– Come facevano la guerra i Merovingi?
Prima di rispondere a questa domanda devo dire che, le tipologie di fonti che abbiamo a disposizione per questo periodo ovvero cronache, annali, agiografie e fonti del diritto non ci sono di grandissimo aiuto, infatti i testi scritti erano sempre più in mano agli uomini di Chiesa che descrivono le battaglie ponendo l’accento su quale schieramento avesse l’appoggio divino (discorso che affonda le proprie radici nell’idea agostiniana di guerra giusta) rispetto ad una descrizione tattica delle battaglie.
– La strategia della rapina nel mondo franco-merovingio.
La storia militare medievale quindi va letta secondo la categoria della rapina come spiega Aldo Settia, che era quotidiana nelle azioni militari, con la funzione di schiacciare l’avversario e fare bottino. Gli esempi delle fonti sono numerosi. Questa strategia predatoria non era tipica solo dei franchi-merovingi ma anche dei loro diretti confinanti, come i Longobardi, che attuarono questa tattica nel 570 valicando le Alpi, diretti nelle Gallie e tornarono carichi di bottino nella Penisola. Sempre nel VI sec. secondo la Storia dei Franchi scritta da Gregorio di Tours, re Clodoveo viene sconsigliato di attuare un saccheggio contro la popolazione dei Burgundi dato che sarebbe stato fine a se stesso; avrebbe dovuto, invece, mandare degli emissari e imporre un tributo annuo a quelle genti! Le conclusioni che si possono trarre dalla lettura di questa fonte sono molteplici: in primis che, fino a quel momento, la strategia militare attuata era il saccheggio; il secondo aspetto riguarda il ruolo dei “consiglieri” del re, ben consapevoli che bisognasse attuare una strategia più strutturata e di vasto respiro. Il lato negativo di questo modus operandi era la confusione tra amici e i nemici: gli eserciti infatti rapinavano regioni sottomesse allo stesso re e per i sovrani era anche un’operazione difficile tenerli a freno. Questo capita ad esempio alla scorta di Rigunte, figlia del re dei Franchi Chilperico, che si stava recando in Spagna per andare promessa sposa a Recaredo, futuro re dei Visigoti. In questa occasione gli armati sparsero terrore tra la povera gente, distruggendo capanne e rubando cibarie. Da questo fatto si può dedurre che il sistema di approvvigionamento delle truppe non esisteva o era ridotto al minimo.
– La guerra diventa un fattore privato.
Nel passato romano quando era lo stato ad organizzare la guerra questa assumeva un aspetto pubblico. Nel mondo merovingio invece, gli uomini in armi erano sostanzialmente gli appartenenti ai clan merovingi, di condizione libera e non costituivano un’unità etnica. Gli eserciti erano composti da genti diverse. Infatti pian piano che le conquiste avanzano, al primo nucleo di militari se ne uniscono altri di varia condizione: uomini superstiti facenti parte di altri eserciti sconfitti come gli Unni o i seguaci del comandante romano Siagrio, fuggitivi, vagabondi etc.
In caso di carenza di armati, esisteva una chiamata generale ma già a partire dal regno di Clodoveo si cercò di coinvolgere anche il substrato gallo-romano. Questo generò un’attitudine a consegnare beni (soprattutto terre) ai fedeli provenienti dal fisco regio. Le guerre di conquista infatti, servivano per rimpolpare le terre del re, da consegnare a nuovi fedeli. La logica conclusione fu che il mestiere delle armi divenne sempre più un fattore privato, realizzato da chi aveva mezzi per farlo. Clodoveo comunque, rispetto al passato romano, mantiene determinati dettami: ad esempio ogni anno esisteva la rassegna militare che si svolgeva al Campo Marzio (Indicato come Kalendas Martias, almeno per l’anno 596) con una forte valenza politica.
– Cavalleria o fanteria?
Il nerbo dell’esercito merovingio era la cavalleria. Infatti nelle tombe, spesso, venivano sepolti anche i cavalli dei capi militari più in vista. Ovviamente i cavalieri erano coloro che potevano permetterselo, dato il costo degli armamenti. Per quanto riguarda l’equipaggiamento, i merovingi utilizzavano la francisca, una scure a taglio unico, la lancia fornita di uncino alla fine inferiore dell’asta e la spatha o spada. Altre tipologie di combattenti a piedi erano gli arcieri e i frombolieri che, evidentemente, non sono un’invenzione di Imperium le Guerre Galliche (Sic!)!
– Il riflesso ossidionale
Per quanto riguarda le fortificazioni nel periodo merovingio un po’ in tutto l’Occidente europeo ci fu una crescita esponenziale delle fortificazioni. Queste vennero costruite per contrastare i ripetuti assalti dei Pipinidi, che a loro volta ne iniziarono a costruire nelle marche di confine. Infatti i termini Catalogna e Castiglia, sembrerebbero prendere i nomi dall’alto numero di fortezze presenti nelle regioni. Se da un lato c’erano delle fortezze, dall’altro anche delle macchine d’assedio. Ad esempio durante l’assedio di Comminges (580), il solito Gregorio di Tours scrive di arieti su ruote, definite “nuove macchine”. Per quando riguarda invece l’utilizzo di petraie e di mangani, questi due termini fanno la loro comparsa in alcuni documenti bizantini del VII secolo e non erano utilizzati nel mondo romano. La storiografia non è concorde se ci sia stata una riscoperta della trattatistica militare romana, (redatta nel III secolo d.C dall’autore romano Vegezio), se ci sia stata una certa continuità nel loro utilizzo o se siano state importate da altre culture, come quella bizantina.
Conclusioni
L’assenza di vittorie sul campo in terra straniera da Dagoberto in poi e l’inizio di quella che viene chiamata la “Grande faida reale”, avevano indebolito la dinastia merovingia che, presto, lasciò il passo alla famiglia degli Arnolfingi-Pipinidi. Da qui riprenderemo il nostro racconto sull’arte della guerra nel mondo franco, anticipandovi un fatto: la totale affermazione della cavalleria negli anni centrali dell’VIII secolo.
Andrea Feliziani
Letture consigliate
BERNANRD STANLEY BACHRACH, The merovingian Military Organiziations, University of Minnesota Press, Minneapolis 1972.
FLORI JEAN, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, Einaudi, Torino 1999.
XAVIER HELARY, Gli eserciti feudali europei in Gli eserciti nel Medioevo, a cura di Aldo Settia, Paolo Grillo, il Mulino, Bologna 2018.