Quando pensiamo alla letteratura provenzale l’immagine che si affaccia nella nostra mente è quella di una realtà letteraria e culturale sostanzialmente compatta ed omogenea. Se è vero che la produzione lirica dei trovatori provenzali presenta topos ricorrenti e costanti formali, d’altra parte la poesia in lingua d’oc mostra al suo interno tensioni, conflitti e fratture, oltre che concezioni ideologiche contrastanti che i trovatori rappresenteranno esplicitamente all’interno dei generi satirici.

In questa realtà fatta di contrasti e divergenze ideologiche e formali, spicca la produzione poetica del trovatore Marcabru. Si tratta di un giullare proveniente dalla Guascogna (antica provincia della Francia sud-occidentale) e vissuto nel secondo quarto del XII secolo, il cui canzoniere consta di una quarantina di testi. Marcabru viene considerato come uno dei più importanti trovatori del XII secolo. 

La sua poetica è caratterizzata da un intransigente moralismo espresso in testi dallo stile volutamente oscuro e complesso. Nelle sue liriche il trovatore prende di mira soprattutto la decadenza dei costumi, mettendo in evidenza il contrasto tra la realtà a lui contemporanea, inevitabilmente degradata, e quella che egli considera una sorta di “età dell’oro” del mondo cortese. Il suo moralismo presenta uno sfondo religioso e le sue polemiche rivelano delle forti componenti cristiane. La sua concezione dell’amore è stata a lungo analizzata da Aurelio Roncaglia, massimo studioso del poeta. Secondo Roncaglia l’amore cantato da Marcabru sarebbe addirittura amore coniugale, il che collocherebbe la sua produzione poetica al di fuori della casistica cortese. In realtà l’ipotesi più plausibile è che il trovatore esalti un amore puro, privo di ogni forma di carnalità, a cui contrappone la fals’amor, l’amore adulterino e fisico. Marcabru individua come figure alleate, o più in generale come destinatari della sua produzione, i soudadiers, soldati mercenari, che incarnerebbero i valori cortesi di gioventù e gioia. I suoi bersagli polemici preferiti sono invece i falsi trovatori e i molheratz, i mariti che strumentalizzano il sistema della cortesia per il proprio tornaconto personale.

 Lo studioso Erich Köhler ha elaborato una teoria, non priva di qualche incertezza, che può essere utilizzata per spiegare il ruolo di queste figure nell’ambito della poesia cortese. Secondo Köhler per comprendere a pieno il significato della lirica cortese e la metafora feudale che c’è alla base, bisogna tenere ben presente il contesto sociale all’interno del quale questa produzione lirica è nata e si è diffusa. La scena sociale cui Köhler fa riferimento è quella della corte, un ambiente nel quale spiccano i cosiddetti iuvenes, giovani cavalieri senza feudo, che trascorrono tutta la vita in attesa di una guerra o di uno sconvolgimento politico che li porti ad acquisire un feudo proprio. In un contesto di questo tipo, acquista un’importanza rilevante la figura della castellana, la quale, nei periodi di assenza del signore, ne assolve tutte le funzioni. Ottenere amore e protezione da parte della castellana costituisce quindi una forma di ascesa sociale. Con questi presupposti Köhler ritiene che si sia sviluppata la produzione lirica cortese, nella quale la metafora dell’amore rappresenterebbe un tentativo di ascesa sociale. La nobiltà feudale si sarebbe appropriata degli ideali della cortesia, strumentalizzandoli e trasformandoli in una pratica mondana.

 È questa la ragione per cui il moralista Marcabru nelle sue liriche prende di mira i molheratz, uomini sposati, proprietari di feudi, che avrebbero usurpato gli ideali puri della cortesia, trasformandola in adulterio e tradimento. Da qui nasce anche la polemica contro i falsi trovatori, responsabili del degrado dei costumi. La forte carica polemica del trovatore viene espressa in versi volutamente complessi, in cui l’oscurità è il risultato di una scelta ideologica, piuttosto che di una volontà di sperimentalismo formale. Nella sua produzione è presente una forte carica parodica che porta il trovatore a riprendere immagini e motivi della retorica cortese esasperandoli fino ad ottenere risultati fortemente caricaturali.

Il moralismo di Marcabru non rappresenta un caso isolato nella lirica provenzale. Relativamente alla questione dall’amore e delle sue applicazioni carnali e mondane, la produzione del XII secolo presenta una certa varietà di posizioni tale da ricoprire una vasta gamma di possibilità. Nonostante le posizioni estremistiche e cupe di Marcabru non siano state accettate da molti, il trovatore ha comunque fatto scuola e avuto un ampio seguito, come dimostrano la produzione di Cercamon, che fu probabilmente un suo allievo, e quella meno radicale del trovatore Bernart Marti.

 

 Antonia Paudice

 

Per approfondire:

 COSTANZO DI GIROLAMO, I trovatori, Bollati Boringhieri, Torino 2019.

 «Marcabruno» in Enciclopedia online Treccani.

Share This Story, Choose Your Platform!

Written by : Redazione

Iscriviti alla nostra Newsletter

Leave A Comment