Per circa un millennio, la tradizione grafica del mondo romano fu sostanzialmente unitaria. Ovviamente sopravvivevano in un impero così ampio fattori di diversificazione grafica, ma tali differenze erano minime e non comportavano problemi di comprensione. Insomma, un romano poteva benissimo leggere e capire il latino di un’ altra regione dell’Impero.
Con il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, si dissolsero tutte quelle strutture come il sistema di insegnamento, le officine scriptoriae che producevano i libri e un bacino di utenti in grado di leggerli, che nel corso del tempo hanno garantito alla scrittura romana la sua stabilità. In sintesi, come, da un lato, tra il V e il VII secolo si è assistito ad una frantumazione politica-culturale, dall’altro ci si è avvicendati alla nascita di tante scritture quante le diverse regioni. Questa vicenda è stata definita particolarismo grafico.
Specularmente, con la nascita del Sacro Romano Impero, notiamo anche il ritorno ad una scrittura comune che si sostituì in gran parte dell’Impero, con sporadiche eccezioni, a tutte le scritture in uso: ecco che verso la metà dell’VIII secolo ci fu la nascita della minuscola carolina.
Il nome carolina è strettamente legato dalla rinascenza carolingia anche se gli studi più recenti sembrano escludere un intervento diretto di Carlo Magno.
Ora, un intervento dell’imperatore è difficilmente verificabile nella creazione di questa nuova grafia, eppure l’unità politica del regno di Carlo Magno è stata imprescindibile alla sua nascita. Come suggerisce lo studioso di paleografia Alessandro Pratesi, i primi codici in carolina sono gli Evangeliari di Godescalco e il Salterio di Dagulfo, entrambi riconducibili agli ambienti di corte e temporalmente collocati subito dopo l’arrivo di Alcuino di York (teologo e uno degli artefici della rinascita culturale carolingia) alla guida della Scuola palatina. La grande importanza che era riservata all’ortografia e alla calligrafia all’interno della corte, oltre ad essere spia di una vivacità culturale, era anche sintomo di un desiderio di preparazione culturale negli ambienti di corte. Inoltre, con la riscoperta di vecchie tipologie grafiche, gli scribi carolingi avevano un repertorio di scritture in grado di costruire l’architettura della pagina con l’uso distintivo di scritture per titoli, rubriche e capitoli.
Il dibattito critico sulla sua origine, tuttavia, non è ancora concluso. La genesi della minuscola carolina è da individuarsi sia in un allargamento dell’istruzione, sia in un allargamento della produzione dei libri dovuti alla riforma di Carlo Magno. Ciò si può vedere sia nella quantità di codici datati al IX secolo che sono giunti fino ai nostri giorni, sia nella qualità dei manoscritti stessi.
Vediamo, quindi, più da vicino uno degli esempi più raffinati della carolina regolare di Tours:
Questo è uno degli esempi della carolina del centro scrittorio di S. Martino di Tours (fine VIII sec.), in cui possiamo distinguere le principali caratteristiche di questa scrittura. Una scrittura chiara, equilibrata, in cui si nota la separazione delle lettere all’interno della parola stessa. Una vera novità se pensiamo alla scrittura romana che non prevedeva stacchi tra lettere e parole (questa veniva definita scriptio continua). La carolina si diffuse molto rapidamente dai centri scrittori maggiori tra l’ultimo quarto dell’VIII secolo e i primi decenni del IX, nei territori franchi tra il Reno e la Loira, quasi in tutti quelli del vasto impero carolingio.
La minuscola carolina fu sostituita nel corso del XII secolo dalla gotica ma venne riscoperta dagli umanisti italiani che la rinnovarono nelle forme con il nome di minuscola umanistica. Diversamente dalla carolina, la gotica o littera textualis, presentava una scrittura molto spigolosa e fortemente in chiaroscuro. Quest’ultimo elemento era dato dal nuovo strumento scrittorio, la penna tagliata a sinistra. Diversamente dalla carolina, inoltre, le lettere in questa nuova tipologia di scrittura erano fortemente vicine da rendere difficile la lettura.
L’influenza della carolina fu tale che, dopo la riscoperta degli umanisti, venne cristallizzata anche nei caratteri mobili detti “romani” delle prime stampe, e ancora oggi sopravvive nelle forme della stampa e nelle scritture elettroniche come il Times new Roman, Garamond e l’ Arial.
Matteo Tafuto