Bertoldo Bertoldino e Cacasenno è una pellicola del 1984 realizzata da Mario Monicelli. Per il regista toscano fu il terzo film ispirato ad un mondo neo-medievale, dopo l’“Armata Brancaleone” e “Brancaleone alle Crociate”. Volgiamo ora un rapido sguardo al cast che comprende attori di primo piano: Lello Arena nei panni di re Alboino, Ugo Tognazzi che interpreta il contadino Bertoldo, Maurizio Nichetti, nei panni di Bertoldino figlio scemo di Bertoldo, Annabella Schiavone che interpreta Marcolfa, moglie di Bertoldo e il mitico e indimenticabile Alberto Sordi nei panni di Fra Cipolla da Frosolone. Inoltre voglio ricordare che Ugo Tognazzi, rimanendo in un contesto neo-medievale prese parte, sempre nell’84, al film “Dagobert” diretto da Dino Risi, nell’interpretazione di papa Onorio e del suo stesso sosia (sosia che non è mai esistito!).
La pellicola ci presenta un Medioevo fortemente stereotipato. Un Medioevo freddo, affamato ed abitato da persone grezze, ingenue e, ovviamente, sporche. La prima scena è iconica: un gruppo di poveracci è ammassato nel cortile del castello, vicino alle cucine reali. Questa marmaglia di plebei cerca di rubare il fumo delle carni cotte, per nutrirsi, anche se si tratta di un reato capitale. Ad un certo punto arriva re Alboino per fare giustizia, perché nessuno si deve permettere di insaporire il proprio tozzo di pane con il fumo delle cucine di sua maestà.
In questo frangente entra in scena il contadino Bertoldo, in sella al suo destriero: un asino. Bertoldo viene accusato di essersi nutrito con il fumo delle cucine, e gli viene quindi intimato il pagamento di un bisante d’oro. Bertoldo prende il bisante e lo fa rimbalzare su una superficie dura per farlo tintinnare e giustifica questo suo gesto in maniera astuta: lui ha rubato il fumo delle carni cotte quindi il re potrà solamente sentire il suono della moneta. Alboino in ascolto, scoppia in una fragorosa risata e invita al banchetto reale Bertoldo che, essendo un contadino, non si trova a suo agio, circondato da tutti quei piatti prelibati. Il film si sviluppa in una lunga successione di queste scene al limite del grottesco come quella che riguarda la famiglia del nostro protagonista, che viene derubata della sua anatra da Fra Cipolla. Il Santone scambia il pennuto con una falsa piuma dell’ “Arcagnolo Gabriello”. Bertoldo ed il figlio Bertoldino, non soddisfatti dell’affare, vanno alla caccia del Santone fino a raggiungere la località di Grottabuia. Qui Fra Cipolla vuole derubare gli abitanti del luogo, ma Bertoldo organizza il furto di una delle tante piume che il santone custodiva; mentre Fra Cipolla sta dormendo, Bertoldo riempie con dei carboni la scatola di legno che le conteneva. Sarà solo l’indomani che il santone si accorge del misfatto, di fronte alla povera e malandata folla che aspettava di vedere la piuma. Messo alle strette è costretto a mostrare i carboni, spacciati anch’essi come reliquia. Per mantenere il segreto della truffa della piuma, il santone concede a Bertoldo metà del ricavato circuito alla povera gente.
In seguito ad alcune vicende, che mostrano allo spettatore un Medioevo credulone e fortemente ingenuo, popolato da una massa di sporchi ignoranti, ritroviamo Bertoldo portato al cospetto di Alboino con l’accusa di furto. Nel frattempo le donne della corte compresa la dama e la figlia del re, decidono di non concedersi più ai loro mariti. In segno di protesta finiranno per indossare una cintura di castità buttando la chiave in un piccolo stagno. Le donne di tutto il regno infatti sono stanche di essere sottomesse agli uomini e di non essere considerate loro pari. Bertoldo quindi per uscire dal carro-cella dove è stato rinchiuso, si mette di nuovo in gioco e consiglia re Alboino di sfidare le cortigiane facendo leva sulla curiosità femminile.
I due uomini vincono la sfida e le cortigiane sono costrette a togliersi la cintura di castità. Bertoldo quindi viene remunerato dal re con uno sfarzosissimo anello. Dopo svariati mesi ed altrettante prove tragicomiche, Bertoldo si presenta di nuovo a corte per riconsegnare l’anello al re poiché gli aveva portato tanta sfortuna.
Tuttavia c’è un piccolo problema. Bertoldo per custodire l’anello lo aveva ingoiato e pertanto è costretto a riconsegnarlo alla regina in mezzo ai propri escrementi. Bertoldo in seguito a questa offesa arrecata alla regina, viene condannato all’impiccagione ed esprime un ultimo desiderio: essere appeso all’albero che lui stesso sceglierà. Quindi il villano ed i suoi boia iniziano ad errare per mesi e mesi, alla ricerca di un albero adatto. Il contadino fa ritorno e con un coupe de théatre mostra un albero nano, dichiarando di voler essere impiccato proprio lì.
Il re, che era caduto in una fortissima depressione, scoppia in una fragorosa risata, guarendo. Come ricompensa Bertoldo viene innalzato al grado di barone; però la vita di corte non fa per lui in quanto costretto a mangiare cibi aristocratici mentre il suo stomaco era abituato a rape e fagioli e di conseguenza inizia a star male. I medici di corte riusciranno a salvargli la vita? Arrivati a questo punto vi consiglio di guardare il film per scoprire il finale.
Andrea Feliziani