Nell’Occidente latino, durante i secoli dell’alto medioevo, la Chiesa si avvicinò alla guerra. Il ricorso alla forza diventò accettabile per i cristiani, in particolare i re, i nobili e anche i sacerdoti, cioè per quelli predisposti a difendere la loro comunità. Per questo, volti a questa buona causa, il mestiere delle armi e la violenza assunsero un carattere sacro. I santi erano modelli ai quali sia guerrieri che chierici e monaci si ispiravano: sovente erano loro a proteggere i loro devoti brandendo le armi, e non era, nemmeno, insolito che si vendicassero contro chi aveva osato sfregiare le sacre immagini. Con due esempi tratti da agiografie, vedremo quanto, intorno all’anno Mille, i santi potessero superare in combattività i loro nemici armati, pagani o meno.

Bisogna prima però cercare di chiarire, pur grossolanamente, cosa avesse significato in effetti l’avvicinamento della Chiesa alla guerra, e come avesse condotto i cristiani a immaginare il santo come un protettore o un vendicatore, se non addirittura un guerriero. Da quando l’impero romano adottò il cristianesimo come unico culto lecito, solo i cristiani avrebbero potuto arruolarsi nell’esercito. Compito dell’imperatore, alla guida dei soldati, era la tutela dei cristiani dai pagani, ma la loro “difesa” implicava di fatto “l’espansione” della Chiesa: i pagani, anche nella forma dei barbari che premevano al confine renano-danubiano dell’impero, andavano, sì, combattuti, ma, una volta sconfitti, si doveva convincerli della verità del messaggio evangelico. La guerra assunse caratteri sacrali, perché condotta da un’autorità legittimata da Dio e con un fine missionario. Questi aspetti si sarebbero mantenuti anche dopo la disgregazione della parte occidentale dell’impero in regni romano-barbarici. A proposito degli sviluppi dell’Occidente dopo il V secolo, le nuove genti barbariche erano fisicamente entrati nella Chiesa, a tal punto che alcuni di loro si erano fatti sacerdoti. I capi si convertirono: alcuni di essi, quelli franchi per esempio, erano diventati “re” con l’approvazione dell’alto clero, che cercò di convincerli dell’idea che il loro potere, derivatogli dall’uso delle armi e dalla pratica della guerra, diventava una responsabilità verso i cristiani. Al di là se i sovrani credessero o meno alle parole dei preti, le loro guerre in realtà  inglobarono, nel dominio cristiano, nuove terre pagane: nell’VIII secolo, i re franchi assaltavano, saccheggiavano e distruggevano i potentati di altre genti (si pensi ai Sassoni), e, nel frattempo, costruivano chiese e monasteri. Era in atto una vera e propria campagna nella quale i desideri di conquistare e di battezzare si confondevano. Probabilmente gli altri regni non vissero un’esperienza così estrema di fusione tra violenza e missione. Pare comunque che si stesse creando un’idea di guerra in difesa della Chiesa, anche laddove continuò a operare l’impero, in Oriente; ed è lì che fiorirono le prime figure di santi guerrieri. È facile che nell’immaginario dei cristiani orientali si fossero sovrapposti il culto dei martiri, molto diffuso, e la certezza che la propria religione fosse quella destinata a trionfare – con l’esito che i nemici non andassero piegati a essa con la forza perché potevano essere convertiti. A Bisanzio il santo poteva essere sia soldato che martire; riuniva, cioè, l’idea di farsi uccidere per la fede con le funzioni di guida degli eserciti e di protezione delle città. I santi della Cristianità occidentale, almeno fino alla fine dell’XI, con l’inizio delle crociate, erano quasi tutti di provenienza bizantina.

Infatti, anche dopo la caduta di Roma, l’espansione araba e la crisi di Bisanzio tra VII e VIII secolo, continuarono gli scambi culturali tra Oriente e Occidente. Certamente alcune aree comunicavano più di altre con i greci, come l’Italia meridionale. Nonostante l’invasione dei longobardi e la conquista araba della Sicilia, l’impero continuò a inviare uomini e flotte in quell’area allora contesa. Oltre alla potenza militare, si fece ancora sentire l’influsso della religiosità bizantina, e con essa i modelli di santità. Diversi autori tra il IX e l’XI secolo scrivevano, nelle loro storie, di apparizioni di santi nelle battaglie  per salvare chierici e monaci da razzie. Ad esempio, un anonimo scrisse intorno al Mille una biografia di san Nicodemo di Kellàrana, monaco, il quale fu catturato dai musulmani, insieme ad alcuni abitanti di Bisignano, nel tentativo di liberarli dalla loro prigionia:

Una volta i bastardi Agareni, catturato il santo, lo condussero prigioniero insieme ad alcuni altri. Giunti in un luogo adatto a una loro sosta, soffermatisi colà si riposarono. Il santo, levatosi in piedi e stese le mani, recitava al Signore le consuete preghiere; essi con scherno lo deridevano dicendo: “Quale utile ti viene da questa preghiera? Prima di cadere nelle nostre mani, invero, avresti dovuto pregare che ciò non ti capitasse: ora invece non avrai vantaggio alcuno dalle tue preghiere”. Ma vana si è dimostrata quella bocca fallace ed empia; il Signore, da lui glorificato miracolosamente salva il suo servo. Infatti, mentre egli rimaneva saldo e perseverava nella preghiera, ecco la potenza divina viene a spingerli gli uni contro gli altri a battaglia e a guerra fino al sangue, e, avendo preso il santo, lo salvò come una volta Daniele, indenne tra i leoni.

Nicodemo per far ammazzare i carcerieri a vicenda non fece altro che pregare e resistere alle loro istigazioni, invocando il miracolo divino. Se per alcuni aspetti il santo che pregava e compiva i suoi prodigi rassicurasse i fedeli, e li aiutasse a combattere gli aggressori, per altri poteva tradire un loro sentimento di insicurezza. Esso era provocato anche dall’incapacità dei governanti di difenderli,  di guarnire le città e i luoghi sacri. Ecco allora nei momenti più drammatici, la potenza dei santi, che perorando ancora più spietata violenza di Dio, era l’unica che potesse riparare i torti subiti dalla comunità da parte dei pagani.

La sacra violenza dei santi non era indirizzata solo ai nemici dei cristiani. Anche i cristiani malvagi, tra cui i guerrieri che non avevano rispettato il proprio ruolo, sarebbero potuti incorrere nell’ira dei santi. Se gli fossero state rubate le reliquie o denigrato l’immagine, allora la loro potenza sarebbe stata in grado di terrificare anche i signori e i cavalieri. Era il caso di santa Fede, la cui chiesa, accanto a un’abbazia benedettina, si trova a Conques, dove si erge la sua statua. Bernardo d’Angers, un rampollo dell’aristocrazia dell’Angiò trasferitosi a Chartres, decise di andare a Conques, incuriosito dalla particolare religiosità dell’Occitania. Egli considerò l’adorazione verso la santa inizialmente solo idolatria, un residuo di credenze pagane, ma rimase affascinato quando ascoltò le leggende sui suoi prodigi. Bernardo decise così di raccogliere quelle storie in un libro, steso tra il 1013 e il 1020. Altri monaci avrebbero, in seguito, continuato la sua opera. Tra i miracoli stupefacenti che gli erano stati riferiti, l’autore scrisse anche quelli grazie ai quali la santa attuò delle vendette: ad esempio, un soldato del Limousin che stava tornando da Conques venne spiato e assalito da un suo nemico e i suoi scagnozzi, mentre stava ristorandosi nella capanna di un contadino. Il pellegrino di santa Fede invocò l’aiuto di Dio, che con un rombo di tuono fece scappare i nemici, e, preso coraggio, non aspettandosi altro che la morte, afferrò la spada del contadino, balzò fuori inferocito […], menando fendenti con la spada, uccise quell’uno e, catturato l’altro, che era poi il comandante, lo condusse con sé a casa, da dove era venuto. In un altro caso, santa Fede e Dio si scagliarono contro il nemico di un uomo che poi donò il patrimonio prima di farsi monaco: il nemico Si lanciò in una corsa forsennata contro quegli innocenti, il monaco e i suoi compagni, ma, quando ormai stava per travolgerli, la vendetta divina lo prevenne. Il cavallo cadde e Il cavaliere fece un volo in avanti: il collo gli si torse, la testa gli andò in pezzi e così morì. Un altro breve racconto: durante una processione in cui la statua della santa veniva trasportata, un cavaliere le passò accanto vantandosi della sua capacità di rapinarne le pietre preziose di cui era ornata; quando il mulo, che quello cavalcava, abbassata la testa e tenendola a terra fra le zampe davanti, alzò le zampe posteriori, sollevandole fin sopra la testa del cavaliere: l’uomo cadde a terra fra le zampe del mulo e si imbrattò di fango: il mulo gli si sdraiò sopra, opprimendolo con il peso del suo sedere. Santa Fede reagì come avrebbe fatto un buon guerriero a cavallo, ossia con lo scopo di tutelare il proprio onore e ripararlo quando leso.

I sacerdoti che adoravano questi santi non condividevano forse con quei guerrieri turbolenti, dei quali avevano paura, lo stesso immaginario fatto di vendette come risolutrici dei conflitti e di riparazioni dell’onore? L’idea del santo protettore e vendicatore, che non era necessariamente ritratto con le armi terrene o a capo di un esercito, non era frutto di questo modo di pensare il mondo? Oltre al sospetto che queste figure, ormai alle soglie del mille, somigliassero ai guerrieri che combattevano, le agiografie potrebbero suggerirci cosa i cristiani si aspettassero da esse, e darci la misura di quali fossero le paure, le suggestioni e la percezione dei pericoli di chi sperava in una intercessione divina.

Alessandro Camponeschi

Per approfondire:

BARTHÉLEMY DOMINIQUE, Chevaliers et miracles. La violence et le sacré dans la société féodale, Armand Colin, Paris, 2004.

BERNARDO D’ANGERS, Liber miraculorum sancta Fidis. Il racconto dei prodigi di una santa bambina, a cura di L. G. G. Ricci, L. Robertini, Edizioni del Galluzzo, Firenze, 2010.

BERTO LUIGI ANDREA, Cristiani e musulmani nell’Italia dei primi secoli del Medioevo. Percezioni, scontri e incontri, Jouvence, Milano, 2018.

CARDINI FRANCO, Alle radici della cavalleria medievale, Il Mulino, Bologna, 2001 (edizione originale 1981).

FLORI JEAN, La guerra santa. La formazione dell’idea di crociata nell’Occidente cristiano, Il Mulino, Bologna, 2003 (edizione originale 2001).

 

Nell’immagine dell’articolo, potete ammirare una miniatura tratta da un manoscritto, che rappresenta la presa di Gerusalemme del 1099.

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Written by : Redazione

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