L’epica medievale conserva alcune caratteristiche tipiche dell’epica classica. Come per l’epica greca, infatti, le imprese eroiche dei cavalieri cristiani in un primo tempo furono tramandate oralmente da cantori che andavano recitando le loro storie nelle piazze e nelle corti, spesso accompagnati da strumenti musicali. Molti di questi artisti erano giullari (dal latino ioculatores, “giocolieri”), cioè cantastorie, esperti anche di danze e di recitazione, che si esibivano nelle piazze, sui palcoscenici improvvisati o nelle feste a casa dei nobili.
Un elemento di assoluta novità che caratterizza l’epica medievale è l’utilizzo della lingua volgare, cioè quella parlata dal popolo (in latino vulgus), al posto del latino. Dopo la caduta dell’impero romano, il latino divenne la lingua parlata solo dalle persone colte e dagli ecclesiastici, che lo usavano soprattutto per scrivere. Il latino parlato dal popolo con il tempo si mescolò invece alle lingue dei barbari, dando così origine alle lingue neolatine, come il francese, l’italiano e lo spagnolo. Per poter essere capiti da tutti quando andavano per le città, i giullari e i cantori non usavano il latino, ma le lingue locali. In seguito gli scrittori che rielaborarono in forma scritta le storie cavalleresche mantennero le lingue nazionali dell’area geografica a cui appartenevano. Per questo è possibile affermare che i poemi cavallereschi rappresentano in Europa i primi esempi di letteratura nazionale. La loro diffusione tra l’XI e il XII secolo contribuì al consolidamento delle prime monarchie nazionali europee e alla nascita delle prime identità nazionali.
I testi epici cavallereschi medievali raccontano leggende popolari nate intorno ad alcuni eroi nazionali che rappresentano i valori e la cultura del popolo che li ha prodotti.
Molte di queste storie prendono spunto da fatti storici realmente accaduti che poi sono stati trasfigurati dalla fantasia dei cantastorie o rielaborati in modo diverso dagli scrittori. In base all’argomento e ai soggetti, i testi epici possono essere suddivisi in cicli di storie, cioè un insieme di opere che hanno in comune lo stesso tema.
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Ciclo carolingio: comprende le opere che raccontano le gesta eroiche compiute nel VIII secolo contro i musulmani da Carlo Magno e dai suoi paladini, cioè i cavalieri franchi che abitavano con lui nel palazzo imperiale (dal latino palatium). È un ciclo molto antico, che raccoglie le chansons de gestes risalenti all’XI secolo.
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Ciclo bretone: narra le imprese d re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Il ciclo è ispirato a leggende popolari ambientate in Inghilterra e in Bretagna (una penisola della Francia nord-occidentale) e ha avuto una grande diffusione tra il XII e il XIV secolo. Intorno a questo tema si è sviluppata una vasta produzione letteraria, che comprende i testi scritti in diverse lingue.
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Ciclo nordico: comprende i poemi epici composti dai popoli dell’Europa settentrionale, intorno alle loro leggende. La più famosa è quella dei Nibelunghi e ha come protagonista l’eroe Sigfrido. Questo ciclo è conosciuto anche come “germanico”, perché i Romani indicavano con il nome di Germani tutte le popolazioni straniere a est del Reno.
Martina Michelangeli x Medievaleggiando