Quella che, per una storiografia fortemente eurocentrica, è costantemente apparsa come la lontana periferia di un mondo prettamente mediterraneo, è sempre stata in realtà, almeno dal VI secolo a.C., una zona di interesse strategico e geopolitico per i grandi imperi dell’antichità e della tarda antichità. 

La penisola arabica, infatti, non è estranea alle dinamiche e agli eventi che caratterizzarono la storia di imperi come quello persiano, ittita, ma anche egiziano e, entro certi limiti, quello romano. 

Possiamo quindi parlare di periferia anomala: periferia a causa della natura sostanzialmente inospitale del deserto, di cui la penisola è in maggior parte costituita; anomala per la sua posizione da cerniera tra Mar Rosso, Africa settentrionale e Mar Mediterraneo da una parte, Oceano Indiano, Persia, Siria e Mesopotamia dall’altra. 

Autori greci e latini come Plinio il Vecchio, Ammiano e Tolomeo ci restituiscono la testimonianza di una larga conoscenza sia del territorio che della realtà sociale fortemente eterogenea di quella parte di mondo. Registrano un continuo movimento dall’Arabia e verso l’Arabia, come spostamenti migratori e di contingenti militari: riflesso della volontà di controllo della regione in questione, soprattutto da parte dell’impero sasanide, ma anche da parte di quello romano e poi bizantino. 

Abbiamo testimonianza di rotte commerciali e del loro incremento nel VI secolo quando, a causa dei conflitti tra Bizantini e Sasanidi, la rete commerciale della via della seta  venne momentaneamente interrotta, creando un secondo circuito di rotte che passava proprio per la penisola arabica in città come la Mecca.

Assimilata, pertanto, la reale vicinanza e partecipazione della penisola arabica agli scenari storici sopraddetti, cerchiamo di comprendere più a fondo la pluralità che caratterizzava la realtà sociale, politica e culturale dell’Arabia preislamica. 

Bisogna distinguere innanzitutto due categorie sociali: 

  • sedentari
  • nomadi (i beduini). 

Questi ultimi, pagani (il processo di conversione per i beduini sarà molto lento), in una visione fortemente romantica, diverranno simbolo portatore di valori e antichi costumi. 

Quella urbana invece risulta essere una società prettamente mercantesca, dedita al commercio interno, all’artigianato, all’importazione ed esportazione. La struttura cittadina si basa sul Banū (Clan) e sul legame di sangue, funzionale all’equilibrio della comunità e alla protezione dei singoli cittadini.

Diverse sono anche le forme di governo a cui le singole regioni della penisola arabica sono sottoposte. Dalle più antiche città-stato dell’Arabia meridionale, come Shabwa, risalente al XIII secolo a.C., o il regno di Palmira, sorto nel III secolo d.C. alle città governate da aristocrazie mercantili, come Mecca e Yathrib (attuale Medina). 

Tuttavia in ognuna di queste città avremmo riscontrato la stessa peculiarità, ovvero la forte eterogeneità culturale e soprattutto religiosa. In una città come la Mecca, per esempio, avreste potuto incontrare cristiani ortodossi, cristiani eterodossi, un’ingente comunità ebraica, nazorei e pagani, sia di culti locali che stranieri. 

Inoltre, molto particolare è il caso degli hanīf, ovvero arabi non cristiani e non ebrei, che tendono tuttavia ad un ideale di monoteismo non trinitario; a testimonianza della diffusione di una inclinazione monoteista nella società araba di quei secoli. 

L’aspetto fortemente settario della religione, quindi, e pertanto anche della cultura, alla Mecca e non solo, rende la società araba tardoantica vivace, caratterizzata da un’intensa attività polemistica e intellettuale tra le varie confessioni, da cui emerge, tra l’altro, una propensione specifica del cristianesimo all’antigiudaismo

Ecco che il pantheon panarabo, di cui il più grande santuario è proprio la Kaʿba della Mecca (specifichiamo, perché in epoca preislamica il termine Kaʿba era attribuito a vari edifici di simile costruzione e medesima funzione), accoglieva al suo interno divinità arabe, probabilmente qualche divinità mesopotamica, fino ad includere il culto di Abramo, d’Ismaele (considerato dalla tradizione islamica nobile progenitore degli arabi), della Vergine e di Cristo.

Anche a livello linguistico riscontriamo la medesima pluralità. Ovviamente, tutte le varianti linguistiche autoctone parlate nella penisola arabica di epoca preislamica appartengono alla grande famiglia delle lingue semitiche. 

Tuttavia, premettendo il fatto che la seguente distinzione non è condivisa dal mondo arabo: non è l’arabo standard, parlato oggi, né tanto meno l’arabo classico, usato per i testi sacri e i testi giuridici, a essere la lingua predominante, anche se la tradizione araba vorrebbe che la lingua standard corrisponda a quella già parlata dal Banū Quraysh, ovvero il clan a cui apparteneva il Profeta. 

Tra VI e VII secolo abbiamo: 

 

  • il siriaco, lingua usata dall’élites intellettuale
  • l’aramaico, versione volgare del siriaco, più comunemente usata per il parlato e per scritti di natura pratica 
  • il copto (lingua camito-semitica) 
  • il persiano, unica eccezione, essendo una lingua indoeuropea. 

 

Solo con l’arrivo dell’Islam si arriverà all’unificazione linguistica di tutta la penisola ed oltre.

Un mondo complesso, quindi, quello della penisola arabica preislamica; complessità ereditata anche dalla società araba dei secoli successivi, forse incompresa dal mondo occidentale moderno, che dal XIX secolo in poi, vi entra in costante contatto. 

Forse non solo incompresa, ma probabilmente fortemente sottovalutata da un mondo occidentale che, sotto un ego smisurato, ha preteso di applicare, far comprendere e imporre i propri schemi mentali, politici e culturali, a un mondo caratterizzato da paradigmi totalmente diversi. 

 

Marco Armeni

Per approfondire

CAPEZZONE LEONARDO, Una storia dell’islam medievale (VII-XV secolo), Mondadori Università, Milano 2016. 

FILORAMO GIOVANNI, (a cura di) Islam, Editori Laterza, Bari 2007. 

FINSTER BARBARA, Arabia in Late Antiquity. An Outline of the Cultural Situation in the Peninsula at the Time of Muhammad, in «Neuwirth» 2011, pp. 61-110. 

Share This Story, Choose Your Platform!

Written by : Redazione

Iscriviti alla nostra Newsletter

Leave A Comment