In questo articolo inizieremo a delineare la figura di uno dei personaggi più importanti e conosciuti del Medioevo: l’imperatore Federico II di Svevia. Per via della sua imponente personalità, della sua vita piena, in questo articolo vi verrà presentata solamente, ed in maniera concisa, la sua opera nel campo della cultura e si darà qualche cenno biografico che tornerà utile in questo campo.

Per parlare del suo operato in campo culturale dobbiamo partire dalla sua stessa educazione, da quello che la sua mente apprese da bambino. Federico nasce il 26 dicembre del 1194, leggenda vuole che sia stato partorito nella piazza di Jesi dalla madre Costanza d’Altavilla (1154-1198), mentre si recava a raggiungere il marito, Enrico VI di Svevia (1165-1197), in Sicilia. Come sappiamo Federico perse entrambi i genitori quando era molto piccolo, ma la madre prima di morire riuscì a farlo incoronare re di Sicilia. La donna, nel suo testamento, aveva nominato papa Innocenzo III reggente del Regno di Sicilia e tutore del piccolo Federico e l’educazione del fanciullo fu affidata al cancelliere e vescovo di Troia Gualtiero di Palearia, il quale però non s’interessò molto del giovane che anzi nei suoi primi anni di vita fu oggetto di continue contese fra chi desiderava accrescere la propria influenza politica in Sicilia. Nonostante questo stato che possiamo definire quasi di abbandono, Federico studiò a Palermo dove ricevette un’educazione cavalleresca e non fu immune agli stimoli che una città cosmopolita come la metropoli siciliana poteva offrirgli.

Una volta diventato maggiorenne, nel 1208, e sposatosi, Federico fu subito sommerso dagli impegni politici: doveva consolidare il proprio potere in Sicilia, che dopo anni di reggenza risultava estremamente indebolito, e farsi strada per rivendicare anche il trono imperiale. Ma la maggiore età, oltre agli impegni di governo, gli permise anche di raggiungere l’emancipazione intellettuale ed è da questo momento che Federico manifesta appieno la sua curiosità per il mondo. All’arte, alla letteratura e alla scienza Federico si dedicò con un’intensità e un’apertura mentale che generarono insieme stupore e fascino, da qui l’appellativo stupor mundi; non solo si circondò di intellettuali, poeti e artisti, ma egli stesso si cimentò nelle arti.

La sua opera più famosa è sicuramente il De arti venandi cum avibus, un testo per noi prezioso sotto tanti punti di vista: testimone della passione totalizzante che Federico aveva per l’arte della caccia con i rapaci, che viene elevata a filosofia di vita, della sua profonda cultura naturalistica, dell’ansia di conoscenza, del desiderio di misurarsi con una disciplina teorica e pratica di estrema complessità. La sua educazione aveva compreso anche l’arte della caccia, molto probabilmente appresa dai precettori arabi più esperti di falconeria. Nel Prologo dell’opera scrive che il suo intento è quello di colmare le lacune di molto trattati, venne scritto nell’arco di trent’anni ed è rimasto incompiuto. Il trattato è articolato in sei libri: nel I ci viene presentata una classificazione aristotelica degli uccelli e si presentano le loro qualità e caratteristiche, il II è dedicato alla falconeria, viene presentata l’attrezzatura, le modalità di cattura dei falchi ecc, mentre i libri dal III al VI descrivono minuziosamente tutte le fasi dell’addestramento e della caccia.

Accanto a questo preziosissimo trattato ci sono giunte delle poesie, in tutto sei, che pare siano state composte dal Puer Apuliae, ma la certezza assoluta che ne sia lui l’autore però non l’abbiamo. Sicuramente sua è la canzone De la mia dissïanza: il componimento parlerebbe di un desiderio lungamente agognato ma minacciato da cattivi personaggi, ed alcuni passaggi risultano al lettore del XXI secolo assai oscuri. Ai giorni nostri la sua fama di poeta è stata oscurata dall’impegno da lui profuso nella promozione della cosiddetta Scuola poetica siciliana.

Il termine, coniato da Dante nel De vulgari eloquentia, indica il movimento letterario che si raccolse, nella prima metà del XIII secolo, alla corte di Federico e di suo figlio Manfredi. Quali erano le particolarità di questa Scuola? I poeti scrivevano in volgare siciliano le loro poesie, essi si rifacevano alla lirica provenzale per i motivi, per la forma ricercata, per la presenza dell’amor cortese, ma non mancano componimenti più popolareggianti. L’importanza storica della Scuola sta nel fatto che, mentre nel resto d’Italia l’imitazione provenzale si estendeva anche alla lingua, nel Mezzogiorno si assunse per la prima volta un volgare italiano. Con la dissoluzione della dinastia sveva, il centro letterario italiano passò in Toscana, ma la Scuola siciliana trasmise comunque a questa schemi contenutistici, elementi fonetici e lessicali.

Fra i tanti talenti e meriti di Federico II bisogna annoverare anche quello di saper scoprire talenti, di conquistare con le sue domande l’interesse di filosofi, matematici e scienziati. Per la sua corte passarono, ad esempio, il filosofo scozzese Michele Scoto, reclutato con l’incarico di astrologo, o il traduttore Teodoro di Antiochia. Gli studiosi non solo dedicavano opere al loro benefattore, ma intavolavano discussioni con lui, che era sempre desideroso di soddisfare la sua sete di sapere.

Insomma, Federico II fu un sovrano dalle mille sfaccettature, animato da una brama di conoscenza che lo ha guidato per tutta la vita e forse dovuta al luogo in cui è cresciuto, la Sicilia posta al centro del Mediterraneo dove convivevano diverse culture e che dopo di lui non fu mai più la stessa.

 

Giulia Panzanelli

 

Per approfondire:

 

DELLE DONNE FULVIO, La porta del sapere. Cultura alla corte di Federico II di Svevia, Carocci, Roma 2019

FUMAGALLI BEONIO, BROCCHIERI MARIATERESA, Federico II. Ragione e fortuna, Laterza, Bari-Roma 2006.

PANVINI BRUNO (a cura di), I poeti italiani alla corte di Federico II, Liguori, Napoli 1994.

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Written by : Redazione

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