Riprendo con questa seconda parte la trattazione che riguarda la storia della guerra nel mondo carolingio. Dopo avervi raccontato chi combatteva e come, mi sembra doveroso soffermarmi sulla quantità e sulla forza dell’esercito carolingio. Inoltre va detto che lo studio degli effettivi si basa su mere supposizioni che differiscono da storico a storico.

Si parte da un minimo di 3.000 armati per arrivare ad un massimo di 50.000; forse la forbice è troppo ampia – sia per difetto che per eccesso – e si può supporre che il numero delle armate carolinge sia composto da qualche migliaio di combattenti, al massimo 15.000. Questi numeri si basano ovviamente, su una serie di elenchi delle abbazie, dei pagi e dei mansi, intorno ai quali si fa poi una valutazione di quanti avrebbero potuto imbracciare le armi.

Importante è anche l’aspetto della logistica: mantenere una moltitudine di armati era dispendioso. Servivano numerosi carri trainati da buoi, che consumavano foraggio; inoltre il Capitolare del Villis determinava anche i rifornimenti che, in caso di necessità, si dovevano portare agli armati. Il carro, contenente cibarie, doveva essere munito anche di faretra, arco e frecce. Nella ricostruzione storica non deve essere sottovalutata la complessità dei carriaggi per fornire un esercito di 10/12.000 persone: questi potevano arrivare a diverse centinaia, dovendo trasportare salmerie, armi di riserva, granaglie per i cavalli e per gli stessi buoi che trasportavano i carri.

Per quanto concerne il periodo in cui si tenevano i combattimenti, questi si verificavano principalmente in primavera, ogni anno. Carlo Magno nella guerra contro i Sassoni svernò senza rientrare nelle terre natie, pur di spezzare la resistenza sassone.

Chi impartiva l’ordine di radunarsi nelle varie parti dell’Impero? Questa domanda ha una risposta per il regno di Ludovico il Pio. Per questo compito sappiamo che erano utilizzati – mesi prima dell’inizio delle operazioni militari – i missi dominici che trasmettevano l’ordine ai vari abati e ai conti, i quali si apprestavano a stilare le liste dei paganti e dei partenti (leggi “La guerra nel mondo Carolingio. Prima parte”).

In un secondo momento poi, arrivava l’ordine di far convergere l’esercito in un dato punto, nel quale si rimane giusto il tempo per organizzarsi. Ovviamente non tutti volevano partire per la guerra. Questo succede, soprattutto alla fine del regno di Carlo Magno. Dopo più di quaranta anni di guerre continue, ogni primavera, la società accusava una certa stanchezza. Chi partiva doveva lasciare i suoi affari, con il rischio di perdere una fortuna economica.

La risposta dell’Impero non si fece attendere: la diserzione (herisliz) era equiparata al delitto di lesa maestà e quindi veniva punita con la pena di morte da comminare al disertore; ma le inadempienze agli obblighi militari non finiscono qui: molti conti cercavano, in un modo o nell’altro, di evitare la partenza dei propri vassalli, tanto che il numero di esenti, permesso ad ogni Signore, era massimo di due vassalli a testa.

Queste esenzioni avevano svariate funzioni come la tenuta in custodia – da parte degli esentati – della moglie del Signore. Infatti in questo modo gli affari potevano essere portati avanti; invece chi possedeva più di una contea, poteva lasciarne a casa due per ogni contea. Un altro capitolare garantiva la protezione dei beni di coloro che partivano in guerra, da eventuali abusi da parte di terzi.

Va anche ricordato che esistevano i ritardatari all’adunata, prima delle operazioni di guerra. Nell’811 il capitolare di Boulogne stabilisce che i ritardatari saranno puniti con la privazione della carne e del vino, per ogni giorno di ritardo. Inoltre quelli che si sottrarranno alla leva, saranno costretti a pagare ai missi dominici l’heribanno visto che, l’autorità centrale poco si fidava ormai, dei Conti locali.

Per quanto riguarda l’organizzazione amministrativa delle regioni di confine conquistate durante il periodo di Carlo Magno vennero istituite le Marche di confine, che vengono assegnate ai vassalli più fidati, presidiate da fortezze di frontiera: queste però erano assenti nell’entroterra del regno. Questo aspetto si evince dalla presenza di pauperes homines che, in caso di pericoli, erano costretti a rifugiarsi o nelle chiese o darsi alla fuga. Non c’è la menzione di fortezze entro le quali potersi riparare. Infatti le cerchie murarie delle vecchie città spesso erano appaltate ai privati ed utilizzate come cave. Quindi lo strumento militare carolingio era forte in fase di conquista, per l’accaparramento e la spartizione delle terre, ma carente nella sua fase difensiva.

Alcune parole vanno spese per le macchine d’assedio. La loro menzione – nelle fonti – è sempre vaga e c’è una forte incertezza sul linguaggio utilizzato per definirle. Che fossero utilizzate è fuor di dubbio ma probabilmente venivano costruite sul posto di battaglia, visto che spostarle per lunghi tratti era controproducente. Infatti i capitolari che menzionano i rifornimenti per l’esercito, ci parlano di molti attrezzi da falegname che, verosimilmente, servivano anche a questo scopo.

Ovviamente le fortezze assediate dai Franchi, nelle regioni del Nord e dell’Est Europa, erano tendenzialmente dei terrapieni muniti di palizzate nelle sue sommità. Le cose cambiano in Italia e in Spagna, dove ci sono città costruite con solide mura: in questo caso, le macchine belliche, poco potevano e le città, venivano prese per fame. Ermoldo Nigello – sotto Ludovico il Pio – ci narra dell’assedio di Barcellona e menziona solamente la presenza di arieti.

Esistevano anche gli ostaggi e i prigionieri di guerra. Una precisazione ci viene data dal manoscritto di Richenau, dell’inizio del IX secolo, che contiene l’elenco di 37 ostaggi, con tanto di nome proprio e di quello dei loro genitori: costoro vennero affidati alla custodia del conte Hitto e del vescovo di Basilea.

L’impero carolingio dopo la morte di Ludovico il Pio visse una ineluttabile crisi, data da più fattori, sia politici che militari; nel primo caso siamo di fronte alle guerre tra Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico, alleatisi contro il fratello Imperatore Lotario I. Alla fine di queste vicende – battaglia di Fontenoy 843 e giuramento di Strasburgo 841 – limpero venne diviso in tre aree: quella dei franchi occidentali, quella dei franchi orientali e una fascia mediana, chiamata lotaringia.

In questa fase alle calamità interne, i franchi dovettero affrontare le incursioni degli uomini del nord (Leggete i nostri “Prima dei vichinghi: antichi intrecci tra Scandinavia e Mediterraneo” e “Sotto l’elmo con le corna: i vichinghi nella storia). Questi ultimi se inizialmente praticavano il commercio capirono ben presto che il saccheggio era più redditizio. Però è doverosa una precisazione: in tali contesti non c’era una netta divisione tra queste due pratiche, che si confondevano l’un l’altra.

Durante una prima fase di queste incursioni i franchi opposero una debole resistenza. In seguito si organizzarono attuando una difesa territoriale statica ma efficace, quindi strutturata sia intorno ad iniziative locali che inerenti la corona.

Negli anni fra l’879 e l’887 gli uomini del nord tornano alla ribalta e, i franchi, non riuscirono comunque a fronteggiare i loro avversari, fino a dovergli versare dei tributi. Carlo il Grosso nell’anno 888 venne deposto dal Conte di Parigi Oddone vista la sua incapacità di difesa ad ampio raggio. Gli anni successivi Carlo il Semplice re dei franchi occidentali concesse a Rollone la Bretagna.

Le menzioni della guerra navale da parte franca invece, sono purtroppo scarne.

Abbiamo visto una rapida sequenza degli avvenimenti e delle modalità della guerra nel mondo carolingio; da questa fase in poi, si entra in quello che possiamo chiamare il periodo feudale con al centro delle attività guerresche la cavalleria.

Andrea Feliziani

Consigli di lettura

BACHRACH BERNARD S, Early Carolingian Warfare. Prelude to Empire, 2011,
University of Pennsylvania Press 2011.

BARBERO ALESSANDRO, Carlo Magno padre dell’Europa, Laterza 2004.

CONTAMINE PHILIPPE, La guerra nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 2011.

FLORI JEAN, Cavalieri e Cavalleria nel Medioevo, Einaudi 1999.

SETTIA ALDO, Assedi, rapine e battaglie, Laterza 2009.

Share This Story, Choose Your Platform!

Written by : Redazione

Iscriviti alla nostra Newsletter

Leave A Comment