Come ser Tristano richiese Isotta la Bella per conto di re Marco, e come bevve il filtro d’amore insieme alla fan- ciulla

Un giorno re Agwisance domandò a Tristano perché non chiedesse la ricompensa che gli era stata promessa.

« Sire, è giunto il momento » rispose Tristano. « Ecco dun- que quanto desidero: datemi vostra figlia Isotta, non per me ma per mio zio re Marco che la prenderà in moglie, così come gli ho promesso. »

« Ahimè » esclamò il re « per tutto il mio regno, avrei prefe- rito che la sposaste voi! »

« Se lo facessi sarei disonorato per sempre per aver manca- to alla parola data. Mantenete, vi prego, il vostro impegno, perché è mio desiderio che Isotta la Bella venga con me in Cornovaglia e sia sposa a re Marco, mio zio. »

« Quand e così, la prenderete con voi per fame quel che vi piace » disse re Agwisance. « Intendo con ciò dire che preferi- rei che la sposaste voi, e che se invece la darete a re Marco, sarà per scelta vostra. »

Per concludere brevemente il racconto, si dispose la partenza di Isotta e, per ordine della regina, dama Brangania fu comandata ad andare con lei come prima gentildonna, insie- me a molte altre dame. La regina affidò inoltre a Brangania e a Governale una bevanda, ordinando loro di servirla a re Marco nel giorno delle nozze perché brindasse con Isotta la Bella.

« Così » ella aggiunse « si ameranno per tutti i giorni della loro vita. »

Ser Tristano prese dunque il mare e, mentre si trovava nella cabina insieme ad Isotta, accadde che avessero sete e che lì accanto vi fosse una piccola fiasca d‟oro contenente, a giudica- re dal colore e dal sapore, un vino prelibato. Subito il giovane la prese dicendo:

« Madama Isotta, ecco la migliore bevanda che abbiate mai gustata e che la vostra ancella dama Brangania e il mio servitore Governale tenevano per sé. »

Risero entrambi di cuore e bevettero liberamente, brindan- do l‟uno all‟altra, sì che mai vino sembrò loro più dolce e prelibato. Ma appena l‟ebbero inghiottito, essi si amarono sì intensamente che quel loro sentimento non li abbandonò mai più, nella buona e nella cattiva sorte. Era infatti quello il principio di un amore che li avrebbe accompagnati per tutti i giorni della vita.

 Come ser Tristano e Isotta furono imprigionati, e come egli combattè per la bellezza della fanciulla e spiccò il capo a un’altra donna

Un giorno il caso li fece approdare vicino a una roccia chiama- ta Castello del Pianto, e Tristano e Isotta, stanchi della lunga navigazione, pensarono di trovarvi buon asilo; ma vi erano appena entrati che vennero presi prigionieri. Poco dopo, però, un cavaliere e una dama andarono a confortarli.

« Mi chiedo per quale motivo il signore di questo castello ci tenga reclusi » disse Tristano. « In nessun luogo onorato che visitai accadde che una dama e un cavaliere chiedessero ospitalità per poi subire danno da colui che li aveva accolti. »

« Signore » gli rispose il cavaliere « è un antico costume di questo castello: ogni cavaliere che giunge qui ha l‟obbligo di combattere con il nostro signore, e a colui che si prova il più debole, deve essere mozzata la testa. Fatto ciò, se la dama che si accompagna a lui è più brutta della moglie del nostro signore, dovrà anch‟ella perdere il capo. Se invece è   più bella, allora sarà messa a morte la signora del castello. »

« Dio mi aiuti! » esclamò ser Tristano. « È un costume ignobile e infame. Tuttavia io ho il vantaggio di avere con me la dama più avvenente che mi sia mai capitato di incontrare in tutta la mia vita. Non temo perciò che dovrà perdere il capo per difetto di bellezza e, piuttosto che rinunciare al mio, darò leale battaglia sul campo. Dite quindi al vostro signore che io e la mia dama saremo pronti domattina e che, se potrò avere il mio cavallo e l‟armatura, mi misurerò con lui. »

« Signore, mi impegno a far sì che il vostro desiderio sia prontamente appagato » gli rispose il cavaliere. « Ora riposa- te e domattina badate a levarvi per tempo e ad essere pronto con la vostra dama. »

Detto questo se ne andò, e tornò all‟indomani di buon mattino a trarli fuori di prigione. Quindi consegnò a Tristano

il cavallo e l‟armatura, e gli disse di presentarsi sul campo, perché tutti gli uomini di rango e il popolo minuto, che appartenevano al signore del luogo, erano già convenuti per assistere alla battaglia e al giudizio.

Venne poi ser Breunor, signore del castello, che conduceva per mano la propria sposa avvolta in una grande sciarpa.

« Dov‟è la vostra dama? » chiese a Tristano. « Se è la più bella, con la vostra stessa spada spiccherete il capo alla mia signora; in caso contrario sarò io a mozzare la testa alla vostra. Inoltre, se sarete sconfitto, perderete il capo e io mi prenderò la vostra dama! »

« Signore, è un costume crudele e infame! » esclamò Tri- stano.

« Le due dame devono essere mostrate insieme sì che ognu- na abbia il proprio giudizio » ribattè ser Breunor.

« Non vi consentirò perché non ve nessuno qui che possa deliberare con giusta ragione » protestò ser Tristano. « Ma non dubito che la mia sia la più bella, e lo proverò col mio braccio e sul capo di chiunque voglia affermare   il   con- trario! »

Impugnò la spada e presentò Isotta la   Bella   facendola girare tre volte su se stessa; e dopo di lui ser Breunor fece altrettanto con la propria signora; ma appena egli ebbe posa- to lo sguardo su Isotta, pensò che non vera donna più avvenente e temette per la vita della sposa. Intanto anche tutti i presenti si pronunciavano a favore della fanciulla d’Irlanda.

« Ebbene? » chiese allora Tristano. « Reputo un gran pec- cato che la vostra signora debba perdere la testa, ma poiché sia voi che   lei avete a lungo persistito nell‟infame costume che ha causato la morte di tanti bravi cavalieri e delle loro dame, non sarebbe un danno uccidervi entrambi. »

« Dio mi assista! » esclamò ser Breunor. « A dire il vero, e con mio grande rammarico, la vostra dama è la più bella che abbia mai veduto, ed è ciò che sento mormorare anche da questa gente. Mettete dunque a morte la mia signora, ma siate certo che poi vi ucciderò, guadagnandomi la vostra dama. »

« Dovrete conquistacela al prezzo più caro che mai abbia pagato alcun cavaliere » rispose Tristano. « Per vostro stesso giudizio e poiché così avreste fatto se la mia dama fosse risultata meno bella, consegnatemi ora la vostra sposa. »

E senz‟altro indugio gli prese la dama e con un colpo di rovescio le spiccò il capo.

 Come ser Tristano combattè con ser Breunor e gli mozzò il capo

« Ebbene, cavaliere, ora montate a cavallo poiché mi avete recato grave ingiuria » disse allora ser Breunor a Tristano.

Si diedero addosso col fragore del tuono e ser Breunor fu sbalzato a terra ma, levatosi prontamente mentre ser Trista- no gli si avvicinava, gli colpì con violenza il cavallo in mezzo alla groppa, sì che l‟animale vacillò di qua e di là e poi si abbatté morto, trascinando il suo padrone nella caduta. Tri- stano era però agile e svelto e si liberò in fretta della sella, tuttavia, prima che potesse   ripararsi dietro lo   scudo   e trarre la spada, l‟altro gli aveva già inferto tre o quattro fendenti micidiali.

S‟avventarono poi l‟uno contro l‟altro come cinghiali, at- taccando di punta e di taglio con veemenza e maestria, e continuarono in quel modo   per   quasi   due ore   incalzandosi ora da una parte ora dall‟altra, e infliggendosi gravi ferite. Infine ser Breunor, fidando nella propria possanza, si pre- cipitò sull‟avversario serrandolo tra le braccia. Fu allora che ser Tristano si guadagnò la fama di cavaliere più forte del mondo, più vigoroso perfino di ser Lancillotto, anche se que- st‟ultimo disponeva di maggior fiato, perché gettò subito a terra ser Breunor e, slacciatogli l‟elmo, gli spiccò il capo.

Allora le genti del vinto vennero a prestargli omaggio e giuramento di fedeltà, pregandolo di trattenersi almeno   un poco per rendere vano l‟iniquo costume del castello, e ser Tristano vi consentì. Intanto un cavaliere si recava da ser Galeotto, il Nobile Principe   figlio di ser Breunor, a narrargli la dolorosa vicenda del padre e della madre.

 Come ser Galeotto combattè con ser Tristano, e come questi gli si arrese promettendo fratellanza con ser Lan- cillotto

Ser Galeotto giunse ben presto in compagnia del Re   dei Cento Cavalieri a sfidare Tristano in singoiar tenzone. I due contendenti montarono in sella, pronti a darsi battaglia con grande coraggio e si corsero incontro con tale veemenza che si rovesciarono a terra l‟un l‟altro insieme ai cavalli. Tutta- via da nobili cavalieri qual erano si misero subito in piedi, imbracciarono lo scudo e impugnarono le spade con ira e rancore, quindi si tempestarono di colpi di punta e di taglio per quasi mezza giornata, ora incalzando ora parando, e riportando entrambi gravi ferite,   finché   ser   Tristano   pro- gredì in forza e   in agilità e   raddoppiò i colpi, sospingendo ser Galeotto da una parte all‟altra del campo, tanto che l‟avrebbe probabilmente ucciso se il Re dei Cento Cavalieri non fosse intervenuto a soccorrerlo con la   sua   schiera. Quando Tristano si vide minacciato da tanti nemici, com- prese che non avrebbe potuto resistere e, da accorto com- battente, si rivolse al Nobile Principe Galeotto dicendogli:

« Signore, non mi dimostrate   alcuna cavalleria   se   permet- tete che i vostri uomini mi assalgano tutti insieme. Eppure finora vi siete battuto con nobiltà! »

« Non avete altra via d‟uscita che arrendervi a me   o morire » replicò ser Galeotto.

« Preferisco arrendermi, perché vi sono costretto dalla for- za dei vostri uomini e non da quella del vostro braccio » disse infine Tristano prendendo la spada per la punta e por- gendone il pomo all‟avversario.

«Fermatevi! » ordinò allora ser Galeotto al Re dei Cento Cavalieri. « Non azzardatevi a toccarlo perché gli ho conces- sa la vita. »

« Ciò torna a vostra onta » protestò il Re dei Cento Cavalie- ri. « Non ha forse ucciso vostro padre e vostra madre? »

« Di questo non posso volergliene » rispose ser Galeotto

« poiché mio padre lo aveva messo in prigione costringendo-

lo poi a battersi, in ottemperanza proprio al malvagio costu- me del castello che mi ha indotto ad allontanarmi da lui. Sarebbe dunque un gran peccato se questo cavaliere venisse ucciso, perché oso dire che è il più nobile tra i viventi, all‟in- fuori di ser Lancillotto del Lago. Ed ora » proseguì ser Ga- leotto rivolgendosi a Tristano « vi chiedo di dirmi il vostro nome, da dove venite e dove andate. »

« Sono Tristano di Liones, inviato da re Marco di Cornova- glia come messaggero a re Agwisance d‟Irlanda perché gli riportassi la figlia che diverrà sua sposa. È colei che mi accompagna e il suo nome è Isotta la Bella. »

« Ser Tristano, siate il benvenuto in queste marche » gli disse ser Galeotto. « Se mi promettete di recarvi da ser Lan- cillotto e di essere suo compagno, potrete andare dove vorre- te insieme alla vostra bella dama: da parte mia vi prometto che, finché avrò vita, in questo castello non si ricorrerà più all‟infame costume di un tempo. »

« Signore » disse allora Tristano « voglio che sappiate, e mi sia testimone Iddio, che appena potrò mi recherò da ser Lancillotto e resterò con lui, perché desidero la sua compa- gnia più di quella d‟alcun altro cavaliere al mondo. »

 Come ser Lancillotto si era imbattuto in ser Caradoc che conduceva via a forza ser Galvano, e come questi fu liberato

Era intanto giunta la notizia che Caradoc, un re potente e conformato come un gigante, aveva combattuto con ser Gal- vano, infliggendogli tali colpi da farlo svenire sugli arcioni; quindi lo aveva afferrato per la gorgiera, tirato giù di sella e legato saldamente al   proprio   arcione.   Tuttavia,   prima   che egli avesse potuto guadagnare il proprio castello, si era im- battuto in ser Lancillotto che gli aveva intimato perentoriamente di lasciare libero il prigioniero e di battersi con lui.

« Non sei che uno stolto! » aveva replicato ser Caradoc.

« Ti renderò lo stesso servizio! »

« Non risparmiatemelo, perché vi avverto che   non   mi tirerò indietro » era stata la replica di ser Lancillotto.

Ser Caradoc aveva allora legati mani e piedi a ser Galvano e l‟aveva gettato a terra; fattasi poi consegnare una lancia dal proprio scudiero, si era distanziato da Lancillotto per prende- re campo. Al primo scontro, entrambi i cavalieri avevano spezzato le lance ma erano rimasti ben saldi in sella; allora avevano tratto le spade e si erano battuti duramente per più di un‟ora, finché ser Lancillotto aveva colpito di forza l‟avversa- rio sull’elmo, trapassandogli il cranio. Presolo quindi per la gorgiera, lo aveva tirato sotto le zampe del cavallo, poi era smontato di sella, gli aveva tolto l‟elmo e gli aveva spiccato la testa, liberando così ser Galvano.

« Ahimè » esclamò allora Tristano quando ebbe inteso il racconto della nobile avventura di ser Lancillotto. « Se non avessi l‟incarico di consegnare questa bella dama, invero non mi fermerei finché non l‟avessi trovato. »

Era intanto giunta l‟ora della partenza, e ser Tristano e Isotta la Bella presero congedo e fecero vela per la Cornova- glia dove furono accolti da tutti i baroni.

Martina Michelangeli X Medievaleggiando

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Written by : Redazione

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