Oggi aggiungiamo una nuova tessera al nostro mosaico sul medievalismo musicale: vi abbiamo già parlato più volte di Fabrizio de André e di Angelo Branduardi, ma oggi è arrivato il momento di approcciare un altro grande cantautore italiano, Francesco Guccini.

Classe 1940, Guccini può vantare una formazione universitaria in materie letterarie, un passato da giornalista e vent’anni di insegnamento della lingua italiana presso il Dickinson College nella sede di Bologna: esperienze che sottintendono e al contempo rafforzano una proprietà di linguaggio che si può cogliere nei suoi testi. A ciò vanno aggiunti cinque decenni di musica, sedici album e innumerevoli concerti, i quali hanno fatto di Guccini un grande della musica italiana le cui opere riescono a raggiungere ed appassionare più generazioni di ascoltatori, dai coetanei ai giovanissimi.

Focalizzandoci sugli eco medievalisti nelle canzoni di Guccini, un primo passo lo dobbiamo compiere citando la Canzone dei dodici mesi, dell’album Radici (1972): se prima riprende T.S. Eliot (1888-1965) nella strofa dedicata ad aprile, che il premio Nobel definisce “the cruellest month” in The Waste Land (1922, “La terra desolata”), contemporaneamente occhieggiando a Geoffrey Chaucer (1340 ca-1400, da molti considerato il padre della letteratura inglese), che nei Tales of Canterbury, oggi noti come Canterbury Tales (“I racconti di Canterbury”), ci presenta il mese sotto una luce più benevola.

Con giorni lunghi al sonno dedicati

il dolce Aprile viene

quali segreti scoprì in te il poeta

che ti chiamò crudele

che ti chiamò crudele?

Ben venga maggio e il gonfalone amico

ben venga primavera

il nuovo amore getti via l’antico

nell’ombra della sera

nell’ombra della sera;

ben venga Maggio, ben venga la rosa

che è dei poeti il fiore

mentre la canto con la mia chitarra

brindo a Cenne e a Folgore

brindo a Cenne e a Folgore.

A maggio ci siamo spostati in Italia, col toscano Angelo Ambrogini detto il Poliziano (1454-1494) ed il suo componimento Ben venga maggio, dove troviamo i festeggiamenti di Calendimaggio:

Ben venga maggio
e ‘l gonfalon selvaggio!
Ben venga primavera,
che vuol l’uom s’innamori:
e voi, donzelle, a schiera
con li vostri amadori,
che di rose e di fiori,
vi fate belle il maggio,
venite alla frescura
delli verdi arbuscelli.”

Sempre a maggio, nella conclusione della strofa incontriamo altri due artisti del Medioevo italiano, Cenne de la Chitarra, giullare aretino della seconda metà del XIII secolo, e Folgore da San Gimignano, poeta e uomo d’armi dello stesso periodo storico, figure della cui vita si conosce relativamente poco, ma dei quali conserviamo una sorta di letterario: Folgore compose i Sonetti dei mesi, rielaborando il modello della letteratura provenzale detto plazer e proponendo così i lati positivi di ogni mese, e alcuni dei codici che li conservano vi hanno affiancato la risposta irriverente di Cenne, che in forma di enueg elenca i lati negativi.

Trionfo di medievalismo è poi la canzone Don Chisciotte, dall’album Stagioni (2000), che riprende il famosissimo personaggio di Miguel de Cervantes y Saavedra (1547-1616), considerato l’inventore del romanzo moderno. Le avventure del cavaliere e del suo scudiero narrate nel El ingenioso hidalgo Don Quixote de la Mancha (la prima parte del 1605 e la seconda del 1615) sono state oggetto di varie interpretazioni, ma qualsiasi sia la prospettiva che si adotta esse sono parte della reinvenzione del Medioevo e dell’immaginario popolare che ancora oggi permane.

La canzone di Guccini si apre proprio con un riferimento al Medioevo esperito attraverso la lettura, a qualcosa di distante a cui si guarda attraverso una lente che ne sfalsa l’immagine, se ne sia consapevoli o meno.

Ho letto millanta storie di cavalieri erranti,

di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti

per starmene ancora chiuso coi miei libri

in questa stanza come un vigliacco ozioso

sordo ad ogni sofferenza.

Nel mondo oggi più di ieri

domina l’ingiustizia,

ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;

proprio per questo Sancho

c’è bisogno soprattutto di uno slancio generoso,

fosse anche un sogno matto.

Vammi a prendere la sella,

che il mio impeto ardimentoso

l’ho promesso alla mia bella,

Dulcinea del Toboso e a te Sancho

io prometto che guadagnerai un castello

ma un rifiuto non l’accetto;

forza sellami il cavallo!

Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante

e con questo cuore puro,

col mio scudo e Ronzinante

colpirò con la mia lancia

l’ingiustizia giorno e notte

com’è vero nella Mancha che mi chiamo

Don Chisciotte.”

A rispondere nei panni di Sancho Panza è il chitarrista Juan Carlos Biondini, ed il dialogo tra i due vede allinearsi sempre più i pensieri da principio nettamente differenti, mentre la lotta che i due intraprendono viene attualizzata, connessa ai tempi dell’autore.

Ma il medievalismo musicale di Guccini non si esaurisce qui e, come abbiamo fatto per gli altri cantautori affrontati, torneremo a parlarne nuovamente sul nostro sito.

Valérie Morisi

Ph: parte del monumento a Miguel de Cervantes a Plaza de España, dello scultore Lorenzo Coullaut Valera.

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Written by : Redazione

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