È un piacere per noi intervistare oggi il Professor Marco Bartoli. Laureato in lettere con una tesi in storia medievale con il Prof. Raoul Manselli nel 1977, è autore di numerosi articoli e monografie sul tema religioso, dalla figura di Pietro di Giovanni Olivi al ruolo delle donne francescane e la santità femminile. Attualmente è Professore associato di storia medievale all’Università della LUMSA e assiduo ospite del Festival del Medioevo di Gubbio, dove lo abbiamo incontrato e abbiamo avuto il piacere di ascoltarlo. Ora approfondiremo con lui i suoi studi.
1) Innanzitutto vorremmo ringraziare il professor Bartoli per averci concesso questa intervista. Iniziamo con una domanda “facile”, cosa L’ha spinta a studiare storia medievale e cosa L’affascina di questo periodo storico?
La storia mi affascina perché aiuta a capire il mondo in cui viviamo. La storia moderna, dal XVI al XX secolo, è stata la storia della conquista europea del mondo. Ma come ha fatto questa relativamente piccola appendice del continente euroasiatico a proiettarsi alla conquista del mondo intero? Per molti secoli, dal III all’XI, l’Europa era stata terra di conquista, oggetto di continue invasioni. Poi, poco per volta, dall’XI secolo in poi, gli uomini e le donne del nostro continente hanno messo le premesse che li hanno portati a conquistare altre terre e conoscere altri popoli. Oggi forse tutto questo è rimesso in discussione e l’Europa non è più il centro del mondo, anche se ha imposto quasi ovunque la sua cultura e i suoi modelli di vita. Non si tratta di dare giudizi, ma di cercare di capire. Il medioevo narra la storia di popoli che lottavano per la sopravvivenza che sono stati capaci di uscire dal loro bisogno endemico e di proiettarsi nel mondo intero. E’ una storia affascinante.
2) I sui campi di ricerca vertono soprattutto sulla vita religiosa e la spiritualità maschile e femminile nel Medioevo, perciò desideriamo chiederLe come mai ha abbracciato questo campo di studi e se è vero che la religione era davvero così pervasiva nella società medievale come siamo soliti pensare?
Quando ho iniziato a studiare il medioevo, come avete detto, ho incontrato dei professori, come Raoul Manselli, per i quali la dimensione religiosa aveva un grande interesse. In seguito questo interesse è andato scemando: si è creduto che le religioni avessero avuto un ruolo marginale nella vicenda del genere umano. Oggi le cose sono cambiate di nuovo: chiunque guarda con attenzione il mondo attuale si rende conto che le religioni possono giocare un ruolo decisivo, nel bene e nel male. Questo era vero anche nel passato. È chiaro che l’Europa medievale è stata segnata in maniera specifica dal cristianesimo, che ha consentito la fusione tra i tre più grandi gruppi di popoli europei: quello latino, quello germanico e quello slavo. Vorrei ripeterlo di nuovo: non si tratta di dare giudizi e tanto meno di rimpiangere una cristianità medievale che è stata ricca di contraddizioni, ma chi non studia il cristianesimo non capisce il medioevo.
3)Normalmente si ha la convinzione che la vita religiosa fosse dominata da personaggi maschili e che alle donne fosse lasciato poco spazio. Non era così, infatti sappiamo che le sante medievali erano numerose e avevano una parte riconosciuta all’interno della società, ci può parlare del ruolo che queste donne avevano all’interno della comunità nel Medioevo?
Le donne nel Medioevo vivevano una vita molto dura, sia dal punto di vista materiale (a loro in campagna erano lasciati i lavori più pesanti, oltre, naturalmente al peso delle maternità e dello svezzamento dei figli), sia dal punto di vista culturale (per molti secoli le donne che avevano accesso alla cultura scritta erano un’infima minoranza). Solo pochissime di loro riuscirono a esercitare un ruolo politico di una certa rilevanza. Eppure, in questa estrema difficoltà, esse seppero lottare per far riconoscere la propria dignità di persone. In molti casi questa lotta approfittò dei pochi spazi che il mondo maschile lasciava loro a disposizione, uno dei quali era certamente il religioso. Per questo è interessante studiare le sante: perché furono tra le donne più audaci e più libere del medioevo.
4) Insieme a San Francesco, un’altra figura protagonista della spiritualità medievale è stata Chiara d’Assisi, capostipite del ramo francescano femminile che ha portato alla formazione delle clarisse. Ritiene che debba essere rivalutato il ruolo che Chiara ha avuto nella storia religiosa medievale? Che lezione possiamo trarre, oggi, dalla santa?
Nel XIII secolo sono state canonizzate 5 donne: erano tutte regine o figlie di re. Solo Chiara era figlia di un piccolo cavaliere di provincia. Non era affatto scontato che fosse innalzata agli onori degli altari. Dopo la morte di Francesco d’Assisi, per 37 anni Chiara ha dovuto lottare molto per vedere confermata la sua forma di vita basata sul Vangelo, che le venne approvata solo due giorni prima della morte. Quando un personaggio storico dà vita a una istituzione che dura otto secoli, dobbiamo dire che è un personaggio importante. E’ questo il caso di Chiara e delle Sorelle Povere, quelle che normalmente vengono chiamate Clarisse.
5)Fra i suoi campi di studio spiccano anche quelli dedicati alla povertà, volontaria e reale, connessa alla figura di Francesco d’Assisi. Può spiegarci la percezione che avevano nel Medioevo riguardo questo tema?
Per tutto l’alto medioevo la società europea fu una società rurale. Il XIII, cioè il secolo di Francesco d’Assisi, fu quello in cui, almeno in Italia, le città tornarono prepotentemente al centro della storia. Tutto questo ebbe delle conseguenze per i gli strati più marginali della società. I poveri in città sono diversi dai poveri in campagna. In campagna tutti erano poveri, e quei pochi che erano più poveri degli altri (vedove, orfani, disabili) erano curati dalla benevolenza dei singoli. In città i poveri diventano numerosi e visibili. La povertà non è più solo un problema di carità, diventa un problema sociale. Il problema per queste persone marginali non è solo economico, ma anche culturale: su di loro pesa un giudizio, una condanna. I poveri sono considerati colpevoli, responsabili della loro stessa povertà o, per usare l’espressione di un bel libro recente, “visibilmente crudeli”. La scelta di Francesco è stata quella di farsi povero e di dire che la povertà è bella. In qualche modo ha così rovesciato i termini di giudizio: quelli che erano disprezzati, come i lebbrosi, vengono proposti come maestri. È frequentandoli che Francesco cambia i suoi criteri di giudizio: quel che gli appariva amaro si trasformò per lui in dolcezza d’animo e di corpo.
6) Oltre a occuparsi di storia religiosa, Lei di recente ha spostato la sua attenzione sul mondo dell’infanzia e vi ha dedicato una monografia “ Santa Innocenza. I bambini nel Medioevo” (Edizioni Paolini, 2021). Come mai ha deciso di scrivere un testo su questo argomento? E com’era vissuta l’infanzia nel Medioevo?
In un mondo che lottava per la sussistenza la vita dei bambini era durissima. La mortalità infantile sotto i cinque anni era elevatissima. Appena erano in grado di aiutare nel lavoro dei campi erano associati agli adulti. 60 anni fa Aries ha scritto che nel medioevo non c’era il “sentimento”, cioè una consapevolezza culturale del valore dell’infanzia. Quel libro ha dato vita ad uno dei dibattiti storiografici più intensi dell’ultimo secolo. Eppure le fonti debbono essere ancora studiate, sapendo che la gran parte di esse sono state scritte da maschi adulti che per di più avevano fatto voto di castità e quindi non erano padri nel senso biologico del termine. Il loro sguardo sull’infanzia ha però condizionato per secoli la vita di generazioni di piccoli esseri umani. Basta pensare che nell’alto medioevo l’unica agenzia educativa in molte aree è stata il monastero, dove venivano accolti i piccoli oblati sin dall’età di sette anni. Ma in monastero si insegnava ai bambini a non correre, non gridare, non ridere, insomma a non essere bambini. Eppure i secoli del medioevo sono quelli in cui, lentissimamente, un nuovo sentimento dell’infanzia alla fine è prevalso. Basta pensare al lessico: in latino infans e pauper sono tutte e due parole negative che designano chi non parla o chi è piccolo, una cosa da poco. In tutte le lingue moderne invece, alla fine del medioevo, appaiono parole molto più affettuose, che probabilmente vengono proprio dal linguaggio dei bambini: in inglese baby, francese bébé, in italiano mammolo, bimbo, bambino, in spagnolo niño…
7)Avviandoci alla conclusione di questa intervista Le vorremmo porre un’ultima domanda: secondo Lei è ancora utile studiare l’epoca medievale, pur essendo tanto lontana dalla nostra? E quale consiglio darebbe ai giovani che stanno muovendo i primi passi verso lo studio della storia?
La storia è la lingua per capire il mondo. Se volete girare il mondo basta che sappiate l’inglese, ma se volete capire il mondo allora dovete conoscerne la storia. Questa è la differenza tra un turista e un uomo di cultura che ama la vita.
8)Infine vorremmo chiederLe se può darci qualche anticipazione sui Suoi progetti futuri.
In questi giorni sono alle prese con un mio corso alla LUMSA che si intitola “Storia della marginalità e della devianza nel medioevo”. Chissà che prima o poi non si trasformi in un volume? Vi ringrazio per le vostre domande e auguro a voi e ai vostri lettori di crescere sempre nello studio degli uomini e delle donne nel tempo.
Ringraziando il Professor Bartoli per questa bella intervista, gli auguriamo il meglio per i Suoi progetti futuri.
Eleonora Morante, Giulia Panzanelli