Questo è il terzo ed ultimo capitolo della trilogia sulla migrazione unna connessa ai cambiamenti climatici. Qui potete trovare i link al Primo e al Secondo articolo. In questo caso, avvalendomi della recente bibliografia, ho analizzato il funzionamento delle popolazioni delle steppe, tra i quali c’erano anche gli Unni per poi trarre delle conclusioni, avvalendomi della più recente bibliografia.
Le popolazioni semi-nomadiche dell’Asia centrale vivevano in una striscia di terra pianeggiante: la steppa, che si estendeva dall’Ungheria fino alla Cina. Questa regione confina a nord con la Taiga mentre a sud di essa si trova l’Impero Sasanide, ad ovest i regni goti del Mar Caspio e ad est l’Impero Cinese.
Riguardo l’organizzazione sociale di queste popolazioni, il tema venne affrontato nel 1928 da J.B. Bury. Lo storico inglese sostenne che l’invasione degli Unni e degli Alani in Europa centrale, fosse da considerarsi come il naturale prolungamento del loro circuito economico.
Ad oggi questa teoria è stata confutata da archeologi come Roger Cribbs. Lo studioso britannico ha sostenuto che i nomadi delle steppe seguano un circuito nomade stagionale ben preciso; per avvalorare questa tesi sono stati osservati i Kahzari, popolazione nomade prima di divenire stanziali sotto il dominio di Stalin. Essi si muovevano in un circuito annuale di 75 km.
Quindi il repentino cambiamento di un dato circuito nomade, potrebbe essere imputato alla scarsità di risorse a disposizione del gruppo che vi risiede, forse innescato da un deterioramento ecologico che, a sua volta, ha innescato una lotta tra vari gruppi. Nel corso del IV secolo, come abbiamo già visto nei precedenti articoli, nella steppa euroasiatica qualcosa stava di certo accadendo.
Una possibile soluzione alla questione ci viene presentata da Edward Cook che ha rivolto la sua attenzione alla climatologia storica della steppa euroasiatica. I modelli matematici da lui utilizzati dimostrano che tra il 350 ed il 375 viene evidenziata una siccità senza precedenti che insistette nell’intera regione.
E’ quindi possibile che, le migrazioni che interessarono l’Europa centrale, siano state causate da una siccità che ha impedito l’accaparramento di risorse per il sostentamento degli esseri umani e degli animali.
A seguito di ciò queste popolazioni hanno preso una decisione importante: quella di diventare dei migranti ambientali. Spostarsi per sempre e trovare delle regioni più fertili: in questa maniera gli Unni, nel 375, proprio come diceva Ambrogio, si sono scontrati con gli Alani e poi con i Goti.
Una parte della storiografia ritiene possibile questa ipotesi. Se volgessimo lo sguardo al presente, è possibile riscontrare una forte influenza del clima nel modellamento della società in ogni suo aspetto.
Un esempio può essere rappresentato dalla serie di inondazioni verificatesi nel 2011 in Asia, che colpirono in particolare la Tahilandia, il Pakistan e la Cina. Esse causarono la dispersione di decine di milioni di migranti ambientali che per la maggior parte rimasero senza abitazione; per non parlare della recentissima siccità che sta vivendo, anche in toni drammatici, il nostro Paese!
In Africa molte popolazioni stanno portando avanti battaglie contro il global warming. Infatti il deserto mette in crisi le deboli strutture agricole della fascia terrestre del Shael Africano tanto che si sta parlando, da qualche anno, della Grande Muraglia verde: un progetto immenso, che prevede la lotta all’avanzamento del deserto stesso.
A differenza del IV secolo il mondo contemporaneo possiede consapevolezze circa le implicazioni del cambiamento climatico. Se le politiche lo permettessero sarebbe possibile intervenire relativamente in tempo cercando di salvaguardare, per quanto possibile, il Pianeta.
Anche se non possediamo dati certi circa i cambiamenti climatici, come motore della migrazione unna, seguendo gli studi citati è possibile considerarlo un fattore determinante del loro spostamento permanente. Inoltre, questo caso, non è l’unico che riguarda delle forti instabilità climatiche del periodo medievale, come quello connesso all’anno 536 considerato, da alcuni, il più freddo del Medioevo.
In foto potete ammirare l’affresco della Stanza di Eliodoro, nel Palazzo Pontificio in Vaticano. Realizzato tra il 1514 ed il 1521 (sotto il pontificato di Leone X) da Raffaello Sanzio, raffigura l’incontro tra papa Leone Magno e gli Unni sul Mincio.
Andrea Feliziani
Per approfondire:
CARDINI FRANCO, Alle radici della cavalleria medievale, Il Mulino, Bologna 2014.
COOK EDWARD, Megadroughts, and the invasion of late-Roman Europe by The Huns and Avars, in The Ancient Mediterranean Environment between Science and History , Brill, Boston 2013.
GALETTI PAOLA, Uomini e case nell’Occidente medievale, Laterza, Urbino 2020.