In questo nuovo articolo dedicato al medievalismo architettonico accantoniamo momentaneamente il discorso sul neogotico inglese per spostarci in Francia e più precisamente nel cuore di Parigi, in quell’isoletta nota come Île de la Cité. Qui, il 15 aprile 2019, la cattedrale di Notre-Dame veniva deturpata da un incendio scaturito nel tardo pomeriggio, divampato dal sottotetto della cattedrale, da quel crogiolo di legni che i francesi chiamano forêt. Si tratta di legname per lo più risalente al XIII secolo, con alcuni elementi addirittura dell’VIII; non è difficile quindi immaginare quanto possa essere stata devastante l’azione distruttrice delle fiamme. Il legame tra questo tragico evento e il nostro discorso sul medievalismo architettonico è presto detto: al di fuori della carpenteria medievale, la maggior parte delle perdite causate dall’incendio riguardano porzioni architettoniche frutto di restauri ottocenteschi.
La Francia, infatti, al pari dell’Inghilterra e della Germania, ha subìto il fascino del Gothic Revival. Come sottolineato nei precedenti articoli, questo processo di recupero artistico in voga tra Sette e Ottocento interessa in modo particolare le architetture. Il fenomeno, tuttavia, non comprende soltanto la costruzione di edifici neogotici, ma anche le ristrutturazioni operate su preesistenti edifici medievali. Nell’Ottocento, dunque, numerose cattedrali e altre architetture nazionali vengono migliorate e riqualificate per mezzo di restauri condotti dai migliori architetti revivalisti. Il più celebre di questi è senza dubbio Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc, il cui nome è indissolubilmente legato a quello della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Fu proprio Viollet-le-Duc, coadiuvato dall’architetto Jean Baptiste Lassus, a portare avanti i restauri della cattedrale parigina in un arco di tempo che copre circa vent’anni, dal 1845 al 1864. La necessità di questo restauro così impegnativo è figlia del suo tempo: dopo la Rivoluzione francese, infatti, ciò che restava di Notre-Dame era una struttura debilitata dai secoli e dal vandalismo dei rivoluzionari. Nel romanzo Notre-Dame de Paris, Victor Hugo scrive:
“Sul volto di questa vecchia regina delle nostre cattedrali, accanto a una ruga si vede sempre una cicatrice. Tempus edax, homo edacior, ma io tradurrei così: il tempo è cieco, l’uomo è stupido.”

Parigi, Île de la Cité, la flèche della cattedrale di Notre-Dame ricostruita su progetto di Viollet-le-Duc, 1860
Sono affermazioni forti dalle quali traspare tutto il rancore dello scrittore per le mutilazioni inferte a Notre-Dame durante gli anni della Rivoluzione. Di quelle cicatrici che intaccavano l’immagine del maestoso edificio, Hugo offre una dettagliata descrizione nel suo celebre romanzo, pubblicato nel 1831. Lo scopo prioritario di quest’opera fu quello di risvegliare un sentimento d’amore e rispetto per l’architettura nazionale di stampo medievale; un sentimento che sboccia circa quindici anni dopo la pubblicazione del libro, proprio quando Lassus e Viollet-le-Duc si adoperarono per procedere al restauro neogotico di Notre-Dame.
A seguito di queste operazioni ottocentesche di restauro, dunque, la cattedrale cambia volto assumendo quella veste che si è potuta ammirare fino a due anni fa, prima del tristemente noto incendio. Come accennato, il rogo ha privato la cattedrale di molte delle aggiunte neogotiche ideate da Lassus e Viollet-le-Duc, tra cui uno degli spazi più simbolici dell’intera struttura, ovvero la flèche. Questo termine, corrispondente all’italiano “freccia”, identifica la guglia posta in corrispondenza dell’incontro tra il transetto e la navata centrale. Fino alla fine del Settecento, una guglia risalente al XIII secolo ha contraddistinto il profilo di Notre-Dame, caratterizzando il profilo della città e andando a costituire una parte fondamentale del monumento e di come veniva percepito dai francesi. Questo “delizioso campanilino”, come lo chiama Hugo in Notre-Dame de Paris, inizia ad essere demolito pochi anni prima della Rivoluzione francese per problemi di instabilità. Lo stesso Hugo, nel romanzo, riporta le sorti del campanilino, scrivendo che:
“un architetto di ottimo gusto, l’ha amputato (nel 1787) e ha pensato di mascherare la piaga con un bell’impiastro di piombo che somiglia al coperchio di una pentola.”
Tra le righe si percepisce la chiara e sottile ironia di cui lo scrittore francese fa uso per lamentare una tale mancanza architettonica, sintomo che l’affetto per una certa immagine della cattedrale era vivo e presente nell’animo dei francesi. Probabilmente è lecito supporre che Victor Hugo, con il suo romanzo, si sia fatto portavoce del sentimento di una società che si stava riavvicinando alle sue icone medievali grazie al traino del Romanticismo. Soltanto a questo punto è possibile capire la necessaria entrata in scena di Lassus e Viollet-le-Duc con il progetto di restauro della cattedrale datato 1843. Tra i tanti interventi proposti dai due architetti c’è proprio la creazione di una nuova guglia, costituita interamente di legno e piombo.
La nuova flèche viene conclusa nel 1860 da Viollet-le-Duc, rimasto solo a dirigere i lavori dopo la scomparsa di Lassus. A partire da questo momento, la cattedrale di Notre-Dame sfoggia lla guglia neogotica rimasta intatta e visibile sino all’incendio del 2019. Tale struttura poggiava su di una base ottagonale che ricalcava l’originario modello medievale, e raggiungeva un’altezza di 96 metri. Inoltre, al contrario della flèche originaria, essa non svolgeva funzione di campanile e presentava un modello architettonico più complesso, sviluppato su due piani. Per la realizzazione di un tal progetto, Viollet-le-Duc si affida ad un modello di poco precedente dal quale trae ispirazione: trattasi della flèche della cattedrale di Orléans, ricostruita in forme neogotiche tra il 1855 ed il 1859.
Durante l’incendio dell’aprile 2019 una struttura tanto esile e slanciata non avrebbe potuto resistere dinanzi alla voracità delle fiamme che, generando un effetto camino, hanno provocato il collasso della guglia sulla volta di incrocio della navata e del transetto. In seguito, la stessa volta sarebbe crollata sotto il peso dei detriti, lasciando un vuoto nel tetto della cattedrale. Ad oggi, il ricordo della guglia di Viollet-le-Duc resta vivo nelle dodici statue degli apostoli e in quelle dei quattro evangelisti, originariamente poste dall’architetto a coronamento della struttura. Esse rappresentano le uniche parti della guglia totalmente preservate dall’incendio, in virtù del loro spostamento programmato per il restauro della flèche che si sarebbe dovuto svolgere nel corso del 2019.

Parigi, Île de la Cité, cattedrale di Notre-Dame, particolare del reliquiario a forma di gallo installato sulla cima della flèche, XIX secolo.
Parlando di sculture superstiti del rogo, interessante è il caso del gallo posto alla sommità della guglia, miracolosamente ritrovato tra le macerie, sebbene non privo di ammaccamenti che lo hanno destinato al restauro. Riconosciuto nell’arte cristiana come simbolo della resurrezione, il gallo ha per la Francia anche un valore laico e pagano riscontrabile già a partire dal Medioevo. La scultura, realizzata dall’atelier Monduit, risale al 1835 e ha un’inaspettata funzione, ossia quella di reliquiario. Circa un secolo dopo la creazione della scultura, infatti, sono state poste al suo interno tre reliquie: i resti della corona di spine, di Saint Denis e Sainte Geneviève, i quali la trasformarono in un vero e proprio “parafulmine spirituale”.
Quanto esposto finora riguardo al caso della guglia di Notre-Dame è esemplificativo degli stretti rapporti che legano l’impianto neogotico della cattedrale con l’opera letteraria di Victor Hugo. Il romanzo Notre-Dame de Paris, infatti, sembra aver costituito un motore eccezionale per accendere il dibattito in merito alle sorti della cattedrale, dando un forte stimolo al restauro dell’edificio dopo i traumi della Rivoluzione francese. Il confronto tra il romanzo di Hugo e il progetto di restauro stilato da Lassus e Viollet-le-Duc, si dimostra essenziale per comprendere come alle critiche dello scrittore siano seguiti i restauri neogotici da parte dei due architetti revivalisti. Il caso della cattedrale parigina, dunque, dimostra come partendo da un’opera letteraria si sia generato un prodotto architettonico confacente al gusto del Gothic Revival. In questo modo viene sancito un dialogo tra architettura e letteratura che contestualizza e dà significato all’azione revivalista, portando alla creazione dell’ottocentesca flèche e di tutti gli altri inserti neogotici di Notre-Dame.
Francesco Pennacchini – Il Salotto dell’Arte
Per approfondire:
COLONI M.J., TRINTIGNAC A., Découvrir Notre-Dame de Paris, Les Éditions du Cerf, Paris 1984.
HUGO VICTOR, Notre-Dame de Paris, Gosselin, Paris 1831 (tr. it. Notre-Dame de Paris, a cura di Riccardo Reim, Newton & Compton, Roma 1996).
LASSUS J.B.A., VIOLLET-LE-DUC E.E., Projet de restauration de Notre-Dame de Paris par mm. Lassus e Viollet-LeDuc. Rapport adressé à M. le Ministre de la Justice et des Cultes, annexé aux projet de restauration, remis le 31 janvier 1843, De Lacombe, Paris 1843.