Tra la metà del XIII e del XV secolo Genova ampliò il suo dominio commerciale nel Mar Mediterraneo. Assicurarsi il controllo delle principali città portuali le permetteva di viaggiare con maggior sicurezza e andare incontro a meno perdite economiche possibili durante i commerci. 

La città ligure aveva però numerosi rivali che cercavano di strappare il controllo delle principali roccheforti, posizionate in punti strategici. La Gazaria, territorio sovrapponibile all’attuale Crimea meridionale, sotto il controllo genovese fu vessata da diversi tentativi di assalto. In particolare, una città chiamata Caffa che, dopo essere passata nelle mani di Genova nel 1266, ha dovuto subire un importante assalto dei veneziani che finirono per depredare completamente la città nel 1296. Successivamente un’offensiva dei tartari nel 1308 costrinse alla fuga i genovesi, i quali incendiarono la città per non lasciare bottino ai nemici. Queste sconfitte fecero comprendere a Genova che per mantenere la città sicura ci fosse bisogno di una importante ricostruzione che mirasse a fortificare il perimetro. Caffa fu quindi dotata di una doppia cinta muraria che risultò inespugnabile nei successivi tentativi di guerriglia nemici. 

Per più di vent’anni infatti ci fu un periodo di pace, Genova ne approfittò per consolidare il controllo sulla zona. La popolazione vantava la presenza di tantissime etnie, tra cui: greci, turchi, armeni e cumani. Per stabilizzare i rapporti all’interno della popolazione si decise di coniare monete che recassero da un lato elementi caratteristici della monetazione genovese e dall’altro simboli e scritte che si rifacevano al mondo tartaro-arabo. A dimostrazione di questa doppia natura è possibile confrontare il castello della moneta coniata a Caffa (a sinistra, nella foto della moneta in analisi) con quello presente nella monetazione genovese. 

 

La parte di moneta dedicata alla rappresentanza tartaro-araba ha avuto variazioni nel corso del tempo, a volte ad essere rappresentato era il solo nome del Khan (il signore o regnante tartaro)  sul trono, altre volte vi è inciso anche un tamga (simbolo che identificava uno specifico clan)  relativo all’Orda d’Oro (a destra, nella foto della moneta con sfondo blu) oppure il tamga dei Khan di Crimea (vedi prossima foto, a destra). Le scritte in arabo poiché incise da genovesi sui conii erano molto approssimative.

 

 

Il Lunardi studiando i ritrovamenti monetari dell’area, ha stabilito che vi fu nella zona una coniazione di monete in rame (follari) e in argento (aspri), sviluppata in tutto l’arco di tempo in cui Caffa fu sotto il controllo Genovese. L’attribuzione è stata possibile incrociando i nomi dei regnanti presenti di volta in volta sul lato genovese della moneta e su quello tartaro. 

La monetazione tartaro-genovese ci dimostra come furono effettivamente condotte azioni sociali volte a unire una popolazione così variegata. Purtroppo, lì dove esistono interessi economici la pace non può durare a lungo.

Un nuovo infernale conflitto fu causato da una rissa tra due commercianti, uno di origine genovese e l’altro di origine tartara. Fu il secondo a perdere la vita nella colluttazione, questo evento fu interpretato come una profonda mancanza di rispetto; i tartari non potevano che passare all’attacco. I genovesi, forti della lunga pace vissuta dopo le precedenti offensive nemiche e della rinnovata struttura difensiva, con grande orgoglio decisero di difendersi dall’assalto e non abbandonare la città. In ogni modo i Tartari tra il 1343 e il 1347 sferrarono due offensive, entrambe annullate dagli assediati, che arrecarono anche danni ingenti all’esercito del Khan Gani Bek. La difesa fu eccellente grazie alla possibilità di Caffa di rifornirsi continuamente di scorte in virtù del forte controllo esercitato sul Mar Nero.

 

Le pesanti perdite obbligarono alla resa i tartari che furono costretti a negoziare la pace. Un notaio piacentino, Gabriele De’ Mussi, ha però redatto tramite i racconti dei sopravvissuti dell’assedio, una precisa descrizione dell’epilogo della battaglia all’interno del suo de Morbo sive Mortalitate quae fuit a.d. MCCCXLVIII (Storia della malattia, o del grande morire che ebbe luogo nell’anno del Signore 1348)

Prossimi alla resa i tartari avrebbero ordinato di catapultare all’interno delle mura i corpi senza vita del proprio esercito, vessato da una forte epidemia di peste. Secondo De’Mussi i tartari si videro colpiti come da una punizione divina, poiché la peste ne aveva decimato l’esercito e prodotto montagne intere di morti. La maggior parte dei combattenti riportava ferite e mutilazioni in battaglia e questo non faceva che favorire il contagio, che si verificava anche nel trattamento dei cadaveri delle rispettive fazioni. Il modus operandi dell’esercito assediante rappresenta quindi uno dei primi casi riusciti di guerra batteriologica

L’epidemia in questione, chiamata Peste Nera, aveva avuto origine nei vicini territori della Mongolia e della Cina ed è stata vissuta dall’intero Oriente come una sorta di giudizio finale. Furono sicuramente tanti i mezzi con cui la peste si diffuse da queste zone all’intera Europa dato che il commercio non avveniva solo per mare ma anche tramite le lunghe piste carovaniere. Di certo però la scelta di infettare gli abitanti di Caffa ha velocizzato l’approdo della peste nel mondo cristiano, causando gli effetti mortiferi che devastarono la popolazione europea riducendola di 1/3. 

Mattia Rescigno

 

Per approfondire:

LUNARDI GIUSEPPE, Le monete delle colonie genovesi, Società ligure di storia patria, Genova 1980.

MEVIL CHARLES MARIE, Le mer noire au moyen age: Caffa et les colonies génoises de la Crimée, Dentu, Parigi, 1856. 

BALARD MICHEL; VEINSTEIN GILLES, Continuité ou changement d’un paysage urbain? Caffa génoise et ottoman, in «Actes des congrès de le société des historiens médiévistes de l’enseignement supérieur public» 11° congresso, Lione, 1980, pp. 79-131.

WHELLIS MARK, Biological Warfare at the 1346 Siege of Caffa, in «Emerging Infectious Diseases», 8, 9, settembre, 2002, pp. 971-975.

Sitografia:

Pagina del catalogo Lamoneta.it dedicata all’aspro coniato a Caffa: clicca qui

Articolo del sitoweb Archeome dal titolo Armiamoci e ammaliamoci: quando la Peste Nera travolse la Crimea genovese: clicca qui 

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Written by : Redazione

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