Pochi nomi sono riconoscibili nell’industria videoludica come quello di Roberta Williams. Classe 1953, autrice e progettista, a lei ed a suo marito Ken Williams dobbiamo la nascita della prima avventura grafica della storia: Mystery House.

A questo titolo seguirono molti altri, prodotti dallo studio creato dai coniugi, la On-Line Systems. Questo nome potrebbe risultare sconosciuto, ma sicuramente si riconoscerà quello che assunse nell’82. Sierra Entertainment, dal nome della catena montuosa situata negli stati della California e del Nevada, è infatti la software house responsabile di titoli che attingono a piene mani dal Medioevo e dal medievalismo.

King’s Quest, Lords of the Realm, Quest for Glory, ma senza dimenticare l’adattamento videoludico del film The Dark Crystal, tutti questi titoli devono il proprio successo anche alla ricerca delle fonti storiche ed allo studio dei miti e delle leggende medievali che hanno contribuito a crearne le ambientazioni ed il contesto storico in cui si svolgono le vicende, che vanno da battaglie tra regnanti medievali a vere e proprie saghe fantasy. Ricerca che si può trovare alla base anche di altri titoli che, seppur ambientati nel presente, si affacciano sul mondo dei miti nati nel passato, in primis medievale; mi riferisco ad esempio alla trilogia dedicata al personaggio di Gabriel Knight, in cui il protagonista si ritrova ad affrontare casi legati all’occultismo e ad antiche leggende che noi conosciamo molto bene, come quelle legate ai vampiri o al Sacro Graal.

Un paragrafo va dedicato ad un’opera che, seppur non facente parte del filone fantasy/storico di cui solitamente ci occupiamo, va ricordata in qualsiasi articolo in cui si parla di Williams. Tra i titoli da lei scritti non possiamo non nominare Phantasmagoria, uno dei primi videogiochi ad usare la tecnica del blue screen per portare sullo schermo personaggi in carne ed ossa per poi farli muovere in ambienti disegnati. Il titolo è inoltre famoso per l’ottima scrittura della storia, la presenza di scene aggiuntive nascoste e che necessitano di un forte spirito di esplorazione per essere trovate, e delle sequenze oniriche ed horror che lo contraddistinguono, sequenze di gioco che, soprattutto nell’ultima parte del titolo, possono anche condurre il giocatore alla morte in caso di fallimento durante quelli che oggi chiameremmo “Quick Time Event”. Tra l’altro, Phantasmagoria è anche il videogioco, tra quelli che ha scritto, preferito di Williams.

La storia professionale di Roberta Williams sembrò concludersi nel 1998, quando lei ed il marito si ritirano “ufficialmente” dal mondo videoludico. Pochi anni prima i coniugi avevano venduto Sierra a William Forbes, CEO della CUC International, che ben presto inizio ad escludere i due dalle decisioni creative e manageriali della software house, tanto da spingere prima Ken e poi Roberta ad abbandonare la compagnia. King’s Quest: Mask of Eternity, uscito nel 1998, fu l’ultimo titolo scritto per Sierra.

Ritiratasi a vita privata e con un accordo firmato di non concorrenza per 5 anni, sembrava che la carriera professionale di Williams fosse al termine. Dedicatisi alla famiglia ed ai viaggi intorno al mondo, i coniugi rifiutarono qualsiasi richiesta di ritorno al mondo dei videogiochi da parte di colleghi ed appassionati, a parte una collaborazione con BrandX Games per lo sviluppo di Odd Manor, titolo pubblicato su Facebook e il cui ruolo in fase di progettazione dei due non è mai stato chiaro. Roberta, in particolare, aveva deciso di dedicarsi alla scrittura di Farewell to Tara, romanzo storico ambientato nel 19° secolo e pubblicato nel 2021.

Ed è proprio nel 2021 che Roberta e Ken Williams dichiararono il loro ritorno ufficiale al media che li aveva fatto conoscere al grande pubblico. Cygnus Entertainment, questo il nome scelto per la loro nuova software house, si è dedicata allo sviluppo di Colossal Cave, remake dell’omonimo videogioco del 1976.

Prima avventura testuale della storia, originariamente il titolo era dedicato alla semplice esplorazione di una grotta, in cui il protagonista poteva muoversi inserendo i comandi tramite tastiera, scrivendo quello che voleva fare e leggendo le risposte precompilate dai programmatori. Will Crowther, creatore del gioco, era anche uno speleologo ed aveva deciso di ricreare la Mammoth Cave, nel Kentucky. Ma il successo arrivò l’anno seguente, quando il programmatore ed hacker Don Woods implementò una versione del videogioco inserendo elementi tratti dai giochi di ruolo e dagli scritti di Tolkien.

Il remake scritto da Roberta Williams, rilasciato il 19 Gennaio di quest’anno, è la versione 3D dell’opera di Crowther e Woods. Il risultato purtroppo non è stato all’altezza delle aspettative.

Molte erano le attese, infatti, per il ritorno dei coniugi Williams nel mondo videoludico, accresciuto naturalmente dal titolo che si apprestavano a ricreare. Ma il mondo dei videogiochi è profondamente cambiato rispetto agli anni in cui i due erano in attività, e questo distacco è ben visibile in Colossal Cave. La grafica del gioco è datata, antiquata, non adatta a portare sullo schermo le ambientazioni che una volta erano affidate alla fantasia di chi affrontava le sfide delle avventure testuali e che ora devono invece essere visibili al giocatore. Gli enigmi, a parte poche eccezioni, o sono troppo semplici o hanno soluzioni che non seguono una logica. Ken Williams, durante la programmazione, ha ricreato nell’interfaccia le stesse meccaniche del gioco originale, non adattandole, mantenendo ad esempio la grandezza dell’inventario estremamente limitata ed inserendo comandi eseguibili tramite l’utilizzo del mouse di scarsa utilità (uno su tutti il comando guarda che nell’avventura testuale restituiva una descrizione dell’aspetto dell’oggetto, oggetto adesso ben visibile sullo schermo).

Se il gioco fosse stato presentato come una sorta di omaggio al mondo videoludico che li aveva fatti conoscere ai giocatori, un modo per ripresentarsi alla comunità e ricordare i tempi delle avventure grafiche e testuali, Colossal Cave potrebbe essere tranquillamente considerato un bel tentativo. Realizzato male, ma un omaggio apprezzabile. Purtroppo si tratta di un gioco venduto a 25 euro, più di molti altri titoli realizzati da programmatori in erba e presenti sugli store online. Programmatori privi del curriculum di Roberta e Ken Williams.

Per quanto riguarda i difetti di programmazione ed implementazione delle meccaniche, una soluzione potrebbe essere appoggiarsi a studi indipendenti o assumere giovani sviluppatori, di cui Ken Williams potrebbe fungere da coordinatore o lead designer, favorendone il lavoro con la propria esperienza nella programmazione e creazione, ma lasciandogli carta bianca per quanto riguarda la grafica. Da Roberta Williams invece ci piacerebbe vederla alle prese con trame nuove ed originali, o con riletture delle sue vecchie creazioni. Una delle limitazioni di Colossal Cave può anche essere ricercata nell’essere un’avventura con poco sviluppo di trama e personaggi, elemento già privo nel titolo originale, che non ha quindi permesso alla scrittrice di dare il meglio di sé.

Un ritorno, quello di Roberta Williams, che stavamo e, visto il titolo in questione, stiamo ancora aspettando.

 

Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose […]“ [Garrick Olivander, Harry Potter e la pietra filosofale]

 

 

Dario Medaglia

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Written by : Redazione

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