La letteratura provenzale, nonostante la breve esistenza, può essere considerata come la nascita della lirica moderna. Una lirica laica, poesia d’arte, d’autore e composta in lingua volgare. I compositori sono detti trovatori, ma, oggi, ci occuperemo delle trovatrici, o trobairitz.
Opinione comune è che non siano esistite figure di spicco femminili sulla scena letteraria, tuttavia le trovatrici, dimostrano l’opposto. Si possono considerare come le prime cantautrici della storia, ci troviamo nella seconda metà del 1100, in pieno Medioevo. Facciamo un passo indietro per capire le motivazioni politiche e sociali al di sotto di tale fenomeno. Siamo nel Sud della Francia, una società quasi “illuminata” dal punto di vista politico, perché godeva di una legislazione teodosiana, quindi di area germanica, molto più aperta in un certo senso, nei confronti delle donne. Un esempio: esisteva un vincolo matrimoniale, il dotalicium, secondo cui, se uno dei due partner moriva, l’altro, indipendentemente dal genere, ne acquisiva le ricchezze. Le donne potevano avere un ruolo di rilievo nella società anche per questioni “pratiche”, siccome siamo in un periodo di guerre continue, la popolazione maschile è chiamata a combattere e non sempre riesce a far ritorno a casa. Ed ecco che subentrano le donne a dirigere i feudi. Tuttavia, a causa della Crociata albigese (1209-1229), la legislazione “idilliaca” subì profondi mutamenti in senso negativo.
Ma chi sono le trovatrici? Non tutte le donne, chiaramente, erano poetesse/ cantautrici, ma solo quelle che avevano nobili origini, perché potevamo permettersi un’istruzione.
E cosa scrivevano, di cosa parlavano? Le trobairitz, come i trovatori, scrivevano canzoni su temi tipici dell’amore cortese, ma a cambiare è il punto di vista adottato. Secondo alcuni studiosi muta in chiave maggiormente “femminista”, in quanto, nei componimenti, troviamo maggiore sincerità o passionalità. In particolare, in questo articolo, vedremo due casi: la Contessa di Dia e Azalais de Porcairagues.
La Contessa di Dia (1140-1212) prende il suo nome da Dia, località del Sud della Francia. Di lei si hanno poche notizie, specialmente perché la Vida, insieme di biografie anonime di trovatori e trovatrici, dove si parla di questa donna è completamente fittizia. La biografia fittizia ci dice che la contessa era la moglie del duca d’Aquitania Guglielmo IX e amante di Rimbaut d’Aurenga, ma non può essere vero. Nel primo caso, infatti, Guglielmo IX è morto nel 1126, nel secondo caso, invece, è possibile che la contessa abbia avuto solo rapporti letterari con il trovatore. Probabilmente l’autore della Vida inventò tale “triangolo amoroso” per dare maggior rilievo alla trovatrice.
Il primo componimento analizzato è “A chantar m’er de so q’ieu no volria”, scritto in occitano. Il testo parla di un io lirico dolorante, una situazione tipica dell’amore cortese, solo che a parti invertite. L’amante, oggetto dell’amore, è sordo alle preghiere della donna, che si domanda perché non la vuole più, nonostante le sue innumerevoli virtù. L’unica differenza che traspare è il fatto che l’amante sia stato accettato dalla donna, invece, i trovatori soffrivano proprio perché non venivano neanche accettati dalla dama.
Il secondo componimento dell’autrice, “Estat ai en greu cossirier”, si discosta un po’ dalla tradizione cortese. Questo perché, sebbene la cornice della canzone sia un tipico rimpianto amoroso per aver lasciato andare erroneamente il suo amante, la seconda strofa è molto audace poiché presenta una scena sessuale non censurata. La stessa linea viene mantenuta nella strofa finale in cui vediamo un forte desiderio di giacere con l’uomo, oggetto del desiderio. Inoltre contravviene ad altre regole del codice dell’amore cortese: la discrezione e il non rispetto della “misura cortese” (lo ama oltre misura).
L’altra trovatrice di cui si parlerà è Azalais de Porcairagues, trovatrice del Sud della Francia, anche lei vissuta nella seconda metà del 1100. Di origine nobile e amica di Rimbaut d’Aurenga, con cui ha scambiato diversi componimenti (cosa che capiamo tramite un senhal: “Joglar”). Il componimento preso in considerazione è “Dompna met mot mal s’amor”. Se vogliamo, può essere considerato ancora più “femminista” rispetto ai precedenti, in quanto prende una posizione molto ferma e quasi controcorrente per una donna di quei tempi: perseguire un amore non per la ricchezza dell’amante, ma per la sua nobiltà d’animo. Infatti, nella canzone, sottolinea come per lei l’amante non debba andare oltre il grado di “valvassore” e che lei ha scelto il suo uomo proprio per la sua virtù, non per ricchezza. Si scaglia contro coloro che pensano il contrario. Tale posizione non rimarrà in sordina, in quanto Rimbaut replicherà affermando che una donna che va con uomini più in basso nella scala sociale, sminuiscono il proprio valore.
Alla luce di queste testimonianze, sporadiche ma importanti, possiamo dire che è esistita una sorta di movimento letterario dalle donne per le donne anche durante il Medioevo ed è di fondamentale importanza non dimenticare le donne, in questo caso le trobairitz, che in piccolo o in grande hanno fatto la storia.
Elena Sola Orlando
Per approfondire:
DI GIROLAMO COSTANZO, LEE CHARMAINE, Avviamento alla filologia provenzale, Carocci, Roma, 2015.
DI GIROLAMO COSTANZO, I trovatori, Bollati Boringhieri, Torino, 2019.
MARTINENGO MARIRÌ, Le trovatore: poetesse dell’amor cortese (testi provenzali con traduzione a fronte), Libreria delle donne, Milano,1996.