Come ser Percival chiese consiglio a una reclusa, e come ella gli rivelò di essere sua zia
Ora il racconto dice che mentre ser Lancillotto galoppava all‟inseguimento di Galahad delle cui avventure abbiamo già parlato, ser Percival tornava dalla reclusa sperando che ella potesse dargli notizie di lui. Quando arrivò sotto la sua finestra, il giovane si inginocchiò e la donna l’aprì e gli chiese cosa volesse.
« Appartengo alla corte di re Artù, signora; mi chiamo ser Percival il Gallese »le rispose il cavaliere, con grande gioia della reclusa che era sua zia e lo amava più di ogni altro.
Dato ordine che gli fosse aperta la porta, la dama lo accolse con affetto e si pose al suo servizio per quanto le era possibile. Il mattino, il nipote le chiese se sapesse chi era il cavaliere con lo scudo bianco.
« Non sarò soddisfatto finché non conoscerò la sua identità e non avrò potuto misurarmi con lui, perché la vergogna della sconfitta mi brucia ancora » le disse.
« Vuoi davvero batterti con lui, Percival? » gli chiese la zia.
« Allora hai deciso di farti uccidere per vendetta come tuo padre! »
« Le vostre parole mi fanno pensare che mi conosciate, signora. »
« Certo, sono tua zia. Un tempo mi chiamavano la Regina della Terre Desolate ed ero la sovrana più ricca del mondo, ma tutti i miei tesori non mi furono mai cari quanto lo è adesso la mia povertà. Bel nipote » aggiunse poi vedendolo piangere di commozione « hai avuto notizie recenti di tua madre? »
« No, nessuna, a dire il vero, ma la sogno spesso. Non so nemmeno se sia viva o morta. »
« È morta, bel nipote. Appena tu partisti, ella si confessò e morì di dolore. »
« Dio abbia misericordia della sua anima! » esclamò allora ser Percival. « Me ne rammarico amaramente, ma tutti dobbiamo cambiare la vita con la morte. Ora, bella zia, ditemi chi è quel cavaliere. Io credo che sia lo stesso che a Pentecoste indossava un’armatura tutta rossa. »
« È proprio lui, ed è giusto che porti armi di tale colore, perché è il cavaliere senza pari, capace di compiere miracoli e invulnerabile ai colpi degli uomini. »
Come Merlino fece la Tavola Rotonda a somiglianza del mondo, e chi sarebbero stati i cavalieri che avrebbero compiuta l’impresa del Sangrail
« Merlino istituì la Tavola Rotonda a somiglianza della sfericità del mondo in essa perfettamente rappresentato » proseguì la reclusa. « Nella Tavola Rotonda, infatti, l’intero mondo cristiano e pagano trova ristoro, tanto che coloro che sono scelti a fare parte di quell’eletta compagnia si reputano col- mi di grazia e più onorati che se fossero i padroni di metà della terra. Hai potuto vedere anche tu come, pur di appartenervi, i cavalieri siano disposti a perdere padre, madre, fami- glie, mogli e figli, come facesti tu stesso che, per unirti a loro, abbandonasti tua madre senza volerla più rivedere.
« Dunque, quando Merlino istituì la Tavola Rotonda disse che coloro che ne sarebbero stati compagni avrebbero potuto attingere alla verità del Sangrail. Gli fu chiesto chi l‟avrebbe conquistata, ed egli rispose che sarebbero stati tre tori bianchi, due vergini e uno casto, e che uno di essi sarebbe stato più forte e più valoroso di suo padre quanto il leone lo è del leopardo. Allora gli fu detto: “Bisognerà che con le tue arti tu dia luogo a un seggio su cui potrà prendere posto solo il cavaliere che eccellerà su ogni altro”.
« E Merlino istituì il Seggio Periglioso, quello su cui Gala- had sedette al banchetto di Pentecoste. »
« Ora che sono a conoscenza di tutto questo » dichiarò allora ser Percival « farò in modo da improntare i miei rapporti con Galahad solo a cortesia. Ma, cara zia, per amor di Dio, ditemi come potrei rintracciarlo. Vorrei essergli compagno. »
« Chiederai ospitalità al castello che ha nome Goothe dove troverai un suo cugino germano che ti aiuterà a raggiungerlo. Ma se costui non fosse in grado di dartene notizie, andrai dal Re Magagnato al Castello di Carbonek e là di certo potrai saperne di più. »
Come Percival arrivò in un monastero e vide il vecchio re Evelake
Separatosi con molta tristezza dalla zia, ser Percival cavalcò fino a vespro; allora sentì battere un orologio e scorse una costruzione cinta da mura e da un profondo fossato e bussò alla porta. Fatto entrare e aiutato a smontare di sella, il cavaliere fu subito condotto in una camera, disarmato e ospitato per la notte. Il mattino dopo andò ad ascoltare la messa e vide che sulla destra dell‟altare dove il prete si accingeva a celebrare vi era un banco chiuso da un‟inferriata e, dietro, un magnifico letto ricoperto da un drappo di seta preziosa intessuta d‟oro su cui era coricata una figura. Ma poiché non poteva capire se si trattasse di un uomo o di una donna perché aveva il viso coperto, smise di osservarla e si concentrò sulla funzione. Al momento della consacrazione, però, la figura si alzò a sedere e si scoprì il capo. Allora Percival si avvide che era un uomo che sembrava vecchio di trecento anni e che portava in testa una corona d‟oro; era nudo fino all‟ombelico, e le spalle, le braccia e il viso apparivano coperti di ferite. Con le mani tese verso il corpo di Nostro Signore, il vegliardo pregò:
« Bello e dolce padre Gesù Cristo, non dimenticarmi! »
Poi si distese di nuovo senza cessare di invocare Dio e alla fine della messa il prete gli somministrò la comunione. Allora il malato si tolse la corona e la fece deporre sull‟altare. Ser Percival chiese a un frate chi fosse.
« Avrai di certo sentito parlare di Giuseppe di Arimatea » gli rispose il religioso. « Dopo aver convertito il re di Sarras Evelake, venne con lui a insegnare e predicare la fede cristiana in questa terra dove subì la persecuzione dei nemici di Dio. Una volta Evelake, che si adoprava per rimanere sempre vicino al Sangrail, vi si accostò troppo e cadde in disgrazia di Nostro Signore che lo colpì facendogli perdere quasi del tutto la vista. Allora Evelake impetrò misericordia dicendo:
« Buon Signore, non permettere che io muoia fino a quando potrò baciare e vedere chiaramente il mio discendente che compirà la ricerca del Sangrail. »
Come ser Percival si batté con dei cavalieri che trasporta- vano un morto
« Allora » proseguì il frate « re Evelake sentì una voce che diceva: “La tua preghiera è stata accolta: non morirai finché egli ti avrà baciato. Quando l‟eletto arriverà, i tuoi occhi riacquisteranno la vista e tu potrai guarire dalle ferite che non si saranno ancora rimarginate”.
« Così il re vive santamente da trecento anni, e si dice che adesso il cavaliere che lo dovrà risanare si trovi a corte. » Lasciato il monastero, verso mezzogiorno ser Percival incontrò in una valle una ventina di guerrieri che trasportava- no in barella un cavaliere morto e che, saputo che egli appar- teneva alla corte di re Artù, lo assalirono gridando:
« A morte! A morte! »
Ser Percival gettò subito a terra il primo lasciandolo sotto le zampe del cavallo, ma poiché in sette lo colpirono contempo- raneamente sullo scudo mentre gli altri gli uccidevano la cavalcatura, cadde in terra a sua volta. Stava per essere catturato o ucciso, quando Galahad, sopraggiunto per caso e visti tanti guerrieri che si accanivano contro uno solo, mise la lancia in resta ingiungendo loro di lasciarlo. Poi li caricò galoppando a briglia sciolta, spezzò la lancia su quello che gli era più vicino facendolo finire al suolo con il cavallo, e infine mise mano alla spada e menò fendenti a dritta e a manca con tale abilità che ogni colpo abbatteva o feriva un avversario, finché i superstiti si rifiutarono di continuare la lotta e fuggirono in un folto.
Ser Percival lo riconobbe dall‟armatura rossa e, vedendo che si allontanava all‟inseguimento dei fuggitivi, si dolse di essere rimasto a piedi e si mise a gridare:
« Fermatevi, bel cavaliere; permettetemi di ringraziarvi per quello che avete fatto per me! »
Ma Galahad continuò a galoppare e scomparve ben presto dalla sua vista. Percival gli corse dietro senza smettere di urlare e quando incontrò un villano che, montato su un
ronzino, portava per le briglie un destriero grosso e nero come un orso, lo pregò di prestarglielo.
« Vi prego di scusarmi, signor cavaliere, ma non posso » gli rispose però l‟uomo. « Se lo cedessi a voi o a chiunque altro, il suo padrone mi ucciderebbe. »
« Ahimè, se sapeste quanto mi dispiace di aver perso di vista quel cavaliere! » esclamò Percival.
« Ne sono rattristato per voi, tanto più che avreste davvero bisogno di un buon cavallo, ma questo non oso consegnarve- lo. Voi, però, potreste impadronirvene! »
« No, non lo farò mai » affermò Percival, sedendo sotto un albero e lamentandosi forte. Intanto il villano si era allonta- nato e dopo poco davanti a Percival passava un cavaliere in armi a cavallo proprio del destriero nero del villano.
Come il villano chiese a Percival di riprendergli il cavallo, come fu ucciso il ronzino che ser Percival montava, e come questi riuscì infine a procurarsi una cavalcatura
Non passò molto che tornò al galoppo anche il villano, che si fermò a chiedere a Percival se avesse visto il cavaliere sul destriero nero.
« Sì, ma perché me lo domandi? »
« Me l’ha strappato con la forza e il mio signore mi ucciderà. »
« Cosa vuoi che ci faccia, io? Se avessi un buon cavallo te lo riporterei in fretta, ma vedi bene che sono a piedi. »
« Allora prendete il mio ronzino e fate del vostro meglio. Io vi seguirò per vedere come andrà. »
Montato sul ronzino, ser Percival galoppò più lesto che poté finché, avvistato il cavaliere, gli intimò di voltarsi e quello girò il cavallo, abbassò la lancia e l‟affondò nel petto del ronzino scaraventandolo al suolo insieme a Percival. Poi si allontanò per la sua strada.
« Aspetta, malvagio, vile e sleale! Torna indietro e battiti a piedi » gli gridò dietro il giovane.
E poiché l‟altro continuava a galoppare senza rispondergli, capì che non sarebbe tornato e gettò via l‟elmo e la spada dandosi dello sventurato e lamentandosi più forte di prima. Rimase immerso nel dolore per tutto il giorno, e quando
scese la notte, si sentì molto debole; allora si distese e si addormentò.
Era mezzanotte quando fu svegliato dalla voce di una donna che lo apostrofava severamente:
« Cosa fate qui, ser Percival? »
« Nulla, né di buono né di cattivo. »
« Allora vi presterò il mio cavallo perché possiate andare dove volete, ma a patto che mi promettiate di porvi al mio servizio quando vi manderò a chiamare. »
Ser Percival fu ben lieto di accogliere la proposta. Allora la dama gli ordinò di aspettarla e poco dopo tornò con un enorme destriero nero come l‟inchiostro e bardato con gran- de ricchezza. Ser Percival ne fu stupito, ma era talmente impaziente che balzò in sella, diede di sproni e galoppò nella foresta al chiaro splendore della luna, senza pensare troppo alle conseguenze. Meno di un‟ora dopo, il cavallo lo aveva portato a una distanza di quattro giornate di viaggio sulla sponda di un‟acqua che rumoreggiava impetuosa.