Rispetto recensioni che solitamente vi proponiamo, quella che mi accingo a presentarvi sarà differente perché differente è il tema trattato: non la Storia medievale con i suoi annessi e connessi, bensì la Storia, quella che noi tutti studiamo a scuola ma la cui essenza ci sfugge continuamente.

Non mi ricordo le date. La linea del tempo e il senso della Storia di Alessandro Vanoli, edito da Treccani Libri, è un libro piccolo (sono poco più di 130 pagine) ma assolutamente denso di contenuti e soprattutto riflessioni.

Punto focale del volume è il concetto di come le date, l’importantissima linea del tempo che studiamo a scuola, siano frutto di una concezione falsata, e quindi parziale, che abbiamo della Storia.

Questo perché – sembra scontato dirlo – la tanto odiata Storia scolastica è frutto di scelte ben precise, culturali/politiche, che mettono in risalto determinati fatti a scapito di altri, dando una dimensione italocentrica e/o eurocentrica del nostro passato, che nel nostro mondo globalizzato risulta ormai molto stretta.

E dunque, il punto di partenza sono quei fatti e quelle date che noi tutti, volenti o nolenti, ricordiamo dai manuali scolastici: Preistoria, Sumeri, Invasioni Barbariche, Piramide Feudale, 1492, Rivoluzione Francese ecc., e Alessandro Vanoli nella prima parte del libro prende in considerazione proprio questi macro temi per dimostrare come vengano trattati in maniera parziale nei libri di scuola. Se i Sumeri li ricordiamo soltanto per l’invenzione della scrittura e gli Assiri per il codice di Hammurabi, ovviamente la loro Storia non si riduce a questo; mentre gli Egizi, i Greci e i Romani vengono affrontati con più complessità perché sentiti più vicini a noi e più “influenti”. Se il Medioevo viene trattato come un unico periodo (pur comprendendo più di mille anni), buio e arretrato, anche l’Età Moderna subisce un trattamento poco gentile: al di fuori dell’Italia si applica una suddivisione in una Prima età moderna (fino alla Rivoluzione francese) e una Tarda età moderna (fino alla Prima Guerra Mondiale); mentre nei nostri programmi scolastici i Suoi svariati secoli vengono comunque trattati come un unico blocco e di questo periodo ci si ricorda poco e niente.

Il libro, poi, procede ponendo delle riflessioni su quello che manca nella nostra linea del tempo: un’ottica mediterranea, ad esempio, molto cara all’autore; o una Storia globale (presente nei manuali, ma trattata in modo assai poco memorabile) che quindi includa eventi da tutto il mondo, anche più significativi rispetto a quelli che siamo indotti a ricordare; o ancora, una Storia che restituisca alle donne il proprio ruolo, dimostrando come non tutte le società le abbiano relegate in piccoli spazi.

Ma forse la parte più importante del volume per chi studia Storia o ne fa divulgazione è l’ultimo capitolo, che s’interroga sull’importanza della Storia (ricordo a tutti che la Storia non insegna proprio niente!) e su quale futuro potrebbe avere: perché se anche le ore scolastiche dedicate alla Materia si assottigliano sempre di più, questo non significa che non vi sia “domanda di Storia”, anzi. Il fiorire di festival culturali, la nascita di sempre più pagine social/siti internet dedicati alla Storia denota proprio che ci sono persone che desiderano informarsi e che è arrivato il momento che l’accademia – e il sistema educativo tutto – faccia la sua parte.

In conclusione, questo libro di Alessandro Vanoli lo consiglio vivamente a chi è interessato a capire non tanto cosa sia la Storia, ma come si faccia Storia, di come sia importante la costruzione del nostro passato per avere un futuro diverso. 

 

Giulia Panzanelli

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Written by : Redazione

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