Il Medioevo lo sappiamo è un’epoca molto lontana dalla nostra e forse questa differenza emerge, soprattutto, quando pensiamo alle condizioni in cui si viveva e a come venivano curate le persone. C’è da dire che, anche se la medicina medievale era molto più avanzata rispetto a quello che è il nostro pensiero, esistevano sicuramente malattie incurabili. Quindi nel Medioevo oscuro e buio dei libri e dei film non manca mai il lebbroso e il lebbrosario, ma com’era effettivamente percepita questa malattia nell’Età di Mezzo?
Facciamo una breve pausa per spiegare cosa sia la lebbra. Il morbo di Hansen, il termine più corretto per definire la lebbra, è una malattia infettiva e cronica provocata dal batterio Mycobacterium leprae che colpisce la pelle e i nervi periferici in vario modo e grado: si tratta di lesioni, di macchie cutanee che si caratterizzano con la perdita di sensibilità in quella zona. Ancora non è chiaro l’esatto meccanismo di trasmissione certamente vi deve essere un contatto stretto con persone affette ed è per questo che gli infetti venivano isolati. Al giorno d’oggi questa malattia circola ancora ma sono state trovate terapie e vaccini per curare i malati.
Dopo questa spiegazione scientifica facciamo un ulteriore passo laterale per capire com’era intesa la malattia nel Medioevo. L’essere affetti da una malattia nell’Età di Mezzo aveva una doppia valenza: era sempre l’espressione della volontà divina che si manifestava attraverso il malato o per indurre le persone sane a mostrare carità e prestare aiuto, oppure quale concreta evidenza del peccato che il non sano doveva scontare e che quindi andava isolato. E quest’ultimo caso è quello dei lebbrosi, come vedremo.
Nella letteratura medievale, e non solo, la lebbra è sintomatica del peccato di lussuria e gli studiosi si sono chiesti se questa relazione tra lebbra e lussuria non fosse conseguenza dell’idea che la malattia fosse manifestazione di comportamenti sessuali illeciti. Quindi chi era affetto da questa malattia non era ben visto e soprattutto faceva paura per la sua contagiosità, ma gli atteggiamenti cambiano secondo il tempo e le persone. Proverò a delinearvi questa evoluzione.
Nell’Alto Medioevo il morbo di Hansen era diffuso ma secondo gli storici vi fu una vera e propria epidemia di lebbra a partire dal XII secolo quando s’intensificarono gli scambi fra Oriente, dove la malattia era molto diffusa, e Occidente ciò spiegherebbe perché solo a partire da quel secolo si trovino i lebbrosari. Ma come vi dicevo l’atteggiamento nei confronti dei malati di lebbra fu mutevole: un esempio su tutti è l’abbraccio di San Francesco al lebbroso che ricorda quello di Cristo che abbraccia il malato guarendolo. Per il santo ha un significato diverso, infatti, sarebbe da intendere come una manifestazione di partecipazione alla sofferenza dell’ammalato andando oltre il ribrezzo e il terrore che il morbo di Hansen provocava. Un altro esempio che sembrerebbe essere rivolto a reintrodurre nella società i lebbrosi è la fondazione dei cavalieri dell’Ordine di San Lazzaro.
Meno noto dei cavalieri dell’Ordine del Tempio e degli Ospitalieri di San Giovanni, l’Ordine di San Lazzaro, intitolato al santo protettore dei lebbrosi, fu fondato a Gerusalemme intorno agli anni Venti del XII secolo; inizialmente nacquero per occuparsi dei malati di lebbra ma poi divennero un gruppo di combattenti tutti affetti dal morbo di Hansen. I cavalieri di San Lazzaro erano indipendenti e il loro maestro era scelto fra gli stessi lebbrosi, l’ordine si diffuse anche in Europa ed ebbe talmente tanto successo che papa Clemente IV nel 1265 promosse l’idea di far gestire a loro la cura dei lebbrosi e la gestione dei lebbrosari ma l’idea ebbe un successo assai limitato. Ovviamente non posso non citare, a conclusione di questa carrellata di atteggiamenti positivi nei confronti del morbo di Hansen, il re lebbroso di Gerusalemme il celebre Baldovino IV, reso immortale dal film “Le crociate”, che nonostante la sua malattia fece del suo meglio per dirimere le rivalità fra i principi latini in Oriente e per arginare l’avanzata di Saladino.
Come vi ho già detto la lebbra non era comunque ben vista nell’Europa medievale e per farvi capire quanto vi racconterò un episodio assai particolare. Siamo nella Francia degli inizi del Trecento, pochi anni dopo lo scioglimento dell’ordine dei Templari e il rogo di Jacques de Molay. Nella regione dell’Aquitania alcuni lebbrosi vengono accusati di aver avvelenato i pozzi, il re Filippo V ne viene a conoscenza ed emette un’ordinanza secondo la quale questo attacco era rivolto alla maestà del re e che quindi il giudizio spettava solo a lui: come conseguenza diretta della cosa i lebbrosi furono confinati nel lazzaretti, forse più per proteggerli dal linciaggio pubblico che per imprigionarli. Durante gli interrogatori, un lebbroso, di nome Guillaume Agasse, testimoniò di aver partecipato a diverse riunioni assieme ad altri malati tra cui erano presenti numerosi membri dell’ordine di San Lazzaro. Il complotto prevedeva l’avvelenamento di tutti gli specchi d’acqua della cristianità, anche con l’ausilio degli ebrei, su mandato dell’emiro di Granada e il sultano di Baghdad, anche se all’epoca il califfato era già stato distrutto dai Mongoli, quindi il veleno avrebbe dovuto attaccare il morbo di Hansen a tutti i cristiani. Molto ci si è interrogati su questo complotto medievale, sulle sue ragioni soprattutto nei confronti dell’odio verso i lebbrosi meno comprensibile di quello rivolto all’Islam forse vi era la volontà di attaccare l’ordine di San Lazzaro per requisirne i beni, cosa che però non avvenne. Alla fine il re rinunciò al sequestro dei lebbrosari e concesse il perdono a tutti i lebbrosi accusati di cospirazione.
E con quest’ultimo esempio concludo questo articolo dedicato alla malattia più famosa, dopo la peste, del Medioevo. Spero di aver dimostrato ancora una volta come l’Età di Mezzo sia un periodo ricco di sfumature, esempio di come siano gli atteggiamenti dei singoli a contare e non il giudizio dei posteri.
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
LE GOFF JACQUES, SOURNIA JEAN-CHARLES a cura di, Per una storia delle malattie, Dedalo, Bari 1993
MONTESANO MARINA, Ai margini del Medioevo. Storia culturale dell’alterità, Carocci editore, Roma 2021