Nello scorso articolo abbiamo affrontato la situazione del sud della Francia prima dello scoppio della cosiddetta crociata contro gli albigesi, ora vediamo un po’ i tratti salienti della prima fase degli scontri. 

Il pretesto per dare inizio alla crociata, la prima contro un territorio cristiano, venne dall’omicidio del legato pontificio Pietro di Castelnau da parte di due sicari che secondo le accuse erano stati mandati da Raimondo VI, conte di Tolosa. L’appello alla crociata di Innocenzo III avvenne il 10 marzo 1208 egli, però, non fu capace di persuadere il re francese Filippo II  Augusto, troppo impegnato con la successione al trono imperiale e la guerra contro Giovanni Senza Terra, il sovrano comunque acconsentì che i suoi baroni partecipassero alla crociata ma per non più di 40 giorni. I crociati erano grandi baroni, cavalieri, borghesi e qualche contadino, tutti pronti a lottare per il papa e soprattutto ben disposti a combattere e a compiere razzie.                                                                                                 

Il conte di Tolosa decise di scongiurare una guerra, che forse avrebbe danneggiato più i suoi sudditi cattolici che l’eresia, e fece atto di sottomissione al papa e alla Chiesa di Roma, atto che però non servì ad evitare il conflitto.

I primi territori ad essere coinvolti furono quelli dei Trencavel, nel luglio 1209 il visconte Raimondo Ruggero si trovò di fronte l’armata crociata pronta ad assediare la città di Béziers. Egli non poté contare sull’aiuto di nessuno né sul conte di Tolosa né sul re d’Aragona perciò la città si trovò sguarnita di sufficienti aiuti. Il 22 luglio una scaramuccia fra guarnigioni avversarie si trasformò in un massacro che portò non solo alla caduta della città ma anche il terrore in tutto il territorio. Fu una strage senza precedenti: strada per strada, casa per casa non si distingueva fra cattolici ed eretici ed è proprio in questo frangente che Cesario di Heisterbach  riporta la, tristemente nota, frase del legato pontificio Arnaldo Amalrico: 

« Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi!».

La conquista dei territori dei Trencavel fu fulminea e a questo punto si presentò il problema della spartizione dei beni e dei territori. Inizialmente i domini dei Trencavel furono offerti ai grandi baroni del Nord che però rifiutarono per diversi motivi: questi territori erano legati, per omaggio feudale, sia al conte di Tolosa sia al re d’Aragona perciò si poteva creare una situazione spiacevole, soprattutto con quest’ultimo inoltre questi grandi signori avevano terre a sufficienza che a mala pena riuscivano a controllare di conseguenza non si potevano permettere di inviare uomini in zone così remote. La scelta perciò andò su un signore meno ricco: Simone di Montfort, conte di Leicester e vassallo diretto del re di Francia ed esperto uomo d’armi.

Il nuovo signore procedette a consolidare la sua posizione, di fatto illegittima, dapprima elargì donazioni alle confraternite religiose, sulle quali poteva contare, poi si recò per tutti i castelli dei suoi nuovi possedimenti a ricevere l’omaggio feudale. Cercò, inoltre, di impiantare in Linguadoca le leggi e le usanze francesi con l’emanazione dello statuto di Pamiers.

Nel 1210 ricevette rinforzi e così iniziò la caccia agli eretici e la definitiva sottomissione dei signori più ostili. In estate pose l’assedio alla fortezza di Minerve che cedette per via di sete e fame, qui si erano rifugiati molti perfetti catari che dovettero scegliere fra l’abiura e il rogo e così si ebbe il primo massacro di eretici della crociata.

Nel frattempo i catari si erano rifugiati nelle zone più remote e nei domini del conte di Tolosa che nonostante i giuramenti non aveva adottato concrete misure contro gli eretici. Le crudeltà commesse dai crociati fecero guadagnare al catarismo molte più simpatie e seguaci di quante non ne avesse prima: in quel momento era diventato quasi una religione nazionale. Il conte Raimondo VI nel frattempo cercò un compromesso con Simone di Montfort, ma invano.

Il conte si trincerò nella sua capitale, Tolosa, che nel maggio 1211 fu messa sotto assedio che fu tolto dopo pochi giorni sia perché i quaranta giorni dei crociati erano in scadenza che per mancanza di viveri; Raimondo VI reagì riconquistando i suoi territori e cercando lo scontro diretto con il Montfort che però non avvenne. La situazione mutò nuovamente quando nella primavera 1212 quando arrivarono nuovi contingenti crociati che nuovamente riuscirono a recuperare terreno tanto che i conti di Tolosa e Foix furono costretti a rifugiarsi alla corte d’Aragona dal re Pietro II. Il sovrano iniziò a radunare un esercito e valicò i Pirenei, riuscì a riprendere Tolosa e nel settembre 1213 si accampò davanti al castello di Muret. Il 12 settembre si diede battaglia, una battaglia dall’esito disastroso per il partito occitano e nella quale perse la vita anche il re aragonese!

Raimondo VI cercò in tutti i modi di rimediare alla situazione, abdicò anche in favore del figlio Raimondo VII ma invano si vide spodestato e Simone di Monfort divenne il signore di quei territori.

La nuova sistemazione territoriale fu rettificata nel VI concilio Lateranense (1215), quindi a Simone di Montfort andarono i territori dei signori di Trencavel e le terre del conte di Tolosa conquistate fino a quel momento, al giovane conte Raimondo VII, invece rimanevano tutti i territori non ancora conquistati. Inoltre lui e il padre furono esiliati in Provenza da dove organizzarono la resistenza, ma questo lo vedremo nel prossimo articolo.

 

Giulia Panzanelli

 

Per approfondire: 

GAROFANI BARBARA, Le eresie medievali, Carocci, Roma 2009

LAMBERT MALCOLM, I Catari, Piemme, Casale Monferrato 2001

MANSELLI RAOUL, L’eresia del male, FuoriLinea edizioni, Monterotondo 2020

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Written by : Redazione

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