Questi monumenti somigliano per altezza alle montagne,
e la loro solidità li porterà a sconfiggere ogni epoca
Jean-Francois Sobry
Il Romanticismo e la riscoperta del Medioevo in Sicilia
Il revival del Medioevo, caratteristica tipica dell’Ottocento romantico, trova riscontro in una pluralità di neostili che, nel corso del “secolo lungo”, investono tanto il Nord Europa quanto l’Italia, e sono il riflesso delle aspirazioni, della moda e sensibilità del tempo: ne sono un esempio il neogotico flamboyant (“fiammante”) francese e “purista” inglese, l’eclettismo italiano (che mescola romanico, inserti di ispirazione bizantina ed elementi di pura invenzione), oppure gli imponenti e neomedievali monumenti e castelli fantastici della Germania guglielmina.
In Italia alcuni dei più fulgidi esempi di questo medievalismo sono il Duomo di Milano, il Duomo e il Palazzo Comunale di Siena, la Basilica dell’Addolorata a Castelpetroso, il Caffè Pedrocchino dell’architetto Giuseppe Jappelli a Padova, il Castello di Pollenzo voluto da Carlo Alberto di Savoia ed il borgo (neo)medievale del Valentino di Alfredo d’Andrade. Tuttavia anche la Sicilia sviluppa un suo personale e romantico Medioevo nel corso dell’Ottocento, strettamente collegato all’esaltazione dell’età normanna, dei “Vespri” o al nostalgico rimpianto per la ricca “Terra degli Emiri”; dunque un Medioevo arabo-normanno che in Sicilia viene rielaborato – quando non completamente inventato – e che rivive in forme, colori, significati sempre nuovi, nelle splendide ed eclettiche ville private che punteggiano tutta la regione, dal messinese al catanese, dal ragusano al trapanese, così come nei restauri neogotici di Palermo promossi dalla monarchia borbonica, volti all’esaltazione del Regno d’Altavilla ed alla promozione di un preciso messaggio di restaurazione monarchica.
È il sogno di un Medioevo esotico e mediterraneo, arabeggiante e sincretico, meno noto, forse, di quel Medioevo celtico, barbaro, germanico, entrato nell’immaginario collettivo attraverso il linguaggio politico, il genere fantasy o le serie tv, ma che merita altresì di essere studiato e indagato per i risvolti che ha avuto ed ha tutt’oggi sulla società e la cultura.
Palermo, una capitale neogotica
Il medievalismo architettonico in Italia si sviluppa con modalità e riferimenti diversi da regione a regione: ciò sia a causa del complesso contesto politico italiano, sia a causa dei differenti contesti sociali, economici, industriali. Così, se nell’Italia centro-settentrionale si sviluppa un medievalismo legato all’epoca mitizzata dei comuni lombardi e Alberto da Giussano, collegato al neoromanico delle architetture civili e religiose dal Selvatico, Boito e Cernuti, in Sicilia si verifica un interessante ritorno al passato medievale, in particolare a quell’età normanna dei Ruggeri, esaltata e rievocata da Ferdinando I di Borbone, riparato a Palermo nel 1798 e nel 1806, in funzione antifrancese e regalistica.
L’interesse centrale della monarchia in Sicilia è quello di rendere Palermo la capitale rappresentativa di un Regno potente, dalla tradizione secolare, dal ruolo centrale nel contesto mediterraneo: ha così inizio una politica di restauri “neonormanni” che interessano i principali edifici religiosi e civili della città, in primis il Palazzo Reale con annessa Cappella Palatina e la Cattedrale di Santa Maria Assunta di Palermo. Emblemi del potere monarchico normanno nel XII secolo, questi vengono ora eletti a nuovi simboli della monarchia Borbonica nel XIX, denunciando il chiaro intento di Ferdinando di ricollegarsi idealmente e formalmente ai sovrani d’Altavilla.
I lavori per il restauro della Cappella Palatina vengono intrapresi già dal secolo XVIII con l’intervento di Monsignor Alfonso Airoldi (studioso della Sicilia antica e medievale) teso a rimuovere le stratificazioni secolari dall’altare maggiore e a riportare il monumento all’aspetto originario.
I restauri più evidenti però investono in particolare il Palazzo Reale, opera simbolo dell’antica Caput Regni di Sicilia: con il pretesto di ripristinare le vestigia normanne, gli architetti e pittori regi giungono a risultati di vera e propria rimodulazione e rielaborazione attraverso l’ampliamento delle sale riservate al sovrano Borbone, la costruzione della Scala Rossa, l’ampliamento del Portale di San Michele, il rinnovamento delle vetrate, il nuovo ciclo pittorico del pittore Olivio Sozzi, a tema religioso, e gli affreschi della Sala del Parlamento, raffiguranti La Maestà Regia.
Ma sono soprattutto i restauri ottocenteschi ad imprimere una maggiore rielaborazione ideale del Medioevo normanno con le opere pittoriche della Sala Gialla, commissionate da Leopoldo di Borbone e Francesco I a Giuseppe Patania, Giuseppe Patricolo e Vincenzio Riolo, che realizzano Ruggero d’Altavilla e Roberto il Guiscardo, La presa di Palermo da parte dei Normanni, Il ritorno di Nicodemo al soglio vescovile di Palermo. A questi si aggiunge anche lo scultore Nunzio Morello, che ricrea un bassorilievo decorativo in gesso raffigurante la conquista della città siciliana e l’ingresso trionfante dei Normanni.
L’ampliamento e il restauro neogotico della facciata del Palazzo viene invece avviato negli anni Trenta, per iniziativa di Leopoldo di Borbone, con l’intento di ripristinare le presunte forme originarie normanne: gli architetti e artisti incaricati, Nicolò Puglia e Giovanni Patricolo, sono gli artefici del volto neogotico del prospetto occidentale e della facciata orientale, della Torre di Santa Ninfa e delle decorazioni esterne, realizzate in forme possenti e nuove, con il fine dichiarato di rendere il monumento “più elegante e più grandioso”.
L’altro nuovo simbolo della monarchia è la Cattedrale di Palermo, il cui restauro coinvolge diversi architetti, da Giuseppe Venanzio Marvuglia a Salvatore Palazzotto, che è condotto sin dall’inizio per ripristinare le forme “gotiche” originarie. Se da un lato gli interventi rimuovono le stratificazioni barocche, dall’altro attuano una vera e propria ricostruzione, evidente soprattutto nella nuova Cupola e nel complesso delle torri campanarie, gioielli di un neogotico siciliano che conserva tracce di una memoria araba rievocata e mitizzata.
I restauri alla Cattedrale di Palermo ispirano, durante il periodo borbonico e post unitario, una moltitudine di fabbriche siciliane, ricostruite o costruite ex novo, monumentali o private, in stile neomedievale: per le chiese si pensi al Duomo di Erice, alla Cattedrale e al Cimitero del Paradiso di Basile, al Duomo di Monreale e alla Chiesa di San Francesco di Messina.
Le ville e i palazzi neomedievali dell’intellighenzia siciliana
Il gusto per il “neo” Medioevo romantico e “arabo-normanno” coinvolge anche le élite intellettuali dell’isola, che si fanno committenti di ville e palazzi nobiliari, simbolo di un eclettismo siciliano che fonde diversi stili e culture del passato: Bisanzio, l’Islam, l’età normanna e sveva. Questi intellettuali, spesso attivi in prima fila nella lotta antiborbonica, si servono del mito del passato medievale per affermare importanti posizioni sociali, incarichi politici o privilegi secolari consolidati, ma anche per veicolare messaggi precisi connessi a tematiche massoniche o risorgimentali.
Egregi e preziosi esempi di questa attività culturale e artistica, di invenzione del Medioevo siciliano, sono la Villa Serradifalco all’Olivuzza, del duca Serradifalco, che compone diversi comparti in stile neogreco, siculo-normanno, neogotico chiaramontano, false rovine e una riproduzione inventiva del rudere della chiesa medievale di San Nicolò al quartiere della Kalsa; oppure la trapanese Villa Torrearsa del marchese Vincenzo Fardella, ristrutturata come casa-castello, con la costruzione di una torre in stile neonormanno e la ricostruzione delle mura di origine bizantina e araba, nella quale è evidente il richiamo alle origini nobiliari del marchese con il motto della famiglia (Turris Arsa) presente in diversi ambienti della villa; o ancora Villa Pignatelli d’Aragona Cortes, splendido esempio eclettico, che mescola un fantasioso gotico con accenti esotici, arabeggianti, riscontrabili nei pinnacoli tondeggianti, nelle merlature seghettate e nelle forme geometriche delle aperture; o, infine, alla Casa Florio dei Quattro Pizzi all’Arenella, edificio simbolo dell’ascesa imprenditoriale di Vincenzo Florio che incaricò appositamente Carlo Giachery della costruzione in un Gothic revival di matrice vittoriana (1845), per collegarsi formalmente, culturalmente e idealmente alla classa mercantile inglese, molto attiva in Sicilia nel XIX secolo.
Se si esclude il monarchico principe di Aragona, gli altri personaggi fin qui menzionati furono attivi protagonisti delle lotte antiborboniche, promotori di una Costituzione siciliana e tra i restauratori del Parlamento palermitano che Ferdinando I aveva sciolto arbitrariamente nel 1816, annullando di fatto le prerogative politiche e la capitale della città siciliana.
Il Medioevo viene dunque riletto in una varietà di modi in Sicilia giungendo in architettura ad esiti innovativi e originali, restando un potente mezzo di autorappresentazione.
La conoscenza di un fenomeno dalla notevole portata storico-culturale come il medievalismo siciliano, nei suoi caratteri architettonici, artistici, sociali, politici, non può essere trascurata e merita anzi un’attenta analisi storica sia perché nell’isola ha avuto esiti non meno significativi rispetto ad altre regioni d’Italia, sia perché è anche dalla rilettura del passato medievale, mitizzato e rielaborato a partire dal XIX secolo, che è andata formandosi una peculiare identità siciliana.
Nicolò Maggio
Per approfondire:
CALANDRA ENRICO, Breve storia dell’architettura in Sicilia, Testo e Immagine, Torino, 1938.
CAMPISI MICHELE, Cultura del restauro e cultura del revival: il dibattito sulle antichità in Sicilia nel contesto della cultura neoclassica europea, Centro Stampa Facoltà di Ingegneria, Palermo 1981.
MAGGIO NICOLÒ, Il mito del Medioevo nel Risorgimento siciliano, I parte, in Materialismo storico, n. 1, 2020, pp. 221-266.
TOMASELLI FRANCO, Il ritorno dei Normanni. Protagonisti ed interpreti del restauro dei monumenti a Palermo nella seconda metà dell’Ottocento, Officina Edizioni, Roma 1994.
ZANCA ANTONIO, La Cattedrale di Palermo dalle origini allo stato attuale, Ires, Palermo 1989.