La presenza musulmana in Sicilia vede il suo inizio già dal VII secolo: uno dei primi interventi accertati nell’ area risale infatti al 670, quando una flotta musulmana si impadronì di Cossyra, l’odierna isola di Pantelleria.  Da questo momento in poi, le incursioni musulmane proseguirono incessantemente fino alla metà dell’VIII secolo, periodo durante il quale subirono un arresto dovuto al rovesciamento dei califfi Omayyadi, soppiantati dagli Abbasidi, e alle rivolte dei berberi, popoli autoctoni dell’Africa settentrionale.

Tuttavia, in questa fase di stravolgimenti, non vi fu un vero e proprio arresto degli interventi musulmani sull’ isola: essi divennero meno sistematici e organizzati, non erano più legati allo ğihad, cioè alla guerra santa; si trattava ora di razzie che non si traducevano in una presenza stabile sull’isola: i musulmani, seppur con un proposito diverso, continuarono quindi a frequentare l’isola e a navigare le acque mediterranee. Il contesto nel quale ebbe inizio la conquista del 827 era piuttosto complesso: nei secoli precedenti, il dominio bizantino, che si era riaffermato nella penisola a seguito della guerra greco-gotica, era stato fortemente eroso nei decenni immediatamente successivi dall’arrivo dei longobardi, il cui regno fu messo in crisi dall’azione congiunta del papato e dei Franchi, che ne causò la caduta nel 774. A seguito di questi eventi, gli unici territori che erano ancora in mano ai bizantini erano la Sicilia, la Calabria e la Terra d’Otranto. Pertanto, in questo caso, si trattò non di una semplice incursione, ma di una vera e propria, sistematica, spedizione militare, che portò ad un dominio dei musulmani sull’isola lungo e influente e che la collocò in un assetto socio-politico del tutto nuovo.

Ma chi erano gli arabi che invasero la Sicilia nell’827? I musulmani che sbarcarono in quell’anno a Mazara del Vallo appartenevano alla dinastia aghlabide, il cui regno, l’Ifryqia, che coincideva con l’attuale Tunisia e le propaggini più orientali dell’Algeria e dell’occidentale Cirenaica, era strettamente legato al califfato abbaside. Il dominio degli emiri aghlabidi fu spesso caratterizzato da violente rivolte, ma proprio nel 827 l’emiro Ziyadat Allah I riuscì a radunare nuovamente, sotto la propria egida, una grossa parte dell’esercito: è probabile che la prospettiva di un nuovo ğihad verso l’isola mediterranea fu utile al fine di rafforzare l’intesa con gran parte delle truppe e servì ad appianare i dissidi politici interni.

D’altro canto, anche in Sicilia erano in atto grossi stravolgimenti, infatti l’espediente che portò gli aghlabidi sull’isola fu la ribellione nel 826 contro il nuovo stratego, Costantino, da parte di Eufemio, comandante della marina bizantina, che aveva chiesto aiuto proprio ai signori di Ifriqyia.  Questa, dunque, fu la concatenazione di eventi che diede inizio alla conquista. Essa ebbe una componente distruttiva notevole: comportò lo spopolamento di vaste zone dell’isola siciliana e molte città- tra le quali Leontini, Agrigento, Enna, Palermo-furono attaccate e distrutte dalle truppe arabo-berbere. Il tutto fu possibile grazie ad un uso strategico delle strade romane che erano ancora funzionanti e consentirono una penetrazione capillare delle truppe.

All’ inizio del IX secolo una volta terminata la fase prettamente militare, è difficile dire come fosse costituito il nuovo contesto musulmano; quel che è certo è che la componente araba era in realtà piuttosto eterogenea: ad una presenza di condottieri facenti parte del ğund, cioè dell’esercito di origine araba, si affiancavano anche avventurieri provenienti da al-Andalus, ovvero la Spagna islamica, e forze berbere, tutti gruppi che all’indomani della conquista occuparono zone diverse dell’isola ed  entrarono spesso in conflitto tra loro. Intanto, mentre il processo di stanziamento nell’isola mediterranea proseguiva, grandi stravolgimenti continuarono a verificarsi nell’Occidente islamico: il potere della famiglia dei califfi Abbasidi- che, lo ricordiamo, erano in rapporti stretti con gli aghlabidi di Ifryqia- venne rovesciato dai Fatimidi, i quali rivendicavano il diritto a governare per la loro discendenza da Fatima, figlia del profeta Maometto. Era il 910.

Ovviamente, questi cambiamenti, pur verificandosi in luoghi lontani, ebbero una influenza diretta sul contesto siciliano: una volta al potere, i Fatimidi si occuparono anche della Sicilia, dove dovettero fare i conti con le élites musulmane ancora legate agli aghlabidi. E proprio sotto il dominio dei Fatimidi- a partire dal 937- , la città di Palermo acquisì particolare rilievo; i nuovi regnanti si dedicarono ad una profonda ristrutturazione della città per controllare meglio quelle élites arabe ancora tendenti alla ribellione.

Ibn Hawqal– mercante e geografo di Baghdad- nel suo suo Kitab ‘al Masalik, datato 977, fa un’attenta descrizione della capitale palermitana: una città prospera, divisa in cinque quartieri, molto popolosa, ricca di corsi d’acqua che scorrevano al suo interno, piena di moschee e giardini, sede di numerosissime attività commerciali.   La Sicilia era, quindi, almeno dal punto di vista politico, musulmana. Si può, però, parlare di società musulmana?  Sicuramente, dopo la conquista araba, la società sicula entrò in un contesto politico, culturale e commerciale differente rispetto al passato, più legato alle aree del Mediterraneo meridionale e anche all’ africa sub-sahariana. Ciò, però, non basta per parlare di una totale arabizzazione: pur essendo parte di questo nuovo scenario, molti rimasero di religione cristiana. Questi erano i dimmi, cioè aderenti ad una religione monoteistica che godevano di un patto di protezione (dimma): pagando un’imposta era loro assicurato il diritto di risiedere nel territorio dell’Islam e godevano di diritti privati. 

Sui dimmi di Sicilia sappiamo, però, ben poco. E’ probabile che i cristiani, soprattutto quelli stanziati nel Val Demone, continuarono a mantenere stretti contatti con i territori ancora bizantini della Calabria, come mostrano alcune fonti agiografiche del IX secolo, che narrano di uomini santi trasferitisi dalla Sicilia alla Calabria per fondare nuovi monasteri.  Inoltre, il mondo dei cristiani siciliani era adesso molto vasto: essi avevano profondi rapporti non solo con i cristiani greci di Calabria, ma anche con i cristiani egiziani e di tutto il Mediterraneo; questo rese possibile una certa mescolanza che ci viene restituita da fonti posteriori, numerosi sono infatti i nomi di cristiani che, però, sono arabi o costituiti da una mescolanza di greco e arabo.

Anche dal punto di vista dell’organizzazione del territorio si ebbero dei notevoli cambiamenti rispetto al precedente assetto bizantino: i numerosi latifundia, cioè le grandi proprietà, sembrano aver subito un frazionamento, in parte dovuto alla redistribuzione di terreni tra i vincitori e in parte perché vennero meno le istituzioni che erano alla base di tale sistema: la chiesa e l’aristocrazia. Ma fu un altro e più importante contributo che gli arabi diedero sull’isola durante il loro governo: l’utilizzo di avanzati sistemi di canalizzazione dell’acqua. Sempre Ibn Hawqal ci narra di numerosi pozzi appartenenti a case private e di fonti e acque canalizzate, che servivano ad annaffiare gli orti e i giardini, ed erano utili al funzionamento di varie attività artigianali: << L’irrigazione de’ giardini si fa più comunemente per mezzo di canali; ché molti giardini v’ha, oltre i campi non irrigui, si come in Siria o in altri paesi>>.

E’ chiaro, anche dalla frase di Ibn Hawqal che paragona la Sicilia ad altri luoghi del dar al Islam, che l’isola era ormai entrata a far parte del mondo islamico a tutti gli effetti, inserendosi in un quadro sociale, politico, commerciale differente, che portò molte città ad uno splendore nuovo, come nel caso di Palermo.  Tuttavia-come si è visto- gli abitanti di Sicilia non musulmani non persero mai il proprio retroterra culturale e sociale che, anzi, venne ampliato e arricchito di ulteriori relazioni, dando vita ad originali mescolanze, come testimoniato dai dati onomastici.  I musulmani costituirono in Sicilia un contesto composito, le cui caratteristiche si radicarono così profondamente da sopravvivere anche durante il successivo dominio normanno.

 

Evelina del Mercato

 

Per Approfondire 

AMARI MICHELE

Storia dei musulmani di Sicilia. Volume primo, Le Monnier, Firenze 1984.Biblioteca arabo-sicula. Volume primo., Palermo 1880.

CRESTI FEDERICO, Città, territorio, popolazione nella Sicilia musulmana. Un tentativo di lettura di un’eredità controversa, in <<Mediterranea. Ricerche storiche>>, 4 (2017), pp. 21-46.

VANOLI ALESSANDRO, La Sicilia musulmana, Il Mulino, Bologna 2019.

 

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Written by : Redazione

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