La nostra rubrica dedicata alle recensioni si arricchisce di un nuovo volume: “L’età del lume. Una storia della luce nel Medioevo” (il Mulino, 2023) di Beatrice del Bo, docente di Storia economica e sociale del Medioevo e di Didattica della storia presso l’Università Statale di Milano. Già dal titolo viene dichiarato l’intento programmatico dell’autrice: fare luce, letteralmente, sui Secoli bui per eccellenza, quelli del Medioevo.
La parola lume/lumi è storicamente associata al Settecento e a quella che viene chiamata, appunto, “età dei lumi”. Dunque, associarla al Medioevo è quanto mai un atto rivoluzionario!
Siamo abituati a pensare che, nel Medioevo, una volta tramontato il sole tutte le attività diurne finissero, che uomini e donne andassero a dormire dopo aver consumato un frugale pasto. Nella realtà non era proprio così. La luce delle candele rischiara gli interni delle case, delle chiese, degli edifici pubblici e di alcune strade; un lume poteva essere apposto fuori dalla casa di una prostituta.
Questo volume «ricostruisce una storia materiale della luce», cosa significa? Significa che Beatrice del Bo ci porta a scoprire nel dettaglio come donne e uomini del Medioevo vivessero nel buio della notte e come questa fosse rischiarata dalle luce delle candele.
E una storia della luce non può che partire dallo strumento principe usato per rischiarare le notti: la candela. Innanzitutto, le candele potevano essere di vari materiali, dalle più pregiate candele in cera d’api alle più scadenti ricavate dal grasso animale, il sego. Inoltre, a sottolineare l’importanza di queste come bene di prima necessità si trovano, negli statuti comunali, tantissime norme volte a calmierare il prezzo delle candele e ad assicurare la qualità delle stesse.
Il libro è ricchissimo di dettagli, di esempi che aprono uno scorcio nuovo e interessante sulla quotidianità del Basso Medioevo. Altro esempio, nelle città non esisteva un’illuminazione pubblica come noi la intendiamo, ma chi circolava di notte era obbligato ad avere un lume acceso con sé, pena una multa anche molto salata se si veniva colti “al buio”.
Oppure, conoscete la famosa “Corsa dei Ceri “ di Gubbio? Naturalmente, questa festa ha origini medievali. Infatti, tutte le comunità della diocesi eugubina ogni 15 maggio dovevano un tributo al patrono Sant’Ubaldo: i rappresentanti di ogni comunità rendevano omaggio al santo salendo sul monte Ingino, dov’è collocata la chiesa a lui dedicata, portando un cero acceso pesante tra le 2 e le 3 libbre. Non solo: la mattina del giorno successivo tutte le maggiori personalità di spicco della città, dai nobili ai giudici, erano tenuti a sfilare per le strade della città con almeno un lume acceso. Questo “corteo illuminato” riproduceva la gerarchia politica della città e da qui si sviluppò la manifestazione che conosciamo oggi.
Il libro, infine, è dotato di un interessante apparato iconografico che aiuta il lettore a immaginare come dovevano essere candele, candelabri, ecc. e, soprattutto, alla fine del testo si trova un utilissimo glossario per districarsi e avere le idee più chiare sui termini legati all’illuminazione medievale.
Insomma questo saggio è un grande omaggio al Medioevo “buio”, un grande affresco su questo periodo storico ricco di esempi interessanti che mi sento di consigliare a chi desidera leggere un libro con un approccio trasversale e “quotidiano” a questo periodo storico.
Giulia Panzanelli