Oggi noi di Medievaleggiando abbiamo il piacere di intervistare il professore Marco Cursi. Laureatosi in paleografia latina, all’Università di Roma La Sapienza, con uno dei massimi studiosi di questa materia, da poco scomparso, Armando Petrucci, successivamente ha proseguito i suoi studi ottenendo il diploma di specializzazione in Paleografia greca presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica.

Negli anni 2004-2017 è stato ricercatore, con incarichi di insegnamento in Paleografia latina e Codicologia, presso l’Università La Sapienza. Ad oggi ricopre il ruolo di docente ordinario di Paleografia latina presso l’Università Federico II di Napoli.

 

1) Buongiorno Professore, La ringraziamo per essere qui con noi oggi. La prima domanda è di carattere personale. La sua attività di ricerca riguarda la paleografia e la codicologia. Cosa l’ha spinta a intraprendere questo percorso? Cosa l’ha affascinata? 

Se ripenso al mio percorso universitario, devo dire che è stato piuttosto tortuoso: prima pensavo di laurearmi in lettere classiche, poi, al secondo anno, ho virato sulla storia medievale e all’inizio del terzo anno stavo per concordare l’argomento della tesi con la Professoressa Pásztor; poi, però, c’è stato un evento che ha scombinato tutti i miei piani, ovvero ho cominciato a seguire le lezioni di paleografia. Lì è successo l’imprevedibile, sono rimasto molto affascinato oltre che dalla disciplina dalla persona di Armando Petrucci. Mi ricordo di queste lezioni nell’aula di paleografia, piena all’inverosimile, con ragazzi di diverse età. Ricordo l’entusiasmo che metteva nelle sue spiegazioni e soprattutto ho ben presente una sua grande virtù: la capacità di rendere semplici cose molto complicate. Petrucci era convinto del fatto che la ricerca e la didattica sono due attività strettamente legate tra loro e aveva una grande capacità di far lavorare gli studenti in gruppo, rendendoli una piccola comunità scientifica. In quel momento al centro dei suoi interessi di studio c’era il tema dell’autografia autoriale; così io che avrei dovuto laurearmi con una tesi su Bernardo di Chiaravalle, mi ritrovai ad occuparmi di Boccaccio e del Decameron

 

2) In molti non conoscono né la codicologia né la paleografia e quanto siano utili per lo studio del Medioevo. Potrebbe parlarci un po’ di queste due discipline? Perché, secondo Lei, è necessario studiarle ancora oggi? 

Allora, la paleografia potrebbe essere definita come la storia della scrittura, o per meglio dire delle scritture, che si sono susseguite dall’antichità romana all’invenzione della stampa, a seguire la manualistica: questa visione, però, è un po’ riduttiva, visto che la disciplina si occupa di produzione, forme e usi della scrittura in una certa società e in un certo tempo.

La codicologia, invece, tenta di ricostruire la storia e le modalità di confezione dei contenitori che sotto varie forme (rotolo, codice, tavoletta) hanno permesso la trasmissione e la conservazione di testi letterari e non.

Al di là delle definizioni, comunque, ciò che più conta è che entrambe sono discipline indiziarie, che ci pongono problemi concreti – quando e dove è stato prodotto quel codice? Cosa c’è scritto? Come è stato fatto? Chi lo ha copiato? A chi era destinato?

Sia gli studi paleografici che quelli codicologici richiedono un approccio in prima persona agli oggetti che vengono studiati. In questo senso, in un’epoca di fake news, il loro studio ci fa comprendere che se vogliamo capire un fenomeno storico e culturale in profondità, dobbiamo assolutamente svolgere indagini di prima mano.

C’è un paragone a questo proposito molto bello, proposto proprio da Armando Petrucci in un suo libro: non si può cacciare il leone nella biblioteca di casa, per cercare bisogna partire, entrare nel suo ambiente, bisogna andarlo a scovare nel luogo dove vive e là lo incontreremo, faccia a faccia. 

 

3) I suoi studi sono dedicati alla storia del libro, in particolare quello manoscritto, e a questo proposito qualche anno fa ha scritto un volume dal titolo Le forme del libro. Dalla tavoletta cerata all’e-book, Il Mulino 2016, già dal nome possiamo capire di che cosa tratta, ma potrebbe fornirci una breve panoramica su questo testo, sull’evoluzione dei supporti per la lettura?

Studiare le forme del libro significa tentare la costruzione di un percorso incentrato sui mutamenti che questo oggetto ha avuto nel corso del tempo, prendendo a riferimento la sua materialità; mettere a fuoco le prassi che segnarono la produzione delle diverse tipologie librarie – la tabula, il rotolo, il codice, il libro a stampa, fino all’e-book reader – puntando l’attenzione soprattutto sul contesto socio-culturale in cui esse si collocavano e sulle figure professionali impegnate nelle diverse fasi di produzione e preparazione. Un certo spazio, poi, è dato anche ai mutamenti che hanno caratterizzato le pratiche di composizione autoriale e le modalità di percezione e di circolazione fra i lettori.

Il punto di partenza e quello di arrivo si possono riscontrare in due oggetti paradossalmente molto simili tra loro: la tavoletta cerata e il tablet. In questo itinerario vi sono naturalmente alcuni punti di snodo; i più importanti sono probabilmente due: il passaggio cruciale dal rotolo al codice, che cominciò più o meno intorno al I sec. d.C. e trovò conclusione soltanto nel IV-V secolo; l’invenzione del libro a stampa, avvenuta nel pieno Quattrocento, segnata da momenti di rottura ma anche di continuità nei confronti della civiltà del libro manoscritto. 

L’ultima parte del volume è dedicata ai mutamenti di prospettive introdotte dall’avvento dei libri digitali, che ha di fatto completamente spezzato il binomio secolare tra il piano del “testo” e quello del “libro”. Ogni e-book è apparentemente uguale all’altro nella resa materiale, visto che lo strumento di lettura viene acquistato una sola volta e utilizzato di seguito per la trasmissione e la memorizzazione di libri molto diversi tra loro; volumi tradizionalmente caratterizzati da connotazioni fisiche molto diverse vengono così ingabbiati all’interno del medesimo contenitore testuale. Si può ipotizzare che la sempre più ampia diffusione della scrittura e del libro elettronico e la proporzionale diminuzione delle pratiche di scrittura autografa determineranno profondi cambiamenti non soltanto nel modo di leggere, ma anche in quello di scrivere (e in definitiva, di pensare) delle future generazioni degli autori e dei lettori.

C’è da chiedersi se il libro cartaceo è destinato all’estinzione o se troverà un suo spazio vitale, rimanendo un oggetto insostituibile. Naturalmente è molto difficile fare previsioni al riguardo. 

 

4) A tal proposito avremmo una curiosità: esiste una vera e propria differenza cognitiva tra leggere e apprendere su un libro cartaceo piuttosto che su un e-book reader? 

Devo dire che, pur non essendo stata prodotta molta bibliografia al riguardo, c’è concordia sul fatto che ci siano più difficoltà di memorizzazione quando si viene a contatto con un testo elettronico. Alcune indagini condotte di recente hanno rilevato che la maggior parte della popolazione studentesca preferisce utilizzare la scrittura su carta poiché garantirebbe una migliore percezione dei contenuti e un miglior uso della memoria; quanto alla lettura di diletto sinceramente non saprei. Personalmente devo dire che ho molto piacere a mantenere una biblioteca fisica per varie ragioni, non ultima quella che vedendo un libro conservato in uno scaffale non corro il rischio di dimenticare di averlo comprato (come spesso avviene per i testi elettronici)!

 

5) Fra le sue specializzazioni spiccano le figure di Leonardo Da Vinci, Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca. Come mai ha deciso di focalizzarsi su questi personaggi? Che cosa li rende affascinanti ai suoi occhi?

Rispondere a questa domanda non è semplice, poiché siamo dinanzi a tre giganti della storia della letteratura, della scienza e più in generale della cultura scritta. 

Di Petrarca mi affascina l’amore per la lettura, da lui più volte presentata come una delle esperienze più importanti che possiamo compiere nella vita; in una lettera a Boccaccio, del resto, afferma di aver letto mille volte autori come Virgilio o Orazio, fino a farli diventare carne della sua carne e sangue del suo sangue!

Di Boccaccio amo lo sperimentalismo inesauribile e anche quella che, in un recente intervento, ho definito la sua ars combinatoria, ovvero la ricerca e la capacità di compiere un’azione culturale connotata da un istintivo senso di apertura verso tutte le tradizioni letterarie e grafiche e da una grande capacità di sintesi. Da qui la sua attitudine a divenire un vero architetto di codici, capace di realizzare operazioni grafico-librarie fortemente innovative e ricche di significati simbolici: un esempio è la straordinaria silloge chigiana conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, un libro in cui di fatto viene allestito il primo canone della letteratura italiana.

Passando a Leonardo, mi è venuta subito in mente l’immagine di un ricercatore sempre curioso: di lui mi sorprende soprattutto l’abitudine di stare sempre con la penna in mano, volgendo una continua attenzione a tutto ciò che lo circonda. Mi pare particolarmente affascinante un episodio accaduto intorno al 1505, quando egli cominciò a compiere una serie di annotazioni sul volo degli uccelli tramite uno strumento di solito utilizzato per il disegno a punta secca, la cosiddetta “pietra nera”, per poi ripassarle a penna d’oca e inchiostro una volta tornato nel suo studio. La scelta di quell’inconsueto strumento di scrittura fu dovuta probabilmente al carattere estemporaneo di quelle osservazioni, che richiedevano una grande velocità di esecuzione.

Mi piace immaginarlo, allora, mentre, ormai avanti con gli anni, tiene in mano la matita nera e con fulminea rapidità annota su quel piccolo taccuino le sue riflessioni, inseguendo il sogno di volare. 

 

6) La storia ci permette di conoscere le figure del passato spesso solo attraverso le loro gesta, tramite le azioni che hanno intrapreso durante la loro vita, ma a suo giudizio dalla scrittura viene fuori la personalità di chi scrive? È possibile leggere l’uomo dalle sue abitudini grafiche? 

L’esame di una scrittura è sempre altamente significativo, specialmente quando si ha a che fare con autori che ci consentono di cogliere le prassi compositive che si nascondono dietro alle loro opere. Per poterlo fare però sono necessarie due condizioni, entrambe di difficile attuazione: in primo luogo un autore deve aver programmato la conservazione dei propri materiali autografi; secondariamente, le sue carte debbono essere giunte fino a noi superando indenni i rischi della dispersione. Quando ciò accade, possiamo entrare realmente nel laboratorio di uno scrittore: l’esempio più significativo al riguardo viene sicuramente dal codice degli abbozzi Vat. lat. 3196, che raccoglie una serie di fogli sciolti che erano conservati sul tavolo di lavoro di Petrarca, poi legati all’interno di un volume in una sorta di album; uno straordinario contenitore testuale, che pur essendo notissimo, attende ancora uno studio sistematico delle varie fasi di elaborazione grafica e testuale.

 

7) Andando nel particolare recentemente è stata pubblicata una sua monografia su Leonardo Da Vinci, Lo specchio di Leonardo. Scritture e libri del genio universale, Il Mulino 2020. Quali sono gli aspetti salienti della scrittura di Leonardo che è riuscito ad estrapolare durante la sua ricerca? 

Nel caso di Leonardo abbiamo una grande quantità di carte giunte fino a noi, che ci consentono di seguirlo nel suo ritmo di lavoro quotidiano. Questa eccezionale attenzione alla conservazione è dipesa dalla grandezza del personaggio, considerato straordinario dai suoi contemporanei mentre era ancora in vita.

Nel volume ho tentato di ricostruire le relazioni che egli ebbe con lo scrivere e, più in generale, con i libri. Dapprima mi sono occupato della sua formazione grafica, nella quale ebbero un ruolo decisivo alcune importanti figure parentali: il nonno Antonio, che dopo aver svolto l’attività di mercante si ritirò a Vinci; lo zio Francesco, con il quale Leonardo ebbe un rapporto di particolare affetto; il padre Piero, importante notaio a Firenze. Confrontando le principali caratteristiche delle scritture dei congiunti di Leonardo con la mercantesca vinciana, emergono sicuri punti di contatto, che lasciano intendere che la sua prima educazione grafica avvenne sicuramente in casa. In seguito ho svolto un esame piuttosto approfondito della scrittura di Leonardo, nei suoi aspetti morfologici ed esecutivi. Naturalmente un certo spazio è stato concesso al problema del suo singolare orientamento: come universalmente noto, infatti, egli non scriveva da sinistra a destra, ma da destra a sinistra. Sorprendentemente vi sono però anche parecchie testimonianze, all’incirca una settantina, in cui, al contrario, Leonardo scelse di fare ricorso alla comune direzione di scrittura; esse vengono analizzate dettagliatamente, cercando di comprendere le motivazioni che lo spinsero a infrangere la norma grafica che egli stesso si era dato.

Infine l’ultimo capitolo è dedicato ai libri, con delle considerazioni di carattere codicologico, ed anche alla sua biblioteca, di cui si è occupato anche Carlo Vecce in un bellissimo volume uscito recentemente. 

 

8) Ricordiamo, lei è docente ordinario all’Università Federico II di Napoli e in questa città ha contribuito a fondare la Scuola di alta formazione in “Storia e filologia del manoscritto e del libro antico”, che dà nuova vita alla Biblioteca dei Girolamini, a lungo rimasta chiusa e derubata di parte del suo patrimonio. Quale ruolo sociale pensa che possa avere la Scuola per la città e per la valorizzazione del patrimonio librario italiano?

Dunque, per me la Scuola di alta formazione dei Girolamini costituisce una straordinaria esperienza, sia dal punto di vista della didattica che della ricerca scientifica: abbiamo un gruppo di venti allievi che hanno la possibilità di studiare il libro manoscritto e i più antichi libri a stampa accedendo al patrimonio librario lì conservato, compiendo la loro attività di studio direttamente sugli originali. Sono davvero felice di poter avere una parte attiva in questo progetto, di cui è ideatore e animatore un collega e grande amico, Andrea Mazzucchi, docente di Filologia italiana all’Università “Federico II”, cui sono molto grato perché mi ha consentito di lavorare a contatto con giovani motivati pieni di curiosità e amore per la ricerca.

Sul ruolo sociale, il complesso dei Girolamini, proprio in ragione della vicenda di spoliazione che lo ha visto coinvolto qualche anno fa, è un simbolo di rinascita: l’avvio della Scuola segna un momento di riscatto non soltanto per questo luogo, ma per tutta la città. Per questo motivo, in sinergia con la Direzione, abbiamo curato una serie di iniziative per far conoscere ai napoletani questo grande patrimonio librario, storico-artistico e archeologico, facendo del Girolamini un luogo che, pur conservando reperti che provengono dal passato, si apre anche al futuro, diventando non solo un simbolo di conservazione ma anche di trasmissione viva della cultura e di aggregazione culturale. 

 

9) In ultimo, Le andrebbe di parlarci dei suoi progetti futuri? Pensa a nuove pubblicazioni? 

Tra i progetti a breve termine, ho in preparazione alcuni interventi che verranno proposti in occasione di convegni per l’ormai imminente 2021 dantesco.

Per quanto riguarda i progetti a lungo termine, sto lavorando ad un censimento dei codici del Canzoniere di Petrarca – più di cinquecento – insieme ad un agguerrito gruppo di ricerca che comprende docenti di varie università italiane. Un progetto di interesse nazionale, che speriamo di riuscire a completare in un tempo di tre anni.

Passando a progetti meno definiti, mi piacerebbe intraprendere un percorso di studio delle prassi di composizione autoriale dal medioevo fino alla contemporaneità, arrivando anche ad autori dei nostri giorni; infine, vorrei tornare ad occuparmi del “mio autore”, Giovanni Boccaccio, pubblicando una monografia cui sto lavorando da tempo insieme a Sandro Bertelli, un collega che, oltre ad essere un valentissimo paleografo, è anche un grande amico.

  

Ringraziando il professor Cursi per averci dedicato il suo tempo, gli auguriamo il meglio per i suoi progetti futuri.

 

Filippo Mariotti

Eleonora Morante

Giulia Panzanelli

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Written by : Redazione

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