Oggi vi presentiamo l’autrice Federica Garofalo: classe ‘86, originaria di Salerno dove si è laureata in Archivistica e Biblioteconomia, diplomandosi in seguito presso l’Archivio Apostolico Vaticano. Nel 2000 esordisce con un racconto pubblicato in Racconti e visioni. Antologia di scrittori salernitani (Gutenberg Edizioni), mentre nel 2011 vince il premio “Il racconto nel cassetto” con Il tamburo delle sirene e altri racconti (per i tipi di Cento Autori).
Nel 2020 la Robin Editore pubblica il suo primo libro completo, Mulieres Salernitanae. Si tratta di una avvincente racconto di sei episodi, che mette in scena la vita di sei Mulieres, ovvero medichesse della scuola Medica Salernitana, importante centro di studi medievale avvicendatosi tra l’XI ed il XV secolo.
L’atipicità di questa scuola sta appunto nella presenza di donne medichesse, che si confrontano con i personaggi più disparati delle loro epoche. La nostra storia prende le mosse dall’appassionato confronto fra Trotula De Ruggiero e papa Gregorio VII (XI secolo), fino ad arrivare al confronto fra Costanza Calenda e Giovanna d’Angiò Durazzo (XIV secolo).
Personalmente sono stato colpito da molteplici aspetti di questo racconto. I personaggi che prendono vita dalla penna della nostra scrittrice emergono in tutta la loro intimità e devono spogliarsi in senso metaforico o fisico di fronte alle loro medichesse, come succede per Rebecca Guarna e Costanza d’Altavilla.
Da non non tralasciare è l’aspetto familiare ed il rapporto con il marito, che emerge ad esempio nel caso di Rebecca Guarna, con un rapporto malsano, mentre è di stima ed affetto per Sabella Castellonata, sofferente per la precoce perdita del suo amato.
Un ulteriore filo conduttore è poi rappresentato dal retroterra culturale nel quale operano le nostre medichesse, ovvero il pensiero medico ippocratico-galenico che accomuna le Mulieres. La nostra scrittrice dà una grandissima prova di sé, inserendo agilmente queste donne nel loro contesto sociale. Non avrebbe senso svelarvi altri dettagli e togliervi il piacere di scoprirlo da soli leggendo questi racconti di sei donne del Medioevo.
Ma adesso cediamo la parola a Federica, alla quale abbiamo posto qualche domanda.
Per iniziare, le chiedo come è nata la passione per la Scuola Medica salernitana e, di conseguenza, l’idea di questo racconto ad episodi.
Anzitutto mi considero salernitana purosangue, innamorata fino al midollo della sua terra e della sua storia. Quella per la Scuola Medica Salernitana in particolare è una passione nata quasi come diretta conseguenza dei miei studi universitari sul Medioevo, in particolare del Medioevo al femminile, essendo laureata in Archivistica e Biblioteconomia all’Università di Salerno e diplomata in Paleografia, Diplomatica e Archivistica all’Archivio Apostolico Vaticano. Ho scoperto un mondo, un Medioevo diverso da quello che avevo sempre immaginato fino circa alle scuole superiori: un Medioevo in continua mutazione, in cui cambia tutto molte volte, e in cui si viaggia moltissimo, tanto che Salerno è conosciuta come la Città della Medicina, in cui si arriva da tutta Europa per curarsi e per imparare l’arte di guarire; un Medioevo luminoso, dai caldi colori mediterranei, quelli del tufo grigio e giallo dei palazzi nobiliari della Salerno multietnica e multiculturale dei secoli XI e XII, che strizzano l’occhio all’Oriente; un Medioevo in assoluta continuità con l’Antichità classica, e che, anzi, considera ad esempio i suoi medici i giganti sulle cui spalle salire per vedere più lontano; un Medioevo estremamente curioso dell’uomo, e che sa trovare per il suo benessere soluzioni incredibilmente sorprendenti per noi moderni, compresa la radice della dieta mediterranea, codificata in qualche modo nei versi del Regimen Sanitatis; un Medioevo in cui non solo medici, ma anche letterati e perfino monaci parlano di sesso con una naturalezza che ci spiazza; un Medioevo molto attento alla pulizia e alla bellezza, che ha conservato l’abitudine romana dei bagni pubblici (e di quelli privati nei palazzi dei ricchi), e in cui le donne si tingono i capelli, si depilano e si truccano; un Medioevo in cui la voce delle donne è ascoltata, molto più di quanto lo sarà nei secoli successivi. Da qui l’idea di dare veste narrativa a tutto quello che avevo scoperto, per renderlo alla portata di tutti e perché potesse indicare una via nuova anche per il nostro presente.
Nei sei episodi emerge uno studio introspettivo di ogni singolo personaggio da Lei narrato. Ha una preferenza particolare per una di queste figure e, se sì, perché?
La medica tra quelle descritte con la quale trovo più confidenza è senza dubbio Margherita detta Mercuriade, la protagonista dell’episodio Il Tamburo delle Sirene che ho fatto dialogare, e in un certo senso “psicanalizzare”, dal grande teologo e filosofo Tommaso d’Aquino; sia perché attrice del primo episodio da me scritto, quello che nel 2011 vinse il premio “Il Racconto nel Cassetto” a Napoli, sia perché mi rispecchia molto, soprattutto nelle insicurezze e nelle fragilità, e nel suo difficile rapporto con l’altro sesso. Attraverso di lei, inoltre, ho voluto affrontare un tema che mi sta molto a cuore, quello delle molestie nei luoghi di lavoro, che colpisce ancora oggi secondo le statistiche tre donne su dieci: ho voluto capire quali devastazioni subisca nell’intimo una donna il cui “datore di lavoro” ricorra al ricatto sessuale.
Come abbiamo detto nell’anteprima all’intervista, Lei ha seguito un percorso di studi umanistici inerenti la storia medievale. Questo quanto ha influito?
Moltissimo. È stato la base di partenza, senza il quale questo libro non sarebbe stato scritto. Il mio percorso di studi mi ha dato non solo gli strumenti per intraprendere una ricerca storica, ma mi ha consentito, soprattutto attraverso la filosofia medievale, di mettermi “nella testa” degli uomini del tempo e di poter accedere a un pensiero che partiva da basi diverse dalle nostre. Molti romanzi storici commettono l’errore di far ragionare con la nostra mentalità personaggi vissuti letteralmente in un altro mondo, e spesso, quando vogliono criticare questo mondo, fanno dei protagonisti uomini (e soprattutto donne) moderni nati nell’epoca sbagliata. Invece in passato avevano un’altro modo anche di contestare, e questo ho volute metterlo molto in evidenza nel caratterizzare le mie protagoniste.
In un’altra occasione mi aveva anticipato che, per scrivere questo racconto, ha impiegato 9 anni di intenso lavoro. Quali fonti ha utilizzato per rendere gli episodi più veritieri possibili?
Per ricostruire il contesto storico sono partita dalle fonti primarie, dai cronachisti delle varie epoche che ho attraversato, da Amato di Montecassino a Loise de Rosa ma anche da testi di filosofia, di letteratura, e soprattutto di medicina. Fondamentali sono state le fonti documentarie, atti notarili dell’epoca, o rielaborazioni di Età Moderna come il Manoscritto Pinto, che mi hanno permesso di ricostruire, dove possibile, genealogie e parentele delle nostre sei protagoniste, o semplicemente di utilizzare i nomi giusti nel contesto giusto. Naturalmente mi sono stati di grande aiuto studi storici e archeologici sul Mezzogiorno Medievale, e sui cambiamenti politici e sociali che ha attraversato dall’XI al XV secolo. In ultimo, per la ricostruzione della vita materiale nella maniera più realistica possibile, ho utilizzato anche la mia esperienza personale nella rievocazione storica, e l’esperienza di molti rievocatori che non ringrazierò mai abbastanza.
Un’ultima domanda prima di salutarci: da appassionata di storia e di scrittura, immagino che Lei si starà già dedicando a nuovi progetti per il futuro. Vuole fornirci qualche dettaglio in anteprima?
Questa volta sarà un vero romanzo, ambientato nella Ercolano del 79 d.C., a cavallo dell’eruzione del Vesuvio. Non dico di più…
Foto di Etibar Jafarov
Andrea Feliziani
Complimenti per la stimolante intervista! Mi ha fatto venire ancora più voglia di leggere questo interessantissimo libro! 🙂
Grazie mille!