggero II di Sicilia, realizza quella che quasi tre secoli sarà una delle mappe più precise in assoluto: la Tabula Rogeriana.
La carta segue la divisione in fasce di Tolomeo ed è orientata con il sud in alto ed il nord in basso. La Tabula è ricca di errori poiché, per realizzare la sua opera, al-Idrisi si servì di notizie ricavate da viaggiatori esperti che tuttavia sono pur sempre resoconti di uomini non specializzati in questo campo. Fanno eccezione la Sicilia, la Puglia e la Calabria, che Idrisi ebbe modo di visitare.
La seconda categoria di mappamondi, invece, è quella di cui abbiamo più testimonianza e si ispirano al modello T-O tripartito. Queste lettere sono le iniziali delle parole latine Orbis terrarum, che significano “la Terra”; gli intellettuali medievali però mostrano un atteggiamento più simbolico. La O veniva allora interpretata come una circonferenza, segno della totalità del mondo, mentre la T era intesa come la Croce di Cristo.
In questo tipo di mappa l’Asia, che era considerata la sede del Giardino dell’Eden e origine della “luce divina”, veniva rappresentata nella parte in alto della carta mentre l’Europa e l’Africa si trovano nella parte in basso. Il segmento di acqua che delimita i confini dell’Asia (la parte superiore della T) sarebbe l’unione dei fiumi Don e Nilo, mentre a dividere l’Europa dall’Africa troviamo il mar Mediterraneo (la “colonna” della T). Le terre rappresentate sono poi tutte circondate da un grande oceano, la O che dà il nome al tipo di mappa.
Le mappe T-O quadripartite invece, sono un’evoluzione di quelle tripartite. Questo tipo di mappamondo, oltre ai classici tre continenti (Asia, Africa ed Europa) raffigura, con un sottile lembo di terra a destra dell’Africa, gli antipodi che, essendo un territorio sconosciuto, era privo di ogni dettaglio geografico.
Tuttavia la tipologia di mappe che ebbe più successo è quella dei mappamondi complessi. Queste carte geografiche riproducono la divisione seguita da quelle definite T-O a cui però aggiungono tutta una serie di dettagli topografici e toponomastici. Fra le rappresentazioni più famose di questa tipologia rientra il mappamondo di Ebstorf che, in mancanza di una datazione precisa, si stima essere della prima metà del XII secolo.
La mappa, secondo alcuni storici, è da attribuire a Gervasio di Tilbury e plausibilmente fungeva da pala d’altare della cattedrale di Ebstorf. Questa carta fu trovata in un convento di Ebstorf nel 1843, ma andò distrutta nel 1943 durante un bombardamento alleato. Ne abbiamo testimonianza grazie ad una serie di fotografie in bianco e nero e molti facsimile a colori fatti prima della sua distruzione. L’originale era una versione molto elaborata delle comuni mappe T-O tripartite, centrata sulla città di Gerusalemme e con l’Est in alto. La novità era data dall’inserimento di indicazioni contestuali su luoghi e città.
Accanto alle mappae mundi, con l’intensificarsi dei traffici commerciali nel Mediterraneo e nel mar Nero divenne necessario realizzare mappe che rendessero la navigazione sempre più agevole, veloce e sicura. A tale scopo iniziarono a comparire i primi portolani: simil carte nautiche che rappresentano solo le coste, con tutte le loro insenature e possibili insidie per i navigatori, ed indicano fittamente tutte le località che vi sono presenti.
La svolta per la cartografia medievale si ebbe nel 1300 quando fu ritrovata a Costantinopoli una copia della Geographia di Tolomeo. Il testo fu tradotto in latino da Jacopo d’Angelo (latinista dell’epoca) nel 1406 e in breve le carte realizzate da Tolomeo iniziarono la loro rapida diffusione in Europa. Poco meno di cinquant’anni dopo venne poi realizzata la mappa considerata la summa di tutto il sapere geografico dell’epoca: il mappamondo di Fra Mauro.
In questo grande planisfero circolare viene raffigurato il mondo secondo le conoscenze che si avevano prima della scoperta dell’America. Numerose sembrano essere state le fonti utilizzate dal frate a cui il posto d’onore va sicuramente alla ritrovata Geographia di Tolomeo. Tra le altre fonti di cui Fra Mauro si servì troviamo: i resoconti dei viaggi che i navigatori portoghesi fecero lungo le coste dell’Africa, i resoconti dei missionari cristiani che tornavano dall’Asia nonché Il Milione di Marco Polo e numerosi scritti arabi che avevano esplorato l’Oceano Indiano.
Quest’ultima carta, secondo gli studiosi contemporanei, è il perfetto punto di raccordo, o di separazione, tra la cultura medievale e quella rinascimentale che di lì a poco partirà alla scoperta del Nuovo Mondo rendendo necessarie nuove ed aggiornate carte geografiche.
Vincenzo Scarpati