Ogni cosa in questo insieme è un particolare vero, e uniti formano una raccolta di esempi tolti dai monumenti più noti e anche dai meno conosciuti del Piemonte, un inventario di tutti i dettagli che volli inclusi nel Villaggio e nel Castello, un dizionario del genere di quello che Viollet-le-Duc aveva compilato per l’Arte francese del Medioevo
Alfredo d’Andrade
Il mito del Medioevo nel Piemonte sabaudo
In occasione dell’Esposizione Generale di Torino del 1884, evento dalla portata internazionale, viene inaugurato il complesso del Borgo e Rocca del Valentino, sul lungo Po.
L’evento, organizzato dalla Società promotrice dell’Industria Nazionale (quindi su iniziativa completamente laica, patrocinata dal Principe Amedeo d’Aosta e sostenuta dal Governo), sulla scia delle numerose esposizioni e mostre d’arte italiane ed europee, fu un vero e proprio volano per le industrie, le mode, la pittura e le arti applicate del tempo. Inoltre serviva a celebrare l’unificazione nazionale e a mettere in risalto il ruolo di Torino quale nuova capitale industriale, economica, imprenditoriale d’Italia, città-guida della nazione e sede di gloriose testimonianze del passato medievale. Proprio il Medioevo, nel corso dell’Esposizione (naturalmente rielaborato), veniva messo in risalto dalle mostre pittoriche, dai padiglioni in stile, dall’ingresso in stile neomoresco, dal neogotico, simbolo della Torino sabauda, scelto per il complesso del Borgo e della Rocca.
La politica culturale dei Savoia, in particolare quella carloalbertina, si fonda infatti sulla riproposizione e l’utilizzo del Medioevo nazionale e soprattutto piemontese, al fine di celebrare le origini dinastiche del casato e le sue gesta nel corso dell’età di mezzo: ne sono testimonianza i restauri di Hautecombe (1824), voluti da Carlo Felice, i diversi restauri in stile neogotico commissionati da Carlo Alberto, come il complesso delle Margarie (1842), il giardino romantico di Racconigi (1830), il castello di Pollenzo ad opera di Ernesto Melano. Anche i caroselli storici organizzati dal sovrano e la promozione di opere storiche come La storia della Monarchia di Savoia (1844) di Luigi Cibrario, erano volti a celebrare l’operato del Casato e a sottolineare l’apporto fondamentale dei Savoia, già in età medievale, nella formazione di un’Italia unita e nazione, attraverso l’esempio e le nobili gesta di alcuni sovrani e condottieri sabaudi d’età medievale (Umberto I Biancamano, Il Conte Bianco, Amedeo VI, Il Conte Verde, Amedeo VII, Il Conte Rosso, che vengono dal Cibrario e dal Palagi indicati quali ispiratori del Tricolore Italiano). Tutto ciò a sancire il ruolo dei Savoia quali legittimi re del Regno di Sardegna e futuri sovrani d’Italia.
Il Borgo e il Castello neomedievali del parco del Valentino, inaugurati alla presenza del principe sabaudo Amedeo d’Aosta e dei reali, divenivano così l’ultimo esempio ottocentesco del revival romantico del Medioevo, lo stesso revival culturale al centro degli interessi di Carlo Alberto, che il Cibrario dopo la morte descriverà come un «sovrano crocesegnato di spiriti eminentemente cavallereschi».
Il Borgo e la Rocca del Valentino. Idea, progettazione, opera.
Nelle intenzioni della Commissione di Storia dell’Arte, capeggiata da Alfredo d’Andrade, istituita nel 1882, e incaricata di realizzare la sezione d’arte dell’Esposizione (inizialmente temporanea e non permanente), il complesso del Borgo doveva fungere da massima exempla e summa delle testimonianze artistiche tardo medievali, della Val d’Aosta e del Piemonte. Obiettivo cardine era la valorizzazione dell’architettura medievale non soltanto “alta”, monumentale, ma soprattutto bassa, popolare, civile e, come un dizionario architettonico “di stile”, il “Borgo colla dominante Rocca” doveva apparire come un vero complesso abitativo del Piemonte del XV secolo, abitato e animato da botteghe d’artigianato.
L’architettura, gli arredi, gli oggetti d’uso quotidiano, le decorazioni, del Borgo si ispirano a veri esempi piemontesi del tardo Medioevo. Tuttavia d’Andrade e i suoi, seppur mossi da sinceri intenti critici e scientifici, operano una vera e propria rielaborazione del passato medievale: durante la costruzione viene fatto uso di materiali e tecniche moderne, quali il calcestruzzo e strutture portanti in ferro, e il Borgo, che ne è il prodotto, si presenta in realtà come un pastiche. Così l’insieme dei dettagli, particolari, elementi migliori, più significativi ed interessanti desunti dalla Commissione dagli esempi piemontesi e valdostani, sono inseriti in una cornice scenografica, con suggestiva vista sul Po, strutturata per guidare il visitatore dall’ingresso al Castello posto in alto, attraverso le abitazioni che divengono una sorta di quinta teatrale (non certo quindi l’aspetto di un “tipico” villaggio tardo medievale piemontese).
La Torre-Porta di Oglianico all’ingresso, la cinta, la Casa di Bussoleno con la Danza dei Giullari, l’Ospizio dei Pellegrini, la Torre di Avigliana, la Chiesa ancora oggi simbolo del Borgo, sono in realtà frutto di un assemblaggio e una riproposizione di elementi caratteristici di abitazioni, chiese e ospizi popolari studiati e rilevati dalla Commissione nel Piemonte, tra Alba, il Canavese, Ciriè, Piossasco, Strambino, Saluzzo, Monferrato, risalenti al XIV-XV secolo, abbandonati, in rovina, quando non completamente scomparsi e sopravvissuti nelle illustrazioni e testimonianze iconografiche.
Il Borgo diventava così, seppur un’invenzione del Medioevo, un memento alla salvaguardia, conservazione e tutela del patrimonio architettonico piemontese d’età medievale, monumentale e minore, già nel XIX secolo trascurato dalle amministrazioni, e punto cardine dell’attività del d’Andrade.
Anche il Castello che si ispira alla stessa idea di unità stilistica, artificiale (non teneva infatti conto, ad esempio, delle influenze francesi sull’architettura medievale piemontese nè delle diverse stratificazioni storiche), che domina il Borgo, è la rappresentazione della lezione di Viollet Le-Duc sul restauro integrativo, e come il Villaggio funzionale agli intenti didattici che secondo la Commissione doveva esprimere: “un’utilissima antologia di architettura, edilizia, pittura ed arti ornamentali medievali”, come lo definì Camillo Boito, altro protagonista italiano del revival neomedievale ottocentesco e amico del d’Andrade.
Magnifica residenza, la Rocca presenta citazioni artistiche, monumentali, decorative tratte dai più significativi e noti castelli medievali piemontesi (Fenìs, Verrés, Issogne, Malgrà, illustrati e, in alcuni casi, restaurati dallo stesso d’Andrade) Queste citazioni si ritrovano nel Camerone dei Soldati, nelle cucine, nelle decorate stanze da letto, nei ricchi ambienti baronali come la Sala di Re Arduino (medievale re d’Italia, presente in quanto richiamo all’unità nazionale e al Risorgimento), nello splendido Cortile d’Ingresso con gli spettacolari affreschi parietali di San Giorgio e il Drago e il ciclo dei venticinque filosofi e savi dell’antichità, rielaborati sui modelli del Castello di Fénis e accostati agli stemmi araldici dei Savoia, Challant, Saluzzo Manta, Monferrato, San Martino, presenti in tutto il Complesso.
Il Borgo e la Rocca, tra gli ultimi esempi del medievalismo romantico in Italia, sono un monumento alla celebrazione del Medioevo quale momento storico simbolico, aureo dal quale, nelle intenzioni delle Commissione di Storia dell’Arte, la società (dalla borghesia alle classi operaie, dagli architetti agli artigiani) piemontese e italiana del XIX secolo, poteva trarre, sulla scorta dell’insegnamento di alcuni tra i principali esponenti del revival medievale in Europa come Le-Duc, Ruskin, Pugin, Dufourny, Palazzotto e Giuseppe Jappelli, i modelli politici, forme di vita e esempi artistici, edilizi di riferimento. Tali riferimenti erano volti a ingentilire l’industria, le arti applicate ed ad educare la giovane nazione all’architettura del bello espressa dagli stili architettonici medievali – nazionali – una riproposizione attiva che nel Borgo si esprimeva attraverso l’attività delle botteghe artigianali (del ferro, del vetro, della ceramica), delle stamperie che utilizzavano metodi tradizionali, nelle case del Borgo progettate per essere abitate e funzionali.
Il Borgo nel XXI secolo
Oggi, nei tempi di Internet e dei Social Network, il Borgo del Valentino è diventato un produttivo luogo di incontro tra Sogno del Medioevo, riproposizione di un passato ingentilito attraverso le botteghe (ancora attive e frequentate), e il Medioevo storico, approfondito attraverso convegni e seminari che dagli anni Ottanta si son tenuti in questa romantica cornice, volti ad indagare diversi aspetti dell’età di mezzo e la sua rielaborazione in età moderna e contemporanea.
La Casa di Alba ospita oggi non solo un’abitazione privata ma anche la Stamperia artistica del Borgo di Masto Cerrato, dedita alla riproduzione di stampe d’epoca, xilografie, cornici, acqueforti, incisioni con tecniche e materiali antichi (torchio, bulino, acquatinta, maniera nera). Anche la bottega del Ferro Battuto di Mastro Corradin ha mantenuto la sua destinazione originaria, ed è specializzata nella realizzazione di oggetti d’uso quotidiano che si rifanno ancora a modelli piemontesi non solo tre-quattrocenteschi, ma anche di riproduzioni fedeli agli esempi medievali di spade e armature, che è possibile acquistare unitamente ai prodotti della stamperia e ai vari souvenir a tema storico ma anche fantasy-medievaleggiante venduti all’interno del complesso.
Proprio su questo versante il Borgo ha ospitato, recentemente, una serata dedicata a Tolkien e al Signore degli Anelli in occasione del Salone del Libro di Torino (2017), una rievocazione a tema “Trono di Spade” nel 2016 e la messa in onda del primo episodio della Sesta Stagione della serie, il “Piemonte Falk Festival” nel 2015, che e è stato animato da danze e musiche tradizionali italiane ed estere.
Nuove destinazioni che fanno del Borgo neomedievale, ancora oggi, un’alternativa al caos della modernità, un esempio edilizio di stile ancora valido e, soprattutto, una preziosa testimonianza del Medievalismo romantico del Secondo Ottocento italiano.
Nicolò Maggio
Per approfondire:
BOITO CAMILLO, Il Castello medioevale all’esposizione di Torino, in «Nuova antologia di scienze, lettere ed arti», anno XIX, vol LXXVII, fasc. XVIII, 1884, pp. 250–270.
BORDONE RENATO, Lo specchio di Shalott. L’invenzione del Medioevo nella cultura dell’Ottocento, Liguori, Napoli 1993.
CERRI MARIA GRAZIA; BIANCOLINI FEA DANIELA; PITTARELLO LILIANA (a cura di), Alfredo d’ Andrade. Tutela e restauro. «Torino, Palazzo Reale, Palazzo Madama, 27 giugno – 27 settembre 1981», Atti del Convegno, Vallecchi, Torino 1981.
GIACOSA GIUSEPPE;D’ANDRADE ALFREDO;VAYRA PIETRO (a cura di), Esposizione generale italiana, Torino 1884 : catalogo ufficiale della sezione Storia dell’arte, guida illustrata al castello feudale del secolo XV, Vincenzo Bona editore, Torino 1884.
MAGGIO NICOLÒ, Medievalismi italiani: una questione nazionale, in «Materialismo Storico», n° 1/2019, pp. 218-250.