“John Thatcher: Vai, cambia le tue stelle e vivi una vita migliore della mia.
William Thatcher: Ma si può fare padre… un uomo può cambiare il corso delle stelle?
John Thatcher: Sì William, se ha fede sufficiente un uomo può fare tutto.”
È questo lo spirito che ci accompagna per tutta la visione del film Il destino di un cavaliere di Brian Helgeland, uscito nelle sale cinematografiche nel lontano 2001. L’uomo può cambiare il corso della sua storia, è lui l’artefice del suo destino ed il suo buon cuore lo aiuterà a realizzare il suo sogno più grande. E quale può essere il sogno di uno scudiero se non quello di diventare cavaliere?
Facciamo la conoscenza del nostro William Thatcher, il protagonista di questo racconto medievaleggiante, in una location classica e molto in voga nel Medioevo: la giostra dei cavalieri. Will è al servizio di Sir Ector, che improvvisamente muore ad un passo dalla vittoria. Ben lontano dall’idea di ritirarsi, il giovane scudiero decide di tentare la fortuna e di combattere al posto del suo padrone.
Come ben si sa “la fortuna aiuta gli audaci” e William vince il suo primo torneo. Possiamo dire che questo è il punto di svolta del percorso che affronterà il giovane cavaliere, accompagnato dai fedeli amici Wat e Roland che, sebbene all’inizio fossero titubanti, diventeranno i suoi più grandi fan. Nel fantastico viaggio che trasformerà Will nel cavaliere che vincerà il fantomatico torneo d’Inghilterra, troviamo davvero molti spunti interessanti e medievaleggianti!
Il primo incontro con il Medioevo storico lo abbiamo nella strada che conduce la combriccola al secondo torneo. Durante il tragitto incontrano un – completamente nudo – Geoffrey Chaucer, scrittore squattrinato e dedito al gioco. Quello che sembrava un incontro fortuito però si trasformerà in un profondo rapporto di amicizia e di aiuto reciproco. Sarà Geoffrey infatti che scriverà le patenti di nobiltà necessarie per partecipare al torneo, presentando il suo padrone non più come William Thatcher ma come Sir Ulrich Von Liechtenstein. E qui abbiamo il secondo incontro con il Medioevo: anche questa figura, come quella di Chaucer, è realmente esistita! Sia Ulrich che Geoffrey nella realtà erano due scrittori, il primo è un poeta tedesco che ha trattato nei suoi scritti il tema degli ideali cavallereschi, mentre il secondo è stata una figura fondamentale per la letteratura inglese, autore dei famosissimi racconti di Canterbury.
Ma non è finita qui, nel viaggio di William e dei suoi amici troviamo altre due figure storiche che nel suo percorso hanno un gran rilievo: il Conte Adhemar di Anjou, rivale in amore e in giostra del nostro caro Will, ed Edward il Principe Nero del Galles, colui che garantirà per la nobiltà di nascita del nostro protagonista investendolo come cavaliere. La figura del Conte si ispira con molta probabilità al cavaliere e trovatore Guillem Ademar, vissuto a cavallo tra il XII ed il XIII sec., mentre Edward è stato il figlio primogenito del re d’Inghilterra Edward III (XIV sec.). Questi due personaggi hanno un ruolo chiave nel film perché ricalcano gli stereotipi medievalisti a cui siamo abituati: l’antieroe aristocratico che però, non essendo nobile d’animo, soccombe davanti alla purezza del vero eroe e, dall’altra parte, troviamo il regnante giusto che alla fine riconosce all’uomo meritevole il ruolo che gli spetta.
Infatti, al termine della storia, il nostro cavaliere non vincerà sotto il nome di Sir Ulrich Von Liechtenstein ma bensì con il suo, Sir William Thatcher a dimostrazione che, è vero, un uomo può cambiare il corso delle sue stelle.
Il destino di un cavaliere è una bella fiaba, ricca di spunti storici e romantici e con colonne sonore memorabili, che ha contribuito a disegnare, dal 2001 ad oggi, il nostro immaginario medievale.
Martina Corona
Per approfondire:
BRIAN HELGELAND, Il destino di un cavaliere, Sony Pictures Releasing, 2001
CAUCHER GEOFFREY, Opere, a cura di Pietro Boitani, Einaudi, Milano 2000.
SHAW IVAN PETER, Edward The Black Prince, in Encyclopedia Britannica
VON LIECHTENSTEIN ULRICH, The Service of Ladies, tradotto da J.W. Thomas, The Boydell Press, Woodbridge 2004.
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