Il pellegrino Dante dopo la terribile visione del Signore delle Tenebre, raccontata nel canto XXXIV della prima Cantica, ascende insieme alla sua guida Virgilio nel secondo Regno ultraterreno, il Purgatorio:
e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Purgatorio, Canto I, vv. 4-6
La sensibilità, sia fisica che intellettuale del Poeta cambierà nel corso di questo nuovo viaggio, così come sarà diversa l’atmosfera dell’intera Cantica: infatti, a differenza dell’Inferno, nel Purgatorio le anime non sono statiche in un unico luogo stabilito dalla Sapienza divina. Esse si muovono per espiare le proprie colpe e salire fino alla beatitudine, seguendo la forma del Regno: una montagna sulla cui cima si trova il Paradiso Terrestre. Ricordiamo che il Purgatorio venne idealizzato nell’età Medioevale, in particolare fra il sec. XII e XIII per cui secondo la dottrina tradizionale, gli uomini da vivi rispondevano al tribunale della Chiesa, una volta morti però erano giudicati solamente dal tribunale di Dio e con il Purgatorio si crea una sorta di tribunale comune in cui intervengono sia Dio che la Chiesa.
Nella concezione cristiana le anime che transitano nel Secondo Regno ultraterreno, infatti, continuano a dipendere da Dio, ma beneficiano anche dell’azione della Chiesa che distribuisce le indulgenze e per gli uomini del Medioevo (compreso ovviamente Dante) l’esistenza del Purgatorio accresceva le speranze di salvezza dell’anima. Il Purgatorio dantesco è un monte la cui base è coperta da una spiaggia dove si trovano le prime anime purganti schierate nell’Antipurgatorio, nel quale il Poeta incontra le anime dei negligenti suddivisi in quattro schiere, rispettivamente: i morti scomunicati, i pigri, i morti per violenza e i principi, quest’ultimi collocati nella valletta amena. Completata la schiera dei negligenti Dante attraversa la porta del Purgatorio: ingresso che si trova oltre l’Antipurgatorio, in un punto in cui la parete rocciosa che circonda il monte è spaccata e permette l’accesso alle Sette Cornici del Regno. La porta del Purgatorio è descritta nel Canto IX:
Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte,
vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch’ancor non facea motto.
E come l’occhio più e più v’apersi,
vidil seder sovra ‘l grado sovrano,
tal ne la faccia ch’io non lo soffersi;
e una spada nuda avea in mano,
che reflettea i raggi sì ver’ noi,
ch’io drizzava spesso il viso in vano.
Purgatorio, Canto IX, 73-84
Tre scalini conducono ad essa, e sono di tre colori diversi: il primo è di marmo talmente candido che è possibile specchiarsi in esso (simboleggia la consapevolezza delle colpe commesse); il secondo è di colore scuro ed è fatto di una pietra ruvida spaccata nella lunghezza e nella larghezza (è la confessione orale); il terzo è di porfido, di colore rosso vivo come sangue che esce da una vena (la soddisfazione attraverso le opere con l’ardore di carità). Sulla soglia di diamante della porta siede l’angelo guardiano, che indossa una veste di color cenere ed è armato di spada, il quale chiede a Dante e Virgilio chi li abbia condotti lì. Il Maestro spiega che è stata santa Lucia, dopo che Dante si è profondamente addormentato nella valletta dei principi negligenti. In seguito Virgilio invita Dante a gettarsi ai piedi dell’angelo e a chiedere misericordia, cosa che il discepolo fa battendosi tre volte il petto. L’angelo incide sette P con la punta della spada sulla fronte di Dante, a simboleggiare i sette peccati capitali su cui pentirsi nel corso della salita al monte, raccomandandogli di lavare le piaghe quando sarà nelle Cornici. Il guardiano apre poi la porta usando due chiavi, una d’argento, simbolo della scienza e della sapienza del confessore nel valutare i peccati, e una d’oro, che rappresenta l’autorità di Dio nell’assolvere i peccati umani. L’angelo spiega di averle avute entrambe da san Pietro, che gli ha raccomandato di sbagliare ad aprire la porta piuttosto che a lasciarla chiusa. Aggiunge che la chiave dorata è più preziosa, ma l’altra richiede molta arte e ingegno e se una delle due non funziona la porta non può aprirsi. L’angelo spinge la porta sui cardini, che stridono fortemente, quindi fa entrare i due poeti avvertendo che chi guarda indietro deve nuovamente uscire:
Quandunque l’una d’este chiavi falla,
che non si volga dritta per la toppa»,
diss’elli a noi, «non s’apre questa calla.
Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa
d’arte e d’ingegno avanti che diserri,
perch’ella è quella che ‘l nodo digroppa.
Da Pier le tegno; e dissemi ch’i’ erri
anzi ad aprir ch’a tenerla serrata,
pur che la gente a’ piedi mi s’atterri».
Poi pinse l’uscio a la porta sacrata,
dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti
che di fuor torna chi ‘n dietro si guata.
Purgatorio, Canto IX, vv. 121-132
Entrando nel secondo Regno le Sette Cornici del monte si suddividono a loro volta in tre sezioni: dalla prima alla terza cornice ci sono le anime di coloro che mancarono all’amore di Dio per “malo obiettivo”, cioè per l’amore rivolto verso il male; nella quarta cornice camminano le anime degli accidiosi, coloro che ebbero mancanza verso Dio per scarso amore del bene e infine dalla quinta alla settima cornice si trovano le anime di coloro che dedicarono il loro amore per i beni terreni, cioè gli avari e i prodighi, i golosi e i lussuriosi. L’ultima tappa del viaggio lungo il Regno dei purganti è il Paradiso Terrestre, dove Dante incontrerà la sua nuova guida, l’amata Beatrice.
Martina Michelangeli x Medievaleggiando
Per approfondire:
ALIGHIERI DANTE, La Divina Commedia: a cura di Natalino Sapegno, Cetra, Torino 1961
LE GOFF JACQUES, La nascita del Purgatorio, Einaudi, Milano 1981