Questa settimana, precisamente il 25 agosto, è stato il compleanno di Sir Sean Connery, grandissimo artista e star dell’olimpo hollywoodiano e noi lo omaggiamo parlando di uno dei suoi film medievaleggianti: Il primo cavaliere, uscito nelle sale cinematografiche nel 1995 a firma di Jerry Zucker con Richard Gere e Julia Ormond.
Il primo cavaliere, che si concentra sul triangolo amoroso tra Artù, Ginevra e Lancillotto, offre uno spunto di riflessione interessante che ha il suo fulcro nella scelta di trasporre una parte del ciclo arturiano in chiave romantica. Andiamo a scoprire il perché! Il film inizia con un’introduzione che ci spiega la situazione del regno di Camelot al tempo della nostra storia.
Ci viene raccontato che la pace, raggiunta dopo anni di guerre, è stata bruscamente interrotta dalla ribellione di Malagant, primo cavaliere della Tavola Rotonda. Stanco di vivere all’ombra di Artù, decide di allontanarsi e di prendere il controllo di una vasta parte dei territori. Poco dopo facciamo la conoscenza di Lancillotto, abile condottiero che vive duellando per denaro, e di Ginevra, signora di Lyonesse, che accetta di sposare Artù per proteggere il suo territorio dalle scorribande del perfido antagonista.
Durante il viaggio verso la terra di Camelot, il convoglio di Ginevra viene attaccato ed è in questa occasione che la nostra dama fa la conoscenza di Lancillotto che riesce a salvarla con un astuto stratagemma. È subito chiaro che tra i due è nato qualcosa, forse di poco conto all’inizio ma che alla fine deciderà le sorti del regno. In questo primo incontro però la futura regina non cede alla corte dell’affascinante cavaliere errante.
Da qui in poi si sviluppa l’intreccio narrativo per come tutti più o meno lo conosciamo: Ginevra viene condotta a Camelot, dove si unisce in matrimonio con re Artù, sovrano saggio e buono, che ha come unico desiderio quello di riportare alla pace il suo regno. Poco prima delle nozze, fa la sua ricomparsa Lancillotto che attrae l’attenzione del re vincendo una giostra organizzata come festeggiamento prenuziale. Anche in questa occasione Ginevra non cede alla sua corte e forse è proprio in questo momento che il cavaliere si innamora veramente della dama.
Poco dopo Ginevra cade in un agguato di Malagant che, a causa del rifiuto di Artù di cedere alle sue richieste sul regno di Lyonesse, si rifà sulla regina nel tentativo di piegare il re. Lancillotto, temerario, riesce a salvarla e a colmare la distanza che li divide. Per ringraziarlo, Artù gli offre il posto di cavaliere della Tavola Rotonda che lui accetta. Di lì a poco darà prova del suo valore nello scontro a Lyonesse, dove Malagant aveva già sferrato un attacco. È proprio in questa cornice che Lancillotto decide di allontanarsi dal regno per evitare di commettere errori che possano comprometterlo, ma si sa, al cuor non si comanda, e la Regina, prima di dirgli addio, gli chiede un bacio che sarà l’inizio della fine. I due amanti vengono scoperti dal re che decide di indire un processo in pubblica piazza, salvo poi rinsavire e rendersi conto dell’umiliazione che stava infliggendo al suo amico e a sua moglie. Di quel frangente ne approfitta Malagant che irrompe nella città di Camelot nel tentativo di conquistarla. Tutto si risolve per il meglio, ma Artù non sopravvive allo scontro. Poco prima di morire affida la sua amata ed il suo regno al fedele Lancillotto.
Cos’è che rende questo film un unicum nelle rappresentazioni del ciclo arturiano? Come abbiamo detto all’inizio, la chiave di lettura del regista. Jerry Zucker sceglie di rappresentare una storia più verosimile, trasportando i personaggi dal tempo del mito ad un Medioevo più vicino, quasi storico. A chiunque conosca la storia salta subito all’occhio l’assenza dei grandi protagonisti della Materia di Bretagna: Merlino, che nelle saghe originali è il tutore e consigliere di Artù; Morgana, che a seconda del filone è la sorellastra del re o una fata; Parsifal, fedele cavaliere che troverà il Graal; Excalibur, la spada del potere che appartiene alla dama del lago. La lista continuerebbe ancora, perché del ciclo bretone fanno parte numerosi eroi e figure mitiche. Quello che colpisce di questa pellicola è l’attenzione che si dà all’uomo, spogliandolo di investiture e componenti magiche. Tutti i nostri protagonisti sono, per l’appunto, umanizzati, vittime di sentimenti e di situazioni che potrebbero essere realmente accadute. Quello di Zucker è un Medioevo “romantico”, a tratti epico, sicuramente sentimentale, ma verosimile ed è forse questa la vera peculiarità del film.
Martina Corona
Per approfondire:
GOFFREDO DI MONMOUTH, Historia Regum Britanniae, Treves Editore, Milano 2006.
LEONARDI LINO (a cura di), Artù, Lancillotto e il Graal. Volume I, Einaudi Editore, Milano 2020.
MALORY THOMAS, Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri, Mondadori, Milano 1985.