Storia di una damigella che si presentò a corte con una spada al fianco cercando un uomo che possedesse le virtù necessarie per estrarla dal fodero

Dopo la morte di Uther Pendragon era salito al trono suo figlio Artù, che dovette combattere a lungo per governare su tutta l’Inghilterra, perché́ l’Inghilterra stessa, il Galles, la Scozia e la Cornovaglia erano divisi tra diversi sovrani. Accadde quindi un giorno che, mentre Artù̀ si trovava a Londra, gli si presentasse un cavaliere a riferirgli che re Rience del Galles del Nord aveva raccolto un grande esercito e invaso le sue terre, bruciando e massacrando i suoi fedeli sudditi. «Sarebbe un grave affronto alla mia dignità̀ se non gli resistessimo con tutte le nostre forze» disse il re. Poi dichiarò che avrebbe emesso un bando con l’ordine che tutti i suoi signori, cavalieri e gentiluomini d’armi si riunissero nel castello di Winchester, che a quel tempo aveva nome Camelot, dove si sarebbero tenuti consiglio generale e grandi giostre.

Poco dopo che il re ebbe raggiunto Camelot con tutto il suo baronaggio ed ebbe preso alloggio come meglio poté, gli si presentò una damigella che disse di essere messaggera della potente dama Lile di Avalon, e, quando lasciò cadere il mantello foderato di una pelliccia preziosa, si vide che portava alla vita una bellissima spada. «Damigella, perché cingete un’arma che non vi si addice?» le chiese stupito il re. «Ora ve lo dirò, sire» gli rispose la damigella. «Essa mi provoca impaccio e dolore, ma potrà liberarmene solo un cavaliere valoroso e dotato di ogni virtù e che non alberghi in cuore villania, tradimento o slealtà. Colui che mostrerà di avere simili pregi sarà l’unico in grado di estrarla dal fodero. Sono stata da re Rience perché mi era stato detto che alla sua corte avrei trovato degli eccellenti cavalieri, ma nessuno di quelli che vi si provarono riuscì̀ nell’impresa.» «Allora è un vero prodigio!» esclamò il re. «Tenterò io stesso di estrarre quell’arma, non perché pensi di essere il migliore, ma per dare un esempio ai miei baroni.»

Prese la spada per il fodero e per la cintura, tirò con forza, ma la lama non venne fuori. «Sire, non è necessario tanto vigore; colui che la estrarrà lo farà con poca fatica» intervenne la damigella. «Avete ragione» convenne il re, che poi invitò i baroni alla prova. «Ma badate di non essere lordi di disonore, di tradimento e di inganno, altrimenti fallirete» ribadì la fanciulla. «Il cavaliere che vi riuscirà sarà non solo perfetto, ma anche discendente da una nobile schiatta.» Uno dopo l’altro, tutti i compagni della Tavola Rotonda tentarono di estrarre la spada, ma, poiché́ nessuno ne fu capace la damigella molto addolorata esclamò:

«Ahimè, avevo creduto che a questa corte si trovassero i cavalieri più onorati e leali del mondo!» «In fede mia sono tutti ottimi cavalieri» replicò il re «ma le loro virtù non sono tali da potervi essere d’aiuto. Ne sono spiacente.»

Come Balin, vestito da povero cavaliere, estrasse la spada che più tardi sarebbe stata causa della sua morte

Alla corte si trovava anche un povero cavaliere di nome Balin nativo del Northumberland, che aveva trascorso più̀ di sei mesi in prigione per aver ucciso un cugino del re. Ma, a causa della sua fama di valoroso, i baroni lo avevano fatto liberare, ed egli era venuto in segreto a Camelot. Quando seppe della spada, Balin si sentì rincuorato e pensò di misurarsi come gli altri nell’avventura; tuttavia, poiché era vestito modesta- mente, non si fece avanti, nonostante che in cuor suo ritenesse di poter riuscire, con l’aiuto della fortuna. Ma poi, mentre la damigella, preso congedo da Artù e dal suo baronaggio, si apprestava a partire, egli le si avvicinò e le disse: «Vi prego di essere tanto cortese da permettere anche a me di provare ad estrarre la spada. Sono poveramente vestito, ma in cuor mio ho fiducia di riuscire come chiunque altro.» La damigella allora lo osservò con attenzione e vide che era un bel giovane; tuttavia la povertà degli abiti che indossava la indusse a pensare che non potesse essere un uomo d’onore, e tanto meno mondo da villania e da tradimento. Perciò gli rispose:

«Non voglio essere delusa di nuovo, signore. Temo che non potrete riuscire dove altri hanno fallito.» «Ah, bella damigella, dignità, virtù e valore non sono riposti solo nell’abbigliamento!» esclamò Balin. «La virilità e l’onore sono celati nella persona, e vi sono molti insigni cavalieri ignoti a tutti, a riprova che il pregio e l’ardimento non hanno alcun rapporto con le vesti che indossano.»

«È vero» convenne la fanciulla. «Allora provate e fate del vostro meglio.» Balin afferrò la cintura e il fodero ed estrasse l’arma con facilità. Mentre il giovane osservava con compiacimento la bellezza della lama, i baroni espressero il proprio stupore per quanto era avvenuto, e non pochi cavalieri ne provarono dispetto. «Invero, costui è il migliore cavaliere in cui mi sia imbattuta; leale e onorato qual è compirà̀ molte azioni degne di lode. Ma ora, cortese cavaliere, rendetemi la spada» disse la damigella.

«No, la terrò io. Potrà essermi tolta solo con la forza» dichiarò Balin. «Non siete saggio, perché con quell’arma ucciderete il vostro miglior amico, l’uomo che amate di più al mondo. Essa vi porterà alla rovina» replicò la fanciulla. «Correrò la ventura che Dio vorrà mandarmi. Ma, in fede mia, non ve la darò.»

«Allora ve ne pentirete, e presto! Io la volevo indietro più per aiutare voi che per mio vantaggio. Mi dispiace che quella spada debba essere la vostra sventura» gli disse la damigella, allontanandosi addolorata. Balin chiese subito il cavallo e l’armatura e andò a prendere congedo dal re per lasciare la corte. «Suppongo che abbiate buoni motivi per abbandonare la nostra compagnia» gli disse Artù. «E poiché credo che vi dispiaccia che io mi sia mostrato scortese con voi, vi prego di non biasimarmi, perché ero stato informato male e non ritenevo che foste tanto valoroso. Se rimarrete a corte, sono pronto a migliorare la vostra condizione in modo da soddisfarvi appieno.»

«Dio vi rimeriti!» replicò Balin. «Nessuno potrebbe pronunciare nemmeno la metà delle lodi dovute alla vostra generosità. Ma io ora devo partire, sempre implorando la vostra buona grazia.» «Ne sono davvero spiacente, e vi prego di tornare presto» gli disse Artù. «Sarete bene accolto da me e dai miei baroni, e io farò di tutto per riparare ai miei torti.» «Dio ricompensi la vostra grande nobiltà» ripetè Balin, che poi si ritirò per prepararsi a partire.

E tuttavia la maggior parte dei cavalieri della Tavola Rotonda affermò che il successo di Balin era stato dovuto a magia, e non alle sue virtù.

Come la Dama del Lago chiese la testa del cavaliere che aveva conquistato la spada, ovvero quella della damigella

Mentre Balin si preparava alla partenza, arrivò a corte la Dama del Lago, a cavallo e riccamente vestita; salutato il re, gli chiese il dono che egli le aveva promesso quando gli aveva dato la spada. «E vero che vi ho promesso un dono, ma ho dimenticato il nome della spada» le rispose Artù.

«Si chiama Excalibur, che è come dire Taglia Acciaio.» «Ora ditemi quello che volete; se potrò, esaudirò il vostro desiderio.» «Sire, vi chiedo la testa del cavaliere che ha conquistato la spada della damigella, oppure la vita della damigella stessa» dichiarò allora la Dama del Lago. «A dire il vero, mi piacerebbe averle entrambe, poiché il cavaliere ha ucciso un mio fratello che era buono e leale, e la gentildonna è stata causa della morte di mio padre.» «Non posso concedervelo se voglio salvare il mio onore» replicò il re. «Chiedetemi qualunque altra cosa e io sono pronto a darvela.» «Non voglio altro!» proruppe la dama.

Ma intanto Balin, che la cercava da tre anni perché ella gli aveva ucciso la madre per magia, l’aveva vista e, saputo che era venuta a chiedere la sua testa ad Artù, andò a dirle: «Hai incontrato la tua sventura! Volevi la mia testa, e invece perderai la tua!»

E le mozzò il capo con un colpo di spada sotto gli occhi del re. «Ahimè, che affronto!» esclamò Artù. «Perché l’hai fatto? Hai disonorato me e la mia corte, perché io ero in debito con lei ed ella era venuta qui con il mio salvacondotto. Non te lo perdonerò mai.» «Mi dispiace di aver provocato la vostra collera, sire, ma era la donna più falsa che vi fosse al mondo e con le sue stregonerie e i suoi incantesimi aveva ucciso molti valorosi cavalieri. Per di più, le sue menzogne e i suoi tradimenti mandarono mia madre al rogo.» «Quali che fossero le tue ragioni, avresti dovuto risparmiarla» gli rispose il re. «Non ho mai subito un affronto più grave nella mia corte e te ne farò pentire. Ora vattene più presto che puoi.»

Allora Balin raccolse la testa della Dama del Lago e la portò nel proprio alloggio, dove il suo scudiero gli disse di essere dispiaciuto che egli fosse caduto in disgrazia presso il re. Poi lasciarono insieme la città.

«Adesso ci dobbiamo separare» gli disse Balin a un certo punto. «Prendi tu la testa e portala ai miei amici del Northumberland. Riferisci loro quello che ho fatto e di anche che la mia peggiore nemica è morta, che sono uscito di prigione e come si è svolta l’avventura della spada.» «Ahimè, che peccato che abbiate fatto adirare Artù!» ripeto lo scudiero.

«Quanto a questo, cercherò di incontrare al più presto re Rience e lo ucciderò a costo della vita. Se vi riuscirò, Artù sarà lieto di essere il mio buono e grazioso signore» replicò Balin. «Dove vi rivedrò?» «Alla corte di re Artù» gli rispose Balin, e i due presero strade diverse. Intanto, Artù e i baroni erano rimasti profondamente addolorati per la morte della Dama del Lago, che il re fece seppellire con tutti gli onori.

Come Merlino raccontò l’avventura della damigella

Vi era a quel tempo un cavaliere, figlio del re d’Irlanda e di nome Lanceor, che era molto orgoglioso e si reputava tra i migliori della corte. Indispettito per l’impresa che aveva fruttato a Balin la conquista della spada e perché il giovane si era dimostrato più valoroso e virtuoso di lui, chiese ad Artù il permesso di seguirlo per punirlo dell’affronto che gli aveva recato. «Fate del vostro meglio. Sono molto adirato con lui e vorrei che ne pagasse il fio» gli rispose il re. Lanceor andò dunque a prepararsi, e intanto Merlino arrivava a corte e veniva informato dell’avventura della spada e della morte della Dama del Lago. «Ora vi dirò perché quella damigella con la spada è venuta qui» disse allora. «Comunque sappiate che è la donna più falsa che vi sia al mondo.» «Non è vero!» esclamarono tutti. «La damigella amava un cavaliere che il fratello di lei, un guerriero valoroso e onorato, uccise con le proprie mani. Allora ella andò a implorare dama Lile di Avalon che l’aiutasse a vendicarsi. Costei le dette quindi la spada, e le disse che avrebbe potuto trarla dal fodero solo un cavaliere forte e valoroso di questo regno, che con essa avrebbe poi ucciso suo fratello. La damigella perciò è venuta qui, e volesse Dio che non lo avesse fatto! Perché quando ella si accompagna con un cavaliere d’onore non è per operare il bene, ma solo per far danni, e il cavaliere che ha conquistato la spada finirà per essere annientato, e sarà una grave sventura, perché il suo valore renderà onore e cortesia al mio signore Artù. Purtroppo, però, ha ancora poco da vivere.»

Come Balin fu inseguito da ser Lanceor cavaliere d’Irlanda, e come giostrò con lui e lo uccise

Intanto il cavaliere d’Irlanda si era armato di tutto punto e, gettatosi lo scudo sulla spalla e montato a cavallo, aveva impugnato la lancia ed era partito al galoppo all’inseguimento di Balin. Quando, poco dopo, lo scorse su un’altura, gli gridò: «Fermati, cavaliere! Mi aspetterai, che tu lo voglia o no, e il tuo scudo ti servirà a ben poco!» Al sentire quelle urla, Balin fece voltare il cavallo e rispose: «Volete forse giostrare con me, gentile cavaliere?» «Sì, vi ho seguito per questo» fu la risposta dell’Irlandese.

«Forse allora avreste fatto meglio a restare a casa. Non pochi pensano di fare scorno a un avversario, e poi scoprono che il loro intento si è ritorto a loro danno. Da quale corte siete stato mandato?» «Da quella di Artù, e sono qui per farvi pagare l’offesa che avete fatto oggi al re e al suo baronaggio.» «Allora dovrò battermi. Mi dispiace di avere oltraggiato Artù e la sua corte, ma mi è facile confutare la vostra querela perché la dama che ho ucciso mi aveva danneggiato gravemente: altrimenti mi sarebbe ripugnato come a ogni altro mettere a morte una dama.» «State in guardia e difendetevi. Uno dei due rimarrà ucciso sul campo!» gli intimò Lanceor.

Impugnate le lance, si corsero incontro al galoppo; l’arma di Lanceor colpì lo scudo di Balin e volò in pezzi, mentre quella del giovane trapassò l’usbergo, fendette il giaco e penetrò nel corpo dell’Irlandese fermandosi sulla groppa del cavallo. Poi il giovane, che non si era accorto di averlo ucciso, fece voltare il destriero e snudò la spada, e solo allora vide che Lanceor era morto.

Come una damigella innamorata di Lanceor si uccise per amore, e come Balin incontrò il fratello Balan

Balin si guardò intorno e vide una damigella che arrivava al galoppo su un bel palafreno. La fanciulla si avvicinò al morto e cominciò a lamentarsi pietosamente: «Ah, Balin, hai ucciso due corpi e un solo cuore, e due cuori in una sola persona, perdendo insieme due anime!» Poi afferrò la spada dell’amato e cadde in terra svenuta; quando rinvenne fu presa da un dolore ancora più acuto che mosse Balin a compassione. Allora il giovane le si avvicinò per toglierle di mano l’arma; tuttavia la fanciulla la teneva tanto stretta che, per prendergliela, avrebbe dovuto farle male. Ma poi, d’un tratto, la damigella ne appoggiò il pomo in terra e vi si gettò sopra, trafiggendosi.

«Ahimè» esclamò il giovane addolorato «mi pento amaramente per la morte del cavaliere che ella amava tanto! Tra di loro vi doveva essere un amore davvero grande!» E tale era la sua pena che, non potendo reggere alla vista del pietoso spettacolo, voltò il cavallo e si mise a osservare la foresta che gli si stendeva davanti; fu così che vide arrivare il fratello Balan, che riconobbe dalle insegne delle armi. Quando si furono incontrati, entrambi si tolsero l’elmo e si baciarono piangendo di gioia e di pietà.

«Non mi aspettavo di trovarti così all’improvviso» gli disse Balan alla fine. «Nel castello delle Quattro Pietre un uomo che ti aveva visto alla corte di re Artù mi disse che eri stato liberato dalla tua dolorosa prigionia. Ne fui lieto, e venni qui proprio nella speranza di incontrarti.»

Allora Balin gli riferì l’avventura della spada e la morte della Dama del Lago e gli raccontò come fosse caduto in disgrazia presso il re, che gli aveva mandato dietro quel cavaliere. «Ma ora sono molto addolorato per la morte della damigella» aggiunse. «Anch’io» disse Balan. «Tu però devi accettare le avventure che Dio ti riserba.» «E vero! Ma poiché mi rammarico profondamente dello sdegno di Artù, che è il più nobile cavaliere che governi oggi sulla terra, voglio riconquistarne il favore o gettare la mia vita alla ventura. Re Rience si trova all’assedio del castello di Terrabil: andiamoci subito e mettiamo alla prova il nostro valore.»

«Volentieri» acconsentì Balan. «Ci aiuteremo a vicenda come è giusto che facciano i fratelli.»

Martina Michelangeli x Medievaleggiando

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Written by : Redazione

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