– Becchin’amor! – Che vuo’, falso tradito?
– Che mi perdoni. – Tu non ne se’ degno.
– Merzé, per Deo! – Tu vien’ molto gecchito.
– E verrò sempre. – Che sarammi pegno?
– La buona fé. – Tu ne se’ mal fornito.
– No inver’ di te. – Non calmar, ch’i’ ne vegno.
– In che fallai? – Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito.
– Dimmel’, amor. – Va’, che ti vegn’un segno!
– Vuo’ pur ch’i’ muoia? – Anzi mi par mill’anni.
– Tu non di’ ben. – Tu m’insegnerai.
– Ed i’ morrò. – Omè che tu m’inganni!
– Die tel perdoni. – E che, non te ne vai?
– Or potess’io! – Tègnoti per li panni?
– Tu tieni ‘l cuore. – E terrò co’ tuo’ guai.
PARAFRASI: – Becchina, amore! – Cosa vuoi falso traditore?/ – Che mi perdoni. – Non ne sei degno./ – Pietà, per Dio! – Te ne vieni molto umile, ora./ – E’ vero sempre così. – Cosa me ne renderà certa?/ – La mia buona fede. – Tu ne sei mal fornito./ – Non nei tuoi riguardi. – Non tentare di calmarmi, perché mi riaccosti a te./ – In che cosa ho sbagliato? Sai bene che l’ho sentito dire [del tuo tradimento]./ – Dimmelo, amore. – Vai, che ti venga un colpo!/ – Vuoi che io muoia? – Fosse vero!/ – Tu non parli bene. – Verrò a imparare da te./ – E io morirò. – Ahimè, mi inganni ancora!/ – Dio ti perdoni. – E che, non te ne vai?/ – Ah, se lo potessi! – Ti tengo forse per il vestito?/ – Tu tieni il mio cuore. – E lo terrò con tuo malanno.
Il sonetto è una parodia del contrasto, un genere basato sul dialogo o disputa tra due figure, reali o allegoriche, utilizzato spesso nella tradizione cortese. Il componimento è sostanzialmente teatrale e segue lo svolgersi di un’azione: si parte da due posizioni che appaiono inconciliabili (Cecco chiede perdono, Becchina lo nega); la situazione di partenza si protrae quasi per tutta la lunghezza del sonetto; solo la battuta finale di Becchina determinerà un cambiamento della situazione, una riconciliazione di cui, però, sarà la donna a dettare le condizioni. I due personaggi sono individuati da tratti ben precisi: Cecco si umilia con un atteggiamento che, anche grazie alla scelta lessicale, richiama parodisticamente la sottomissione dell’amante tipica della lirica cortese. Ma quando la donna gli rimprovera la sua furfanteria, egli non la nega affatto (come avrebbe invece fatto un cavaliere, che viveva l’amore come esperienza di raffinamento morale). Il sonetto è uno dei più significativi per illustrare l’immagine della donna di Cecco (che non a caso si chiama Becchina) e che incarna l’immagine opposta a quella della donna angelicata. Il loro è un rapporto amoroso particolare: continue risse, offese reciproche e l’uso di un linguaggio plebeo e grottesco sono all’ordine del giorno, il poeta tenta di farle una corte priva di vero sentimento, e lei risponde con insulti e maledizioni. È una vicenda sentimentale superficiale e buffonesca, in cui l’unica cosa che interessa al poeta è di ridere e far ridere, anche se con amarezza.
Martina Michelangeli x Medievaleggiando