Vi ricordate dove eravamo rimasti?
Eravamo alla fine di quella che viene definita “anarchia ducale”, in cui i duchi longobardi erano autonomi, senza un capo che li governasse. Per chi ancora non avesse letto la prima parte della nostra avventura longobarda, ecco il link per recuperarla (https://medievaleggiando.it/episodio-pilota-larrivo-dei-longobardi-in-italia/) prima di proseguire!
Dopo il periodo anarchico durato dieci anni (574-584) in cui aveva regnato il saccheggio e si era concluso con la fine del precedente assetto sociale del tardo antico, i duchi si resero conto della necessità di avere un capo per far fronte a nuove invasioni del popolo franco (in particolare del re merovingio Childeberto II nel 584) e lo trovarono nella persona di Autari, figlio di Clefi (re longobardo fino al 574, prima dell’anarchia ducale). Appena eletto, aggiunse il nome “Flavio” al proprio per sottolineare la fusione tra Romani e Longobardi e, dopo aver sconfitto i Franchi, convinse i Bizantini a chiedere per la prima volta una tregua. Per primo l’Impero d’Oriente riconobbe come effettivo il territorio longobardo, precedentemente non si poteva infatti parlare di un’idea precisa di territorio, cosa che avviene con Autari. Ciò emerge anche dall’episodio, raccontato da Paolo Diacono, del viaggio di Autari presso la corte dei Bavari per conoscere la sua futura sposa Teodolinda, di fede cattolica, con cui convolerà a nozze nel 589. Autari purtroppo morì improvvisamente l’anno successivo (590) e suo successore fu Agilulfo, duca di Torino nel 591. Scelto dalla stessa Teodolinda, vedova di Autari, la sposò e riprese la politica iniziata dal predecessore. Infatti sappiamo che il sovrano longobardo riuscì a stipulare con i Franchi un accordo che gli permise di espandere il proprio territorio nella penisola. Inoltre, nel 593 Agilulfo guidò il suo popolo verso Roma e spettò a Papa Gregorio Magno (590-604) il compito di organizzare la difesa della città. Nel 598, infine, il pontefice concluse con i Longobardi una tregua che definì una stabilizzazione dei confini longobardi e bizantini.
Prima di andare avanti con la storia è necessario ricordare che il popolo longobardo non era cattolico ma di fede ariana, cioè sostenevano che il figlio di Dio fosse diverso dal Dio Padre, inferiore per natura e dignità, e per questo l’arianesimo era stato condannato come eresia al Concilio di Nicea (325 d.C). Gregorio Magno si era adoperato molto affinché i Longobardi si convertissero al cattolicesimo e la regina Teodolinda decise di appoggiare il pontefice. Tuttavia le cose cominciarono a cambiare soltanto alla morte di Agilulfo nel 614, quando Teodolinda governò, come reggente del figlio minorenne, per una decina di anni (615-625). La regina, infatti, impresse alla sua politica un indirizzo filocattolico.
Conclusa la reggenza di Teodolinda però il partito ariano riprese il comando e decise di portare al trono dapprima Arioaldo (625-636) e successivamente Rotari (636-652), duca di Brescia. Quest’ultimo deve la sua fama al celebre editto: nel 643 infatti venne emanato il famosissimo Editto di Rotari, il primo codice scritto di leggi longobarde, vergato in latino. La scelta di questa lingua fa pensare a un primo e lento avvicinamento dei Longobardi alla tradizione romana, ma il codice aveva l’obbiettivo di salvaguardare le leggi che, prima trasmesse oralmente, rischiavano di perdersi. Inoltre, con questo testo si voleva garantire uniformità nella gestione della giustizia e portare tra i Longobardi una coscienza di popolo, rafforzando l’autorità regia. L’editto subirà poi dei notevoli ed importanti cambiamenti, ma questa parte della storia la racconterò nei prossimi articoli.
Nel 652 Rotari abdicò in favore del figlio Rodoaldo, che governò fino al 653 quando fu assassinato. Di lui abbiamo poche notizie discordanti, sembra infatti che nell’Historia Langobardorum Paolo Diacono sostenesse che il suo regno fosse durato cinque anni e sette mesi, notizia ritenuta errata dalla storiografia che ha stabilito una durata del regno molto più breve, soli cinque mesi e sette giorni.
Suo successore fu Ariperto I (653-661) che era nipote di Teodolinda e, come lei, fervente cattolico. Con questo sovrano piano piano iniziò a diffondersi il cattolicesimo nella nobiltà longobarda. Ciononostante, con la morte di Ariperto, l’uccisione, avvenuta subito dopo, del figlio Godeperto e la fuga dell’altro figlio Perctarito (che diventerà re in una seconda fase) le tendenze ariane ripresero, anche se ancora per poco, il sopravvento.
Siamo nel 662…alla prossima puntata!
Eleonora Morante
Per approfondire:
BERGAMO NICOLA, I Longobardi. Dalle origini mitiche alla caduta del regno in Italia, Editrice Goriziana, Gorizia 2012.
DIACONO PAOLO, Storia dei Longobardi, a cura di Lidia Capo, Mondadori, Milano 1992.
GASPARRI STEFANO, Italia Longobarda. Il regno, i Franchi, il papato, Laterza, Roma-Bari 2016.