Venezia. Anno del Signore 1177. Papa Alessandro III è molto agitato. Rilegge per l’ultima volta la lettera che egli stesso ha dettato al suo segretario. È il 26 settembre. Per il giorno seguente è già stata allestita un’ambasceria con a capo il suo fidato medico: magister Filippo. Obiettivo e luogo di destinazione: trovare il re di un regno sconosciuto dell’Oriente inesplorato per consegnare all’illustre e magnifico re delle Indie una missiva, nella quale lo stesso è invitato a entrare nella Chiesa romana e a stringere un’alleanza. Della lettera e dell’ambasceria però non ne rimane traccia, entrambe svanite probabilmente nel deserto dell’odierno Iraq. Settantuno anni dopo, il re di Francia Luigi IX è appena sbarcato a Cipro, a capo di un’imponente armata crociata. Prima di dirigersi in Egitto alla conquista di Damietta e poi di Gerusalemme, il re di Francia osserva il mare al largo, attende speranzoso l’aiuto del numerosissimo esercito guidato dal magnifico re delle Indie, lo stesso re a cui il papa Alessandro III aveva inviato un’ambasceria. San Luigi IX re di Francia attenderà invano l’aiuto del Re dei Re e Sovrano dei sovrani, il discendente di uno dei tre Re Magi e signore delle tre Indie: il Prete Gianni.

C’è una lettera all’origine di questi due episodi narrati nelle cronache degli storici del tempo e alla base delle successive spedizioni di coloro che si sono messi in cammino ricercando quel territorio orientale. Una lettera scritta verosimilmente intorno al 1165 in un latino perfetto, indirizzata all’imperatore bizantino Manuele I Comneno e inviata poi per conoscenza al papa Alessandro III e in Germania, all’imperatore Federico Barbarossa.

Manuele I Comneno

Papa Alessandro III

Lo scrivente, presentandosi col nome di “Presbitero Giovanni”, si qualifica sovrano di un regno sconfinato a Oriente, nel paese dove si trova la tomba dell’apostolo Tommaso. Afferma di aver sconfitto i musulmani di Persia e manifesta l’intenzione di voler raccogliere sotto un’unica alleanza tutti i cristiani, per liberare Gerusalemme e il Santo Sepolcro, assediato dalle truppe di Saladino.

Rivolgendosi all’imperatore bizantino Comneno con tono sprezzante, e criticando il fatto che si facesse onorare come un dio dai suoi sudditi definiti “miseri greci”, il Prete Gianni invita l’imperatore e gli altri re europei a visitare il suo regno in estremo Oriente.

Segue una lunga descrizione di tutte le cose meravigliose che si trovano nel suo immenso territorio, dove scorrono fiumi di latte e miele. Dove Dio due volte la settimana fa piovere manna e i popoli circostanti si alimentano solo di essa, senza bisogno di coltivare o lavorare. Lì ci sono pietre miracolose che ridanno la giovinezza e debellano le passioni malvagie dall’animo umano. Il suo è un regno pacifico, in cui non c’è l’ombra di un ladro e non c’è invidia. Ognuno vive ricco e libero. Sono poi elencate le gemme, i metalli preziosi, le spezie, le piante rare e tutte le mirabilia del regno.

Sotto il suo governo esistono uomini senza testa, sagittari, sirene, satiri, ciclopi e giganti, comprese le popolazioni carnivore di Gog e Magog, già citate nel libro dell’Apocalisse di Giovanni, che difendono i territori esterni, divorando i nemici.

Tra i sudditi ci sono 72 re di altri paesi che versano tributi. Il Prete Gianni possiede anche un esercito di migliaia di guerrieri di ogni razza, pronto a intervenire in difesa della cristianità. Oltre al suo palazzo, fatto di gemme cementate con l’oro, dove ogni giorno accoglie a pranzo 30mila invitati, c’era un secondo palazzo fatto costruire da suo padre, Quasidio, all’interno del quale è presente la fontana dell’eterna giovinezza.

Fontana dell’eterna giovinezza dipinta da Lucas Cranach il vecchio

Studi moderni e contemporanei sull’origine di questa lettera latina, tuttavia, convergono sul fatto che si tratta di un falso, opera, probabilmente, di un chierico occidentale al corrente di tutta la letteratura relativa all’Oriente, ai testi di Plinio e di Solino e alla saga del romanzo di Alessandro: testi contenenti mirabilia, racconti meravigliosi e leggende esotiche. Sicuramente un falsario, quindi, e di ottima cultura, che padroneggia a tal punto il latino da rendere improponibile la possibilità che un sovrano asiatico avesse potuto articolare in questa lingua una lettera con tale maestria. Un falsario, però, dai buoni propositi, poiché il suo intento non sarebbe stato quello di garantire la sacralità di un luogo, l’autenticità di una reliquia o rivendicare autorità su regni o imperi, al tempo fenomeno molto frequente, ma la sua intenzione potremmo classificarla come “etico-politica”, perché avrebbe mirato, di fatto, a condizionare la politica europea.

Di questo ne parleremo subito, ma intanto incominciamo a chiarire una cosa: perché una semplice lettera firmata da un sovrano sconosciuto ha subito alimentato tanto interesse e tante aspettative nei sovrani occidentali?

Una risposta esaustiva ce la offre la professoressa Gioia Zaganelli nel suo libro, dedicato alla lettera del Prete Gianni.

«Il problema non è dunque chiarire perché il Medio Evo abbia creduto ad un falso: questo attiene alla cultura di una età della storia dell’uomo nella quale i confini tra realtà e immaginazione non sono codificati, nella quale il discorso storico accoglie a pieno titolo il meraviglioso e nella quale inoltre un testo, per il solo fatto di esistere, si pone come auctoritas, come criterio e garanzia di verità.

Il problema che si pone è piuttosto vedere come quel falso abbia funzionato in quella cultura, e seguire la serie delle riscritture, e cioè delle falsificazioni, di cui è stato oggetto e della loro rifrazione sulla realtà». 

Mappa dell’Africa occidentale raffigurante il regno del Prete Gianni. XVI secolo

Infatti subito dopo la diffusione della lettera del prete Gianni, vengono redatte altre due versioni, in cui vengono aggiunti ulteriori elementi fantastici, conditi con stravaganti libertà letterarie.

Oltre a quella originale, redatta in un latino perfetto, la seconda versione viene tradotta in lingua franco-normanna, vicina allo stile del romanzo, in ottonari a rima baciata, preceduta da un prologo. Questa traduzione in volgare riesce a rendere la lettera ancora più famosa poiché riesce con relativa velocità a diffondersi nel mondo laico, in quel mondo di lettori di romanzi, enciclopedie e bestiari, oltrepassando, così, la stretta cerchia di una élite culturale chiusa in sé stessa.

Una ulteriore versione della lettera, la terza, scritta in francese antico, presenta un testo ancora più breve di quella latina, e viene inviata a Federico Barbarossa. Il testo è una vera e propria rielaborazione, non una traduzione, nel quale viene usato uno stile narrativo ancor più fantasioso.

Diversi sono stati i tentativi, da parte degli studiosi, di comprendere la ragione di questa lettera e soprattutto la cancelleria nella quale sarebbe stata pensata e compilata.

Improbabile che abbia avuto origine dagli ambienti bizantini, dal momento che l’imperatore di Bisanzio viene descritto con tratti ironici, che rasentano quasi il disprezzo. 

Da escludere, forse, anche la stessa cancelleria papale, poiché anche se ci fosse stato da parte di papa Alessandro III il buon proposito di raccogliere e galvanizzare gli animi dei sovrani d’Europa, con l’intento di spingerli all’ennesimo tentativo della riconquista di Gerusalemme, potendo contare sull’aiuto di un potente re dell’Oriente, non sarebbe spiegabile l’invio di quella ambasceria in Oriente di cui parlavamo prima. Così sarebbe da escludere anche la mano del Papa dietro il falso.

Molti studiosi contemporanei propendono per gli ambienti dell’imperatore, Federico I Barbarossa. E lo scopo sarebbe stato meramente propagandistico. In sostanza avrebbe fatto compilare la lettera dalla sua cancelleria, la più colta e preparata d’Europa, solo per rafforzare la sua autorità e per affermare il concetto di sacralità e cosmicità dell‘impero. 

Quel re sconosciuto e potentissimo, che regnava a est di Bisanzio, sovrano delle tre Indie, sarebbe stata la figura giusta da presentare come un alleato potente, utilissimo per dare forza alla sua lotta contro il papato e infine rialimentare lo spirito crociato.

 

Orlando Tarallo 

Per approfondire:

Pirenne J., La leggenda del prete Gianni, 2000, Marietti, Genova.

Romagnoli C. A., Il prete Gianni tra storia e leggenda, 2017, Saladino, Palermo.

Zaganelli G. (a cura di), La lettera del Prete Gianni, 1998, Carocci editore, Roma.

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Written by : Redazione

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