Nel foltissimo gruppo di manoscritti che testimoniano la fortuna della Commedia, il poema del padre della lingua italiana Dante Alighieri, spicca un gruppo di manoscritti che ha delle caratteristiche molto specifiche. Questo insieme di codici, formato da 68 manoscritti databili al 1325-1350, viene copiato in una scrittura che si definisce minuscola cancelleresca (cioè una scrittura utilizzata nelle cancellerie italiane nel XIII secolo, confluita poi anche nei libri che contenevano le opere della letteratura in volgare).

Il gruppo di manoscritti sopraindicati è conosciuto dagli studiosi con il nome di “Danti del Cento”. Il nome “del Cento” viene utilizzato in un aneddoto raccontato da Vincenzo Borghini, filologo e storico italiano, il quale racconta in Lettere intorno a manoscritti antichi che a Firenze, nel XIV secolo, vi erano molte botteghe che produceva “libri a prezzo”, ovvero vi erano degli scribi che, su commissione, copiavano i testi richiesti dai clienti. Tra queste botteghe ce n’era una che aveva prodotto “cento Danti” (cioè cento manoscritti della Commedia), e il capo bottegaio era riuscito, grazie alla sua attività, a far sposare tante figliuole. Il nome “del Cento”, però, non è invenzione del Borghini, ma deriva da una nota che si trova nel manoscritto Laur. 40.16 (codice che contiene il testo della Commedia), dove una mano del 1400 scrive: “questo è un Dante del Cento”.

Il famigerato capo bottegaio di cui parla Borghini è stato oggetto di diverse ipotesi prima di arrivare alla sua vera identità. Fu il filologo Carl Täuber a fare per la prima volta il nome di Francesco di ser Nardo da Barberino, e ad attribuirgli ben 32 manoscritti del 68 del gruppo del Cento. Francesco di ser Nardo, copista nato in Barberino (Val di Pesa), ha sicuramente copiato due manoscritti molto importanti della Commedia, il Trivulziano 1080, del 1337, e il Laur. 90 sup. In questi ultimi due codici, infatti, troviamo la firma di Francesco di Ser Nardo da Barberino. Come mai la firma manca in tutti gli altri manoscritti del gruppo “Cento”? 

Francesco di Ser Nardo, infatti, non copiò da solo tutti i manoscritti del gruppo, e ciò fu ampiamente dimostrato sia su basi paleografiche (cioè dall’analisi della scrittura), sia su basi testuali. Inoltre, Francesco di Ser Nardo, come dimostrano il Trivulziano e il Laur. 90 sup., era solito lasciare la sua firma nei codici copiati da lui. Probabilmente, era diventato così famoso che un manoscritto con il suo “autografo” valeva molto di più.

Come mai, allora, tutti i 68 manoscritti erano così simili, sia nella scrittura che nell’impaginazione del testo? Fu Giuseppe Vandelli, celebre filologo italiano, a ipotizzare che, vista l’estrema somiglianza di tutti i manoscritti del “Cento”, Francesco di ser Nardo non lavorasse da solo, ma che sia stato a capo di una bottega dove si producevano manoscritti di un certo pregio.

Firenze, nel XIV secolo, era un attivissimo centro di produzione libraria. Siamo nel periodo in cui, oltre ai testi in latino, vi è una grande richiesta di testi scritti in volgare. Non sorprende, dunque, che quella di Francesco di Ser Nardo sia stata una delle botteghe più famose, dal momento che molti volevano leggere una copia della Commedia. Non sapremo mai con certezza se Francesco di Ser Nardo sia stato davvero a capo di una bottega, o se semplicemente fosse uno dei copisti a prezzo che producevano manoscritti, ma un dato certo è che i “Danti del Cento” risultano, ancora oggi, il gruppo più interessante e compatto di manoscritti che testimonia la diffusione e la fortuna dell’opera dantesca. 

 

Giulia Lucci

 

Per approfondire:

  1. Bertelli, Dentro l’officina di Francesco di ser Nardo da Barberino, in «L’Alighieri. Rassegna dantesca», vol. 47, luglio-dicembre 2006, pp. 77-90
  2. Bertelli, I codici di Francesco di ser Nardo da Barberino, in «Rivista di studi danteschi», Luglio/Dicembre, 2003
  3. Boschi Roti Roti, Codicologia Trecentesca della Commedia, Viella, Roma 2004
  4. Täuber, I capostipiti dei manoscritti della Divina Commedia, Winterthur, Tip., Ziegler 1889

G. Vandelli, Il più antico testo critico della Divina Commedia, in «Studi danteschi» n. 5, 1922

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Written by : Redazione

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