Il film The Last Duel (2021), diretto da Ridley Scott, è l’adattamento cinematografico del romanzo storico di Eric Jager The Last Duel: A True Story of Trial by Combat in Medieval France (2004), incentrato sulla ricostruzione delle vicende che portarono all’ultimo duello di Dio, istituto tipico del diritto germanico che prevedeva la risoluzione di una contesa attraverso il combattimento tra i due contendenti o i loro campioni e il cui esito era concepito come diretta manifestazione della volontà divina. Questo duello avvenne in Francia nel 1386 tra il cavaliere Jean de Carrouges e lo scudiero Jacques Le Gris, reo di aver violentato Marguerite de Thibouville, moglie di Jean, che con coraggio denunciò l’abuso di cui fu vittima. Il libro di Jager ci permette di avvicinarci ai protagonisti di questa vicenda attraverso la ricostruzione degli eventi, basata su fonti e documenti, e la memoria di testi figurativi non più esistenti. Sappiamo così che il volto di Jean IV e quello di sua moglie vennero dipinti sulla parete dell’abbazia di Saint-Étienne a Caen: l’affresco mostrava il figlio maggiore di Jean III stante, accanto al suo destriero, con spada e lancia, e vestito con l’armatura completa secondo una precisa scelta iconografica atta a esaltare il suo essere un guerriero e un cavaliere; nulla invece sappiamo delle fattezze di Marguerite che affiancava l’immagine del consorte. La seconda opera citata è un arazzo reale francese, anch’esso andato perduto, che mostrava i due contendenti «con una robusta e corta spada con la forma di un grosso pugnale che penzolava alla coscia di ognuno» e armati con l’azza (hache), un’arma molto popolare nel XIV secolo costituita da una lama affilata posta all’estremità di un manico e incastrata tra una seconda lama svasata e un tallone a martello pesantemente chiodato, detto bec de corbin.
L’elemento su cui qui vogliamo riflettere è come il film di Ridley Scott si rapporti all’immaginario di quella vicenda storica, un immaginario costruito e tramandato da testi cronachistici del XIV e del XV secolo e dalle illustrazioni che in alcuni casi le accompagnavano secondo precise scelte tematiche e narrative. Le differenze più evidenti tra il film e le fonti medievali, che ci restituiscono gli eventi con estrema sintesi, riguardano le due figure femminili coinvolte, ovvero Marguerite e la regina Isabella di Baviera, consorte di Carlo VI, aspetto che non può sorprenderci dal momento che la pellicola sembra pensata, e così è stata letta, come l’espressione di un racconto epico che, dialogando con le istanze della contemporaneità, intende esaltare la donna quale portatrice di un coraggio che, senza compromessi, pretende verità e giustizia. Nel film Isabella compare così accanto al marito in occasione dell’interrogatorio di Marguerite e durante il duello, finendo per assumere un ruolo fondamentale proprio nell’attuazione dell’intenzione della narrazione cinematografica tesa al riconoscimento della centralità del punto di vista femminile, in questo caso affidato a un personaggio silente a parole ma pienamente partecipe nei gesti e negli sguardi al dramma della consorte di Jean. Nelle fonti scritte e pittoriche si può cogliere invece la sua totale assenza dal momento che il re viene accompagnato nella Sala de Chambre, dove si svolge il rito giudiziario, dal conte di Valois, suo fratello, e dal duca di Berry e dal duca di Valois, suoi zii, mentre sugli spalti assiste al duello circondato da quegli stessi personaggi e da altri membri della corte.
Ma veniamo a Marguerite. La miniatura che compare nel codice Royal MS 14 E IV conservato nella British Library di Londra, contenente le Anciennes et nouvelles chronique d’Angleterre di Jehan de Wavrin, e datato al 1470-80 circa (f. 267v, libro V, capitolo XVI: fig. 1), compendia due momenti della narrazione ovvero il saluto tra Jean Le Gris e la moglie, episodio collocato sullo sfondo, e la vittoria del cavaliere, che mostra al re la testa mozzata del suo avversario, scena che occupa il primo piano: partendo da questi due eventi e attingendo alla breve narrazione cronachista era il lettore a dover poi ricreare per immagini l’intera storia. Se nella tabella miniata Marguerite si trova ancora sulla carrozza che la condusse a Saint-Martin-des-Champs, sappiamo dalle fonti a nostra disposizione che “non si trovava lì da molto quando re Carlo le ordinò di lasciare il suo posto. Subito dopo dovette salire su una piccola tribuna a lei riservata tutta coperta di nero e da cui si godeva di una perfetta visuale sull’intero campo «per aspettare lì la misericordia di Dio e un esito favorevole delle battaglia»” proprio come accade nel film di Ridley Scott: nella versione cinematografica la dama de Carrouges occupa infatti una posizione centrale nell’arena in cui si svolge lo scontro tra il marito e Le Gris, divenendo così lo sguardo attraverso il quale lo spettatore assiste, anche emotivamente, alla scena. Al fine di accentuare la drammaticità del momento il regista decide però di collocare l’ultimo saluto tra Marguerite e Jean non di fronte alla carrozza posta all’esterno del campo come vediamo nella miniatura e come leggiamo nei testi cronachistici, ma all’interno dell’area predisposta per il duello, trasformando un incontro privato in un atto pubblico e solenne, segnato dalle professioni di verità della dama e di fiducia in quella verità del consorte richieste dal rituale giudiziario.
Un altro esemplare delle Cronache di Jehan de Wavrin si trova nella raccolta della Bibliothèque nationale de France a Parigi (ms. français 79; fine XV sec.): il capitolo dedicato all’ultimo duello è anche in questo caso introdotto dalla rappresentazione dello scontro tra i due contendenti (f. 86v; fig. 2). Cambia però totalmente la concezione dell’immagine ossia la messa in scena dell’evento, che ci fornisce interessanti termini di confronto con le scelte operate da Ridley Scott: qui infatti Marguerite non si trova al di fuori dal campo bensì all’interno dello spazio che vede contrapporsi Carrouges e Le Gris. Assisa in un carro nero, la donna è posta di lato ma al centro dello spazio di rappresentazione inteso come luogo che si sviluppa in profondità: a ben guardare la scansione dei piani finisce per assumere anche un valore temporale, suggerendo una sequenza narrativa che l’osservatore è chiamato ancora una volta a completare attraverso il testo e grazie alla sua immaginazione – sullo sfondo vediamo infatti i due cavalieri scontrarsi a cavallo mentre in primo piano assistiamo alla conclusione del duello che vede Jean IV rappresentato sopra Le Gris steso a terra, momenti puntualmente ripresi da Ridley Scott. Rispetto alla miniatura di Londra questa immagine risulta però priva di molti dettagli d’ambientazione – mancano la recinzione del campo, la presenza delle tribune e degli astanti, qui limitati al sovrano e a un membro della corte visibili nelle aperture delle due finestre che si aprono sul prospetto di un edificio collocato sullo sfondo. Questa prospettiva finisce per restituire una composizione dal forte impatto narrativo, rendendo Marguerite il fulcro di un percorso che lo sguardo compie su suggerimento della stessa dama che con l’indice della mano richiama l’attenzione su quanto sta avvenendo di fronte a lei; in linea poi con la descrizione che troviamo nel testo di Jehan de Wavrin, che a sua volta si rifece alle Cronache di Jean Froissart, redatte nel 1390 circa, pochi anni dopo l’evento, la dama è vestita di nero, una soluzione che troviamo nel film ma non nell’immagine di Londra, che preferisce restituire nei colori e nella ricchezza dell’abito lo stato sociale della donna.
Fig. 1., London, British Library, Royal Ms. 14 E IV, f. 267 v, particolare
Fig. 2., Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. français 79, f. 86v, particolare
La semplicità scenica di entrambe le miniature non ci permette però di pensarle come fonte figurativa per la versione cinematografica dell’ultimo duello: per la definizione degli spalti da cui il re e i membri della corte assistono allo scontro, per l’inserimento della folla, assiepata al di fuori del campo, e per la disposizione delle due tende, una per ciascun contendente, Ridley Scott sembra infatti attingere alle miniature che illustrano il ms. Français 2258 della Bibliothèque nationale di Parigi, contenente Les Cerimonies et ordonnances qui se appartiennet à gaige de bataille fait par querelle, selon les constitutions faictes par le bon roy Phelippe de France (Filippo IV) e datato alla seconda metà del XV secolo (fig. 3) Il punto di vista implicito in queste illustrazioni coincide inoltre con quello dello spettatore del film dal momento che i due piani di rappresentazione sono quelli del campo in cui si svolge lo scontro e della tribuna occupata dalla corte: quello che l’immaginario cinematografico riesce a fare è includere la figura di Marguerite, rendere manifesta la centralità del suo sguardo, che diviene il nostro.
Fig. 3. Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. français 2258, f. 22r, particolare
Volendo ricomporre questo dialogo tra le arti non possiamo non ricordare che un manoscritto miniato compare anche in un fotogramma del film in occasione della testimonianza di Marguerite: durante il processo la dama de Thibouville in quanto teste principale del caso venne infatti chiamata a deporre e, nonostante alle donne non fosse consentito di fornire spiegazione alcuna nelle cause penali, certe informazioni si appresero solo grazie alla sua deposizione davanti alla corte. L’atto del giuramento, che i due contendenti avrebbero poi ripetuto per tre volte prima del duello secondo quanto previsto dal rito religioso, richiedeva di portare la mano su un testo o un oggetto sacro – nel già citato ms. français 2258 a f. 18v vediamo entrambi i duellanti compiere questo gesto su un libro miniato con scene della Passione di Cristo e su un Crocifisso d’argento (fig. 4): e così fa Marguerite nella pellicola del cineasta britannico appoggiando la sua mano su un codice che mostra a sinistra un testo disposto su due colonne di scrittura e introdotto da un’iniziale miniata, e a destra una tabella raffigurante l’Annunciazione.
Fig. 4. Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. français 2258, f. 18v, particolare
A conclusione di questo breve percorso sull’immaginario iconografico medievale di The Last Duel vorrei ricordare un’ultima figura che, pur assente nelle miniature, viene però richiamata da Jean Froissart nelle pagine delle sue Cronache: mi riferisco alla Ruota della Fortuna, un disegno diagrammatico di forma circolare che esprimeva con il suo continuo girare l’instabilità della sorte umana. Il cronista, considerando la fine di Le Gris come la giusta ricompensa per il reato che commise, ricorda come sia la Fortuna a governare ciecamente il mondo e come la sua inesorabile ruota possa capovolgere la vita di ciascuno di noi: Le Gris venne favorito dalla buona sorte, ma quando si trovò in auge, finì nuovamente nel fango, quel fango in cui il suo corpo viene trascinato alla fine del film prima di essere condotto alla forca dove sarà esposto a testa in giù, una posizione che costituisce un ulteriore segno della sua caduta.
Federica Volpera
Per approfondire:
DESMADELEINES A. DESGENETTES, Duel de Jean de Carrouges et de Jacques Le Gris, in «Bulletin de la société bibliophile historique», 3, 2, 1837-38, pp. 32-42
JAGER ÉRIC, L’Ultimo Duello. Una storia di scandali, intrighi e un confronto all’ultimo sangue per la verità, Bur, Milano 2021
FROISSART JEAN, Chroniques, éd. par J.A. Boucon, 15 voll., Paris 1824-1826 consultabile sul sito:
https://www.dhi.ac.uk/onlinefroissart/index.jsp
VERDON JEAN, La femme au Moyen Age, Editions Gisserot, Paris 1999