Oggi vi presentiamo questa monografia di Paolo Grillo: “Le porte del mondo. L’Europa e la globalizzazione medievale” (Mondadori 2020). Grillo è considerato uno dei maggiori esperti di storia comunale italiana e, questa volta, si è cimentato nella trattazione di un tema, spesso, passato inosservato dalla nostra storiografia. Quello della globalizzazione medievale (1250-1350) che necessitava di una sintesi di ampio respiro.
Il saggio prende le mosse dal popolamento del Nord America da parte delle popolazioni scandinave. Queste nell’XI secolo migrarono sulle coste dell’Isola di Baffin e del Labrador e, col tempo, iniziarono a esportare l’avorio delle zanne di tricheco. Con questo materiale infatti venivano realizzati manufatti per le élites europee.
Ora cambiamo attori e scenario: una serie di sconvolgimenti economico-sociali portò i mercanti della costa dello Swahili (Africa sud orientale) a commerciare le zanne di elefante, che, una volta raggiunto il porto di Alessandria d’Egitto, arrivarono in Europa grazie ai mercanti latini.
Ma cosa c’entra l’avorio africano con quello nord-americano? Nella fattispecie, l’avorio degli elefanti era più grande e meglio commercializzabile dell’avorio delle zanne dei trichechi. Infatti quest’ultimo essendo più piccolo, aveva un costo minore e poteva essere utilizzato per un numero limitato di oggetti (come i pezzi degli scacchi) contro le zanne di elefanti che erano lunghe anche 90 cm e, quindi, più pregiate e lavorabili.
Questa immissione, nel mercato europeo, dell’avorio proveniente dall’Africa, mise in crisi il mercato dell’avorio del Nord America. Quindi, decennio dopo decennio, gli scandinavi abbandonarono le coste del Nord America perché, per gli abitanti, non era più economicamente conveniente rimanervi. Ovviamente non dobbiamo fare l’errore di pensare ad una spiegazione monocausale della fine degli insediamenti scandinavi in Nord America: sulla vicenda, probabilmente, influirono numerose cause.
Partendo da questo lungimirante esempio Grillo sposta subito la nostra attenzione sulle invasioni dei Mongoli. Questa popolazione comparve alla ribalta della storia, nell’Europa dell’est, negli anni ‘40 del XIII secolo. Dalle prime attestazioni dei latini questi nuovi invasori vennero descritti come degli esseri subumani, destando subito le preoccupazioni dei regnanti europei. Questo complesso fenomeno, che sconvolse l’intera Eurasia, toccando anche gli interessi di alcune realtà africane, fu alla base della proliferazione dei rapporti fra Occidente e Oriente, grazie a quella che viene definita la pax mongolica.
Molti latini si interessarono a queste regioni e, a tal proposito, il papato inviò in Oriente Giovanni di Pian del Carpine, autore dell’Historia Mongalorum, mentre Luigi IX di Francia fece prendere contatti a Guglielmo di Rubruk, autore dell’Itinerarium. Entrambi si recarono, in tempi e modalità differenti, in Asia per intessere relazioni pacifiche. Questo permise, agli europei, di conoscere a fondo questa complessa popolazione e di avviare anche dei proficui rapporti economici.
Infatti anche la Chiesa, dopo questa prima fase di intenso sospetto e legittima preoccupazione, pensò di avviare dei contatti duraturi con l’Asia, istituendo delle regioni ecclesiastiche. Così nacquero nuovi vescovati come quello di Pechino, di Sulamayya in Iran, e di Quilon in India, operazioni che coinvolsero, domenicani e francescani del calibro di Giovanni da Montecorvino e Giordano di Séverac.
Ad un certo punto, dopo la caduta di Acri – ultimo avamposto crociato in Terrasanta – avvenuta nel 1291, si arrivò persino ad ipotizzare una vasta alleanza che doveva coinvolgere i latini, i Mongoli e, secondo lo scrittore trecentesco Marin Sanudo Torsello anche i cristiani d’Etiopia, per stringere in una morsa i Mamelucchi d’Egitto e riconquistare Gerusalemme.
Quindi il XIII secolo per il Medioevo europeo fu un momento di grande estroversione nei confronti dell’altro, del diverso. Commercianti, predicatori, crociati e pellegrini erano in continuo spostamento alla volta delle mete più disparate: dalla Terra Santa alla Cina, dall’Etiopia cristiana all’Africa sud-occidentale. Il Mediterraneo pullulava, sempre più, di navi che spostavano armati, pellegrini, missionari, idee e merci.
Altre regioni toccate dalla trattazione di Grillo sono le coste del Mar Nero e Trebisonda, l’India e il Malabar, Timbuktu e le Canarie: terre che furono descritte da persone del calibro di Ibn Battuta o Marco Polo.
Tutto questo ovviamente mise l’evidenza di fronte ai latini. Il mondo non era come lo avevano immaginato, ovvero ereditato dalla cultura classica tramite gli scritti di Solino o del più tardo Isidoro di Siviglia. Questo è evidente quando prendono atto delle forti evoluzioni della cartografia del tempo. Infatti si passa, gradualmente, dalle mappe a T-O, che erano rappresentazioni ideali del mondo medievale alle mappe, sempre più precise, di Giovanni da Carignano, Pietro Vesconte e Angelino Dulcert, solo per citarne alcuni.
Altro aspetto che va preso in forte considerazione sono anche gli scontri, cruenti, che si verificano in questa fase: scontri interni nella società cristiana, guerre per mare tra genovesi e veneziani. Nel 1261 ricordiamo la fine dell’Impero latino d’Oriente e la rinascita di quello bizantino. Scontri tra i vari ilkhanati, come quello dell’Orda d’Oro alleatasi nel 1263 con i Mamelucchi per contrastare l’Ilkhanato di Persia.
Inoltre, ricordiamo, che proprio dall’oriente arrivò il bacillo della Yersinia Pestis che, a partire dal 1347, decimò la popolazione europea. Se la vita dei latini, in Europa, riprese molto velocemente, i traffici sulla lunga distanza subirono, col tempo, una rarefazione. Con il calare del XIV secolo, la globalizzazione medievale volse al termine; ma siamo alle soglie di una nuova storia: quella delle conquiste atlantiche,i cui attori principali furono, soprattutto, il Portogallo e la Castiglia.
Personalmente ho trovato questo saggio appassionante e di facile lettura. Infatti oltre al linguaggio piano utilizzato, non ci sono aspetti che vengono sottovalutati da Grillo e, il tutto, viene ben contestualizzato per una rapida comprensione di questi complessi fenomeni. Inoltre l’inserimento di alcune parti delle cronache del tempo risulta piacevole e di facile comprensione, aumentando l’interesse per questa serie di avvenimenti. E, concludo il discorso, mi preme consigliare, ai più interessati, la lettura della vasta bibliografia citata che potrà essere utile, a chi, di Voi, vorrà approfondire ogni singolo aspetto analizzato nel saggio.
Andrea Feliziani