Il nome di Re Artù potrebbe essere originario del termine “Artorius”, un nome della gens romana ma, secondo altri studiosi è verosimile una sua origine celtica la quale deriverebbe da “artos viros”.
Se vi dicesse che Dante cita il famoso re nella sua Divina Commedia? La citazione avviene in modo indiretto: siamo all’Inferno, precisamente nel canto XXXII, vv. 61-62, e Dante nomina Mordred.
non quelli a cui fu rotto il petto e l’ombra
con esso un colpo per la man dArtù;
Parafrasi: Non Mordrec, nipote o figlio di re Artù che, mirando ad usurpare il trono, fu dal re ucciso con un colpo di lancia che provocò una ferita sì larga da far passare un raggio di sole (a cui fu rotto il petto e l’ ombra).
In questo girone popolato in larga maggioranza da figure contemporanee, Dante colloca conficcato nel Cocito tra i traditori della patria Mordred, il traditore di re Artù che nel ciclo bretone viene trafitto a morte da Lancillotto con tale furia che nel testo del Lancillotto del lago si ricorda come la ferita era profonda tanto da passarci un raggio di sole che buco quindi anche la sua ombra.
Non solo! Dante ricorda la letteratura arturiana e la sua importanza nell’epica medievale in un’altra sua opera, il De Vulgari Eloquentia, con la citazione Arturis regis ambages pulcerrimae, cioè “le bellissime avventure di re Artu'”, nella questione delle caratteristiche della lingua d’oil:
La lingua d’oil adduce il fatto che, per il suo carattere più facile e piacevole, le appartiene tutto ciò che è stato ideato in prosa volgare o ridotto in tale forma, come appunto la compilazione comprendente la Bibbia e i fatti dei Troiani e dei Romani, le bellissime avventure di re Artù e parecchie altre storie e opere dottrinali.
(De Vulgari Eloquentia, Libro I, cap. 10.2)
Dal punto di vista storico si tratta, molto probabilmente, di uno dei capi bretoni che animarono la vittoriosa resistenza dei Celti della Cornovaglia contro la conquista anglosassone alla fine del V e all’inizio del VI secolo d.C. La prima fonte britannica che parla di Artù è infatti un accenno del « Gododdin », testo del VI secolo dove appare come capo guerriero.
Più tardi gli « Annales de Cambrie » del X secolo menzionano la vittoria ali Artù a Mont-Badon nel 516 e la battaglia di Camlann in cui Artù e Mordret si uccisero a vicenda (537). La materia assume poi tratti epici nell’Historia Brittonum , cronaca in latino di Nennius del X secolo, e nel « Roman de Brut » di Robert Wace (XI secolo) dedicato all’omonimo nipote di Enea, mitico avo dei Bretoni. Da tali testi il vescovo Goffredo di Monmouth trasse l’Historia Regum Britanniae (1135): l’opera mischia storia e tradizioni celtiche e cristiane, con l’intento di dotare i britanni di un eroe nazionale pari a Carlo Magno.
Nell’Historia troviamo Merlino, Vortigern, Uter Pendragorn, Ginevra, ma nessun accenno a Parsifal, Lancillotto o al Sacro Graal, che entra nella saga solo nell’incompiuto poema « Perceval » (1190) di Chrétien de Troyes e nel «Parzifal » di Wolfram von Eschenlbach. In precedenza, gli eroi arturiani erano comparsi nei Lais di Marie de France (1167), poemetti amorosi e fantastici, e nei due Tristano di Béroul e di Thomas (1165-70).
Nei poemi di Chrétien, di Wolfram e di altri contemporanei il calice è un vaso sacro dotato di mistici poteri. Solo nel poema di Robert de Roron « L’Estoire du Graal » (1202) compare il Calice del sangue di Cristo custodito da Giuseppe di Arimatea.
A Roron seguì la monumentale summa arturiana costituita da Lancelot, La cerca del Graal, La morte di Artù, opera di più autori che, dalla metà del ‘200, ispirò poeti, musicisti, cineasti: dall’anonimo «Sir Gawain e il cavaliere verde » del 1360 alla « Morte di Artù » di sir Thomas Malory del 1485, fino alle opere di Wagner Lohengrin (1848), Tristano e Isotta (1865), Parsifal (1882); ma anche al film « I cavalieri della Tavola Rotonda » (1954) con Mel Ferrer, Ava Gardner e Robert Taylor, allo splendido lungometraggio Disney «La Spada nella Roccia » (1963) ed al recentissimo « Arthur», che tenta di incastrare la leggenda arturiana nella storia del morente impero romano.
Secondo la leggenda, costruita nel corso della traditio letteraria, Artù sarebbe stato figlio di Uter Pendragon, re di Britannia dopo la partenza delle legioni romane, e di Igerna, vedova del duca Hell di Cornovaglia. Sarebbe nato nel castello di Tintangel intorno al 460 d.C. e sarebbe morto sul campo di battaglia di Camlann nel 537 d.C., ucciso dal figlio Mordret, da lui avuto dalla sorellastra Morgana, figlia di Hell e di Igerna. Quanto al nome Artù, potrebbe derivare dai termini celtici Art (“Roccia”), o Artos Viros (“Uomo Orso”, in gaelico Arth Gwyr).
Camlann, il campo di battaglia dove Artù trovò la morte, significa “recinzione rotonda” dal celtico Camb, “curvo”, e Landa, “terreno cintato”. È stato identificato con Camelford, in Cornovaglia, ma nessun reperto ha suffragato l’ipotesi. A Glastonbury, nel Somerset, la tradizione colloca invece la mitologica isola di Avalon o isola dei druidi, dove Artù sarebbe stato sepolto.
“Le Morte D’Artù” di Malory potrebbe essere considerata nella tradizione letteraria la storia originale di Re Artù. Egli, secondo Malory, fu concepito quando Uther Pendragon, una volta conosciuta Ingraine (o Igerna), fu sottoposto ad un incantesimo da Merlino, così da assomigliare a suo marito. Il bambino Artù fu consegnato a Ector per essere cresciuto in segreto. Dopo la morte di Uther non ci fu nessun regnante a governare l’Inghilterra.
Merlino, così, conficcò una spada in una roccia dicendo che chiunque l’avesse estratta, sarebbe diventato il Re. Artù diventato grande riuscì a sfilare la spada e fu così incoronato dallo stesso Merlino. Questo provocò una ribellione da parte degli undici governatori che Artù depose immediatamente. Successivamente sposò Ginevra il cui padre diede ad Artù la Tavola Rotonda come dote e divenne il luogo dove i suoi cavalieri potevano riunirsi evitando così dispute su chi dovesse governare poiché la Tavola Rotonda metteva tutti sullo stesso piano.
Così seguì un regno ricco di splendore e magnificenza: la corte di Artù divenne il centro focale dove nacquero molti eroi dell’epica medievale. Nella guerra contro i Romani, Artù sconfisse l’Imperatore Lucio e lui stesso divenne imperatore. Comunque, il suo più illustre cavaliere, Lancillotto, si innamorò di Ginevra, ma la loro relazione segreta venne alla luce e la ricerca del Santo Graal incominciò, così Lancillotto fuggì mentre Ginevra fu condannata a morte. In seguito Lancillotto la liberò e la portò nel suo regno.
Ciò spinse Artù ad attraversare lo Stretto per combattere il suo ex prediletto cavaliere. Mentre stava andando via dalla Britannia, Artù lasciò la carica di regnante a Mordred. Il giovane si ribellò e Artù che fu costretto a ritornare indietro per sopprimere qualsiasi ambizione di predominio. Questo episodio portò all’ultima battaglia di Artù sul Salisbury Plain dove uccise Mordred ma lui stesso rimase gravemente ferito. Il re fu così trasportato su una barca dove, come si disse al tempo, si stava dirigendo verso la Valle di Avalon. Alcuni dicono che non morì mai e che un giorno potrebbe ritornare. Comunque la sua tomba fu presumibilmente scoperta a Glastonbury durante il regno di Enrico II (1154-1189).
Leggenda o storia Re Artù è uno dei massimi esempi di come la cultura dell’epica medievale sia ancora oggi in grado di far sognare e di regalare racconti eterni.
Martina Michelangeli x Medievaleggiando