Essere madri è un mestiere difficile, ma esserlo nel Medioevo forse lo era ancora di più, soprattutto date le difficoltà di una società che se, da una parte, relega la donna a quel ruolo, dall’altra non sempre le consente di esprimersi appieno attraverso la maternità. In una società dove le donne si occupavano della vita e della morte, non era facile essere madre: i bambini morivano precocemente, oppure erano affidati a balie, o allontanati molto presto dal grembo materno per vari scopi, per non parlare poi delle donne incapaci di concepire che vivevano una vita forse ancora più ardua.
L’ultimo volume di Maria Giuseppina Muzzarelli Madri, madri mancate, quasi madri. Sei storie medievali, edito da LaTerza, parla proprio di questo, del mondo della maternità nel Medioevo portando come esempi sei donne eccezionali che hanno saputo andare oltre gli stereotipi di genere per realizzarsi come donne e come madri.
Le donne prese in considerazione, alcune più note al grande pubblico altre meno, sono conosciute alcune per il loro ruolo di madri, mentre altre per motivi differenti e il libro interviene proprio per colmare, per restituire e restituirci la dimensione della maternità anche per coloro che non diedero alla luce alcuna prole. Incontriamo così la tragica storia della nobildonna franca Dhouda madre due volte ma i cui figli le vengono strappati e del più giovane di cui neanche conosce il nome, la quale per mantenere un legame vivo con il figlio maggiore scrive un’opera pedagogica, il Liber Manualis. Si parla poi della contessa Matilde di Canossa che sappiamo essere l’ago della bilancia nella cosiddetta lotta per le investiture ma della quale ignoriamo la tragica fine dell’unica bambina che partorirà e che segnerà la fine della sua dinastia, dinastia dove le donne hanno sempre avuto un peso politico. Ma anche l’eccezionalità di Caterina da Siena che non è mai stata madre ma che, in qualche modo, sa cosa significa essendo cresciuta in una famiglia numerosa e che usa tantissime metafore “materne” nella sue lettere, e che Maria Giuseppina Muzzarelli definisce Grande Madre d’Italia. Oppure Margherita Bandini, moglie del mercante pratese Francesco Datini, che non fu mai madre, ma che crebbe come sua la figlia che il marito aveva avuto con una schiava e che dimostra, come, anche nel Medioevo il sentimento di amore materno andasse al di là del legame di sangue. Ci viene presentata la vita della prima intellettuale di professione, Christine de Pizan, che una volta rimasta vedova e soprattutto senza mezzi decise di non risposarsi ma bensì di usare il suo intelletto per mantenere i suoi figli grazie alla sua cultura, e ciò nonostante l’opposizione della sua stessa madre preoccupata che la figlia potesse essere marginalizzata dalla società dell’epoca. E infine incontriamo Alessandra Macinghi Strozzi, anche lei divenuta vedova molto presto e in una situazione assai precaria visto che assieme alla famiglia del marito era stata esiliata da Firenze, ovviamente per motivi politici, ma che grazie alla sua forza e ai legami familiari fece da madre e da padre ai suoi figli.
Insomma questo saggio, scritto in un linguaggio accessibile a tutti, ci presenta le tante sfumature della maternità medievale e soprattutto getta nuova luce su quei secoli che ancora consideriamo bui.
Giulia Panzanelli