Non è facile ricostruire i balletti medievali, in quanto le fonti che ne riportano qualche testimonianza sono poche e frammentate. A questo si aggiunge che la musica, in quest’epoca, veniva riportata su un tetragramma – rigo musicale a quattro righe- dunque ricostruire le melodie è arduo. Parte della ricostruzione dei movimenti e delle coreografie è possibile tramite l’analisi del materiale iconografico e comparando le musiche. I manoscritti più famosi, che contengono le musiche delle danze, sono: il Manoscritto di Londra (London, British Library, Additional 29987: redatto in Italia, nel sud della Toscana o in Umbria, tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV) che contiene una raccolta di “Istampitte” o “Estampide”, “Saltarelli”, “Trotto”; o le Cantigas de Santa Maria di Alfonso X “El Sabio” (1221-1284), re di Castiglia e Leon e imperatore del Sacro Romano Impero dal 1257 al 1275, che contengono alcune danze popolari.
Le danze medioevali riprendono molte tematiche su cui si costruivano i balli popolari del passato come la fertilità, le nozze, i raccolti e la morte. Tra il popolo continuavano a esistere danze in maschera, o in qualche modo legate a feste pagane o riti magici, mentre tra le classi più elevate la Chiesa pian piano riuscì a modificarne le abitudini. Data la scarsa considerazione che si aveva del corpo nella mentalità cristiana del Medioevo i balli troppi viscerali erano considerati manifestazione di follia. D’altra parte è importante ricordare che per la religione cattolica i balli furono fondamentali: è proprio grazie a questi che si riuscì a irrompere con il sacro nella vita di tutti i giorni. Si realizzavano, infatti, balli per la commemorazione dei defunti, i cosiddetti “danse macabres”, o anche le danze “furiose” per l’invocazione dei santi. Un caso particolare erano le “feste dei folli” ovvero quell’insieme di cerimonie che nel XII secolo uomini di chiese compivano per celebrare l’anno nuovo. Lo storico francese Jacques Heers, nello sup studio portato avanti nel 1983 su tali celebrazioni, nota che spesso a seguito delle funzioni nelle cattedrali si terminava con giochi o danze, forse come naturale continuazione dei Saturnali romani.
Intorno al XIV secolo le danze si trasformano da danze popolari a danze di corte, con una semplice e unica accezione ludica. Si perdono così la coralità dei balletti, che sono realizzati non più in gruppi ma prevedono una coreografia per due massimo tre persone e si riduce al minimo il contatto fisico, spesso solo l’unione delle mani, per rispettare anche l’ideale di amor cortese. Le varie tipologie di danze medioevali erano: la ballata, in file; il rondò ovvero una danza in cerchio; Virelai che prevedeva movimenti di torsione; carola anche questa in cerchio; Estampie, su cui c’è ancora dibattito il riguardo alla possibilità che sia solo una tipologia musicale o anche un balletto (Curt Sachs, etnomusicologo e organologo tedesco autore di World History of the Dance, sostiene che il termine significhi “battere i piedi” dunque sostenendo la possibilità che sia di fatto anche una danza) ; Saltarello, tipico dell’Italia centrale è prevalentemente un ballo di coppia ; Tresca, anche questa tipicamente italiana, probabilmente è la forma originaria della farandola considerata una danza popolare provenzale e presenta somiglianze anche con la tarantella. Nel XV secolo invece troviamo la basse danse/bassa danza come tipico ballo di corte a coppie e la Tarantella.
La forma più documentata è la carola, realizzata sia nelle corti che negli ambienti rurali: è costituita da due gruppi di danzatori che si tengono per mano formando un cerchio; c’è poi un capogruppo che conduce la danza e il canto, mentre gli altri ripetono solo il ritornello. Purtroppo però non si hanno testimonianze dei testi delle canzoni usate per le carole. Ma di questa danza ritroviamo testimonianza anche in alcuni testi di Chrétien de Troyes nel suo ciclo arturiano: Nella scena del matrimonio in Erec e Enide (circa 1170):
(FR) «Puceles carolent et dancent,
Trestuit de joie feire tancent.»(IT) «Pulzelle carolano e danzano
a gara la gioia mostrando.»
Nel Lancillotto o il cavaliere della carretta, (probabilmente alla fine del decennio 1170-1180) in un prato dove vi sono cavalieri e signore, si fanno vari giochi mentre:
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In quello che è probabilmente l’ultima lavoro di Chretien, Le Roman de Perceval ou le conte du Graal, probabilmente scritto nel 1181-1191, troviamo che:
“Uomini e donne danzano in tondo per ogni strada e piazza”
e successivamente nell’ambiente di corte:
“La regina… aveva con tutte le sue dame unite per mano nella danza ha dato il via al divertimento. In suo onore iniziavano i loro canti, danze e girotondi”.
Roberta Borzillo
Per approfondire:
TESTA ALBERTO, Storia della danza e del balletto, Gremese editore 2005