Nel corso del XIX secolo, con la nascita dei nazionalismi, la domanda che spesso ci si poneva, all’interno di  ristretti circoli intellettuali, era una ed una soltanto: Carlo Magno era francese o tedesco?  Questo, come abbiamo già avuto modo di vedere per altri periodi storici, ha generato una serie di interpretazioni sulla sua figura.

Per rispondervi a dovere devo fare un piccolissimo preambolo. Il nazionalismo tedesco prende forma in quel processo chiamato “La nazionalizzazione delle masse”, studiato a fondo, nell’omonimo saggio, dallo storico George Mosse. Il sottotitolo dell’opera “Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1812-1933)”, ci fornisce la cifra della complessità di questo studio.

Il retroterra storico e culturale, che fa da base a queste riflessioni intellettuali sulla figura del sovrano franco, era ben delineato.

In seguito alla sfacelo del Sacro Romano Impero e alla costituzione della Confederazione del Reno, che ne prese il posto (con l’esclusione dell’Austria e della Prussia) si mise in moto uno sviluppo degno di nota:  in questo contesto dei nobili prussiani come Heinrich Friedrich Karl von und zum Stein (1804-1808), che ricopriva anche la carica di segretario di Stato generale prussiano, foraggiò dei circoli culturali per costituire un’identità tedesca, che affondasse le proprie radici in un  passato legittimante, quello germanico, per reagire all’occupazione francese!

Da un punto di vista pratico però, la rivolta culturale, che portasse ad una netta azione politica, mediante la costituzione di una identità nazionale presentava delle forti zone d’ombra. In particolare mi riferisco alla lingua e ai confini nazionali. Infatti questa intellighenzia si trova davanti ad un bel dilemma: siamo di fronte a una nazione tedesca dai confini poco definiti dato che, se questa si cementava nell’identità linguistica, solamente il 25 % dei territori del Sacro Romano Impero era abitato da genti di lingua tedesca. Un bel problema.

Questo processo che ho brevemente sintetizzato e per il quale rimando al testo di Patric GeryIl mito delle nazioni”, porterà dopo l’unificazione tedesca del 1871 con la nascita del Secondo Reich tedesco (in seguito alla sconfitta del Secondo Impero francese nella battaglia di Sedan del 1870), a una serie di interpretazioni storiografiche sulla figura di Carlo Magno. Ritorniamo quindi, alla domanda di partenza: il sovrano carolingio, era francese o tedesco?

Proprio nel 1871 la storiografia prussiana aveva celebrato l’imperatore franco come il fondatore della dinastia degli Hoenzollern che, riuniti intorno a Guglielmo I di Prussia, avevano a loro volta fondato, o meglio rifondato, il Reich tedesco. Quindi siamo di fronte ad un Carlo Magno a forte trazione tedesca. Mentre in area germanica accadeva questo, in area franca si manifestava un processo opposto: la figura di Carlo Magno iniziava a creare dei problemi all’opinione pubblica, al seguito della sconfitta di Napoleone a Waterloo.

In Germania, invece, questo sentimento positivo nei confronti di Carlo Magno mutò nei primi anni del XX secolo. Infatti l’idea di un Carlo Magno germanico era difficile da far accettare per due motivi. In primis era considerato un imperatore romano e sacro, quindi associabile al cristianesimo. Questa diversa valutazione ebbe una vasta eco in seno alla letteratura popolare neopaganeggiante ed anche il consenso di alcuni storici.

Questa situazione, si infrangeva sugli scogli dell’esaltazione del Volk tedesco, da considerarsi come una comunità culturale ed etnica. Il “bagno di sangue di Verden” ad esempio, nel quale Carlo Magno fece tagliare la testa a 4500 sassoni imprigionati, mal si conciliava con questi ambienti, quindi si arrivò a premiare la figura di Viduchindo, capo dei Sassoni.

Nel 1930, un noto ideologo neopagano, Alfred Ernst Rosenberg, pubblicò “Il mito del XX secolo”, testo messo all’indice dalla Chiesa cattolica nel 1934. Il mito di Carlo Magno dopo la pubblicazione del saggio di Rosemberg, sembrò non avere più scampo: infatti, all’interno  delle SS, venne promosso il culto del re sassone (Viduchindo) ed il sovrano franco fu etichettato come Karl de WestFrank: Carlo dei Franchi orientali, il francese. Un’onta in pratica. Inoltre nel 1935 l’architetto Wilhelm Hibboter realizzò, nel presunto luogo dell’uccisione dei sassoni, un monumento artistico.

Quindi all’interno del partito nazista, le tendenze ideologiche non erano univoche, coesistendo posizioni divergenti; a conferma di ciò, basta citare il saggio “Karl de Gross or Charlemagne”, pubblicato nel 1935 da sei professori tedeschi. In questo caso si cercò di rivalutare, o meglio riproporre le idee del 1871 ovvero di un Carlo Magno padre della patria tedesco, di un Karl de Grosse quindi. L’imperatore era presentato come l’ariano tipo: biondo, di bell’aspetto, imponente, ed in conflitto contro l’area slava. Da ricordare che due degli otto saggisti erano iscritti al partito nazista e, inoltre, proposero la relazione di un documento che doveva giustificare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’invasione ad est ai danni dell’URSS e la conquista dello spazio vitale.

Le tendenze politiche ed ideologiche degli otto erano divergenti; ad esempio Naumann aveva un rapporto contraddittorio col nazismo, tanto che si iscrisse al partito e, successivamente, per questioni legate al licenziamento di un professore non compiacente al regime, fu costretto a fuggire in Svizzera, pur continuando ad essere infatuato dalla figura di Hitler; inoltre dovette sopportare la morte dei figli in guerra ed il processo di denazificazione, che ebbe  come diretta conseguenza la perdita della cattedra universitaria.

Ma quali erano le considerazioni dello stesso Hitler nei confronti del sovrano Franco? Nel 1935 al raduno di Norimberga Hitler esaltò le stirpi medievali che costruirono la Germania; prudentemente non menzionò, pero, Carlo Magno. Questo atteggiamento si deve non tanto al fatto che non ne fosse affascinato, quanto piuttosto alla consapevolezza delle differenti tendenze in seno al suo partito, come abbiamo visto.

Quasi dieci anni dopo, nel 1943, dopo 1100 anni dalla dissoluzione dell’Impero Carolingio (943, trattato di Verdun) negli ambienti propagandistici nazisti si iniziò a vociferare che ora un nuovo unificatore dell’Europa era tornato. Quell’unificatore era, appunto, Adolf Hitler!

Come già detto più volte, la figura di Carlo Magno subisce molte rivisitazioni. Dopo il ‘45, paradossalmente, Carlo Magno fu “usato”, dalle forze democratiche che volevano riunificare l’Europa distrutta dalle due guerre mentre, nel periodo precedente, ebbe meno fortuna, in una sorta di repulsione nei suo confronti da parte dei francesi, e di poco coinvolgimento da parte dei nazisti!

Siamo quindi di fronte al mito di un personaggio storico imponente anche e soprattutto per le stratificazione del mito stesso, un mito che si adatta, si trasforma in continuazione e viene riproposto in vesti differenti a sostengo di ideali politici antitetici. Carlo Magno è quindi un mito fortemente eclettico.

 

Andrea Feliziani

 

 

Per approfondire:

BARBERO ALESSANDRO, Interpretazioni di Carlo Magno nella crisi della democrazia tedesca (1933-1949), pubblicato in formato digitale su Reti Medievali;

MINOIS GEORGE, Carlo Magno. Primo europeo o ultimo romano, Salerno Editrice, MMXII Padova;

GEARY PATRICK, Il mito delle nazioni. Le origini dell’Europa medievale, Carocci Editore, 2019, Fano (PU).

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Written by : Redazione

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