La prima menzione italiana di ‘spadon’ risale circa al 1526 ma ci sono fonti sufficienti per supporre che il nome fosse già in uso in tempi precedenti. Si può parlare di un periodo di transizione in cui alcune spade a due mani tipicamente medievali (più corte, leggere, che spesso andavano assottigliandosi verso la punta acuminata) iniziano a crescere in dimensione e ad arricchirsi di elementi strutturali nuovi. Le prime raffigurazioni di questo tipo di arma, non più portata infoderata alla cintura ma trasportate a braccio, fanno la loro comparsa in alcune cronache svizzere manoscritte del tardo Medioevo, a metà del XV secolo. In questo periodo si assiste anche alla comparsa di trattati di scherma che affrontano il combattimento con spade apparentemente ancora “leggere” ma più imponenti di quelle della tradizionale spada a due mani medievale.

Le spade di dimensioni ragguardevoli non erano una novità già da decenni, ma probabilmente fu anche grazie alle nuove tecniche di forgiatura del tardo Medioevo che si riuscì migliorare la robustezza dell’acciaio delle lame più lunghe, potendole impiegare in combattimento e non solo come simboli cerimoniali.

Mettendo insieme vari episodi di cronaca contemporanea del XVI e XVII secolo è possibile tracciare una mappa della sua diffusione in molte aree geografiche dell’Europa, tra le quali – ma non solo – Italia, penisola Iberica, Francia, territori di lingua tedesca, Regno Unito, Malta e Cipro. Grazie ai resoconti degli esploratori spagnoli e portoghesi, a queste si aggiungono l’Africa, il Sud America, il Sudest Asiatico e persino il Giappone.

Anche in ragione della sua diffusione, lo spadone è conosciuto con molti nomi. Citandone alcuni, per gli iberici era montante, per i francesi espadon, mentre le popolazioni di lingua tedesca usavano il termine Schlachtschwert (“spada da battaglia”) e raramente Beidenhandter o Beidenfeusters. Spesso viene citato ancora come spada a due mani (in altre lingue two-handed sword, espada dambas aos mãos, espada de dos manos o epée à deux mains) un particolare linguistico che getta non poche difficoltà nel comprendere, da un certo momento storico in poi, la distinzione morfologica netta tra uno spadone e una spada a due mani dal punto di vista di un uomo dell’epoca.

In tempi recenti lo spadone è diventato noto con il nome di Zweihänder. Alcune pubblicazioni dal Novecento ad oggi (insieme ad altri media come videogiochi e boardgame dal sapore medievalista) hanno contribuito alla sua diffusione, sebbene questo termine non compaia mai nelle innumerevoli fonti contemporanee ritrovate, ma solo a partire dalla fine del Settecento. Analogamente, flamberga, in riferimento agli esemplari dalla lama ondulata. In questo caso il nome ha sì radici storiche, ma nelle fonti è solamente Flamberge, la spada del paladino Rinaldo di Montalbano del ciclo carolingio, e non si fa mai alcun riferimento che possa ricondurla a questo tipo di arma in generale.

Come è fatto uno spadone a due mani

Peso e lunghezza oscillano tra i 2-3 kg per 150-170 cm, eccedendo per entrambe le misure soprattutto negli esemplari più tardi. Si tratta comunque di medie approssimative perché la forbice cambia in base al criterio di selezione dei reperti e alla loro provenienza e datazione. La lunghezza complessiva, in base a fonti diverse, arriva al naso o agli occhi e talvolta raggiunge l’altezza del portatore, mentre per la trattatistica iberica la proporzione vuole l’impugnatura lunga un terzo della lama.

Il filo è doppio e in alcuni casi la lama è ondulata o seghettata. Alcune analisi balistiche sulle ferite dei teschi della battaglia di Dornach (1499) in Svizzera avvalorano l’esistenza di lame ondulate già dalla fine del XV secolo, ma gli esemplari sopravvissuti risalgono al Cinquecento, nelle manifatture più tarde probabilmente per scopi cerimoniali.

Nella maggior parte dei casi i fili corrono paralleli per buona parte della loro lunghezza e la punta è acuminata, un elemento strutturale che denota l’impiego principalmente di taglio e solo secondariamente di punta (una modalità d’uso che corrisponde con quanto riportato in molti trattati di scherma contemporanei).

Il ricasso (la parte basale della lama che si innesta nell’impugnatura) occasionalmente comprende due elsetti, delle estensioni acuminate di varia forma la cui funzione non è accertata, ma che quasi certamente fungevano da protezioni per impedire ai colpi avversari di scorrere sulla lama e raggiungere le mani. Questi elsetti compaiono già in alcuni esemplari di fine Quattrocento ma diventano progressivamente più diffusi nel corso del XVI secolo.

Il fornimento (ovvero l’insieme di parti che servono per l’utilizzo della lama) è munito di guardia dritta o ricurva, in molti casi arricchita da due anelli posti a protezione delle mani, più raramente da bracci e gabbie aggiuntive. Il mantenere termina con un pomolo la cui foggia varia in base a stili regionali e periodi.

 

Come veniva usato lo spadone a due mani

Molte fonti scritte ed iconografiche testimoniano l’uso dello spadone in vari contesti bellici e civili.

Nelle battaglie campali, similmente ad altre armi in asta corte come alabarde e partigiane, veniva usato per la difesa delle bandiere portate dagli alfieri inquadrati nelle formazioni di fanteria. Gli Svizzeri li schieravano fra i ranghi di picche per impedire ai nemici di avanzare oltre una volta sfondate le prime linee. In altre situazioni – solo per citarne alcune – veniva brandito dai difensori degli assedi, durante le incamiciate (incursioni notturne) o per contrastare i nemici sul ponte delle galere negli scontri navali. Non mancano casi in cui venne usato come arma per l’omicidio.

Una narrazione che ha avuto molta fortuna tra gli appassionati di storia vuole che fosse usato per troncare le picche delle formazioni avversarie. In particolare la figura dei Doppelsöldner lanzichenecchi, famosi mercenari tedeschi, accende la fantasia di molti cultori della storia bellica rinascimentale. Spesso viene enfatizzato il ruolo di questi soldati – talvolta – armati di spadone, sebbene nei fatti il termine Doppelsöldner non sia menzionato nei volumi contemporanei che accennano a questi episodi.

In tempi recenti alcune sperimentazioni pratiche (amatoriali) e nuove analisi approfondite delle fonti hanno evidenziato la scarsa attendibilità di questa teoria. Interpretazioni più caute lo inquadrano non come tattica formalizzata e diffusa ma come fenomeno sporadico, forse mirato più a generiche azioni di disturbo delle linee nemiche che non ad una vera e propria operazione finalizzata alla troncatura delle aste.

Più raramente veniva impiegato come arma per il duello. Sono sopravvissuti numerosi trattati di scherma del periodo che espongono le sue tecniche di maneggio, ma probabilmente l’arma non godette di particolare diffusione nel contesto del duello civile. Le ipotesi sono varie, ma già nella prima metà del Cinquecento tra i resoconti dei duelli compare solo sporadicamente.

Anche il progressivo ridursi delle pagine dedicategli dagli autori nel corso dei decenni testimonia una maggiore enfasi ed interesse per altri tipi di spada, a una mano; armi più leggere, maneggevoli e confacenti al contesto civile della classe borghese cinquecentesca e poi seicentesca.

Nonostante la presenza di pubblicazioni e manoscritti schermistici risalenti addirittura alla seconda metà del Seicento, con buona probabilità lo spadone cadde in progressivo disuso già dalla seconda metà del Cinquecento: lo suggerisce il drastico calo di resoconti di cronaca che lo vedono coinvolto dal 1550 in poi. Tra altri fattori, il progresso tecnologico delle armi da fuoco decretò il suo declino, relegandolo quasi solo alle cerimonie o come disciplina nelle sale da scherma.

Niccolò Maria Menozzi

Per approfondire:

MELVILLE NEIL, The Two-Handed Sword: History, Design and Use, Replika Press, Sonipat 2018.

Share This Story, Choose Your Platform!

Written by : Redazione

Iscriviti alla nostra Newsletter

Leave A Comment