È un piacere per noi di Medievaleggiando essere in compagnia del Prof. Luigi Russo, professore Associato di Storia Medievale presso l’Università Europea di Roma, studioso del movimento crociato e dei Normanni del Mezzogiorno italiano. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo I crociati in Terrasanta. Una nuova storia (1095-1291), Roma 2018, e con Franco Cardini, Homo Viator. Il pellegrinaggio medievale, Viareggio 2019.

 

  1. Buongiorno Professore, innanzitutto ci tenevamo a ringraziarla per aver accettato il nostro invito. Oggi con Lei affronteremo alcuni degli argomenti caratteristici del Medioevo. Inizierei da quello più famoso: le crociate. È un tema sicuramente molto vasto e complesso da affrontare, considerando che coprono un periodo che va dall’XI al XIII secolo, qual è il modo corretto di approcciare allo studio di questo movimento?

Vorrei che la storia del movimento crociato venisse slegata dalla classica elencazione d’impianto manualistico che individua, sulla base di una vecchia tradizione storiografica, una serie di spedizioni come “ufficiali” mentre relega al contempo altre (pur importanti) in secondo piano.

Numerare le crociate (otto, nove, dieci: quante sono?) rappresenta un’operazione che trasmette un’immagine parziale di un movimento nato per impulso papale ai fini della liberazione del Santo Sepolcro,

poi trasformatosi con il tempo in un impegno che interessò i più importanti personaggi dei secoli centrali dell’età medievale: Federico Barbarossa, Filippo II Augusto, Riccardo Cuor di Leone, Federico II di Svevia, Luigi IX di Francia, solo per citare i più noti (e tacendo i tanti pellegrini accorsi per la difesa del Santo Sepolcro).

 

  1. Il termine “crociata” è stato spesso usato e abusato. Infatti se ne parla anche dopo il XIII secolo e soprattutto nella contemporaneità per indicare la difesa della cristianità contro il nemico. Per far chiarezza, quali e quanti spedizioni possono rientrare nelle “crociate” storiche propriamente dette?

Solitamente si è affermato un criterio che amo definire “hollywoodiano”: le crociate etichettate come ufficiali sono quelle a cui ha partecipato almeno un personaggio di primo piano dell’età medievale.

Già oltre un secolo fa un filologo dell’Università di Glasgow, William Barron Stephenson, nel suo libro The Crusaders in the East, Cambridge 1907, affermava che «The crusades have been numbered as if they were a series well defined and easily counted. Some eight of all the bands and armies which passed by sea or land to Syria have been selected as the eight crusades. They are chosen on no clear principle» (p. 3) Se infatti si guarda alle vicende specifiche delle crociate ritenute ufficiali quante di loro sono realmente giunte a Gerusalemme? A parte la cosiddetta “prima crociata” (1095-1099), soltanto quella di Federico II, che entrò nella Città Santa da scomunicato! Quindi appare chiaro che il canone storiografico da noi impiegato fa acqua da tutte le parti.

 

  1. Lei ha studiato anche i Normanni, che solitamente siamo abituati ad immaginare in un altro scenario, in rapporto all’Italia del sud e all’Inghilterra, ma dobbiamo associarli anche alle crociate. A questo proposito, vorremmo chiederLe quale ruolo hanno giocato durante le crociate? Il loro apporto è stato fondamentale? 

I Normanni dell’Italia meridionale e della Normandia hanno ricoperto un ruolo di primo piano nelle prime fasi del movimento crociato. Il normanno Boemondo d’Altavilla è divenuto principe di Antiochia, la principale città dell’altopiano anatolico, e numerosi seguaci del suo seguito hanno ricoperto un ruolo di primo piano nella aristocrazia antiochena (ma anche in quella gerosolimitana). Tuttavia l’estromissione del clan Altavilla da Antiochia negli anni Trenta del XII secolo a favore di una dinastia d’area francese ha rimescolato le carte e messo in secondo piano il ruolo dei Normanni in Oriente.

 

  1. Come in ogni evento storico, ci sono sempre due punti di vista differenti dello stesso avvenimento. Se noi abbiamo vissuto le crociate come la “riconquista dei luoghi sacri della cristianità”, come l’hanno vissuta i musulmani? 

A titolo di premessa delineerei il panorama politico-religioso della regione mediorientale nei decenni finali dell’XI secolo: numerosi, intraprendenti capi si battevano per ampliare la propria area di azione a scapito dei rivali presenti nelle città circostanti. A ciò si aggiunga il fatto che i Turchi Selgiuchidi aderivano all’islam sunnita mentre i Fatimidi d’Egitto professavano lo sciismo: ciò voleva dire che i principali soggetti politici islamici dell’area mediorientale erano schierati su fronti religiosi opposti (i sunniti riconoscevano il califfo di Baghdad quale loro massima autorità, a differenza degli sciiti, che facevano invece riferimento al califfo che si trovava al Cairo), e tutto questo favorì la penetrazione crociata.

Non pochi emiri e signori della guerra islamici preferirono trovare un accordo con i nuovi arrivati piuttosto che combatterli con vigore, ritenendo che la loro fosse un’operazione militare passeggera come avvenuto nel recente passato per le armate bizantine.

Tale situazione sarebbe mutata nel corso del secolo XII, quando alcuni signori della guerra, alla ricerca di una legittimazione superiore, avrebbero brandito l’idea dello jihād (termine polisemico che indicava in origine lo sforzo finalizzato a compiere la volontà di Dio, ma già nel Corano usato di frequente nell’accezione bellica) quale forza per chiamare a raccolta l’opinione pubblica musulmana dell’intero Medioriente contro i crociati.

 

  1. Le crociate, come dicevamo in apertura, hanno riscosso un incredibile successo e sono uno degli elementi cardini del “Medioevo pop”. Perché secondo Lei hanno questa popolarità nella cultura contemporanea? È innegabile che sia un tema “evergreen”. 

Le crociate restano un argomento famoso nella cultura popolare, soprattutto dopo l’11 Settembre, come tappa fondante del cosiddetto “scontro di civiltà” tra Occidente e Islam.

Si tratta di una definizione impropria ma pregnante dal punto di vista mediatico, resa celebre dal politologo di Harvard Samuel Huntington nel libro Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, trad. italiana, Milano 1997. All’interno di questo rinnovato interesse per la secolare contrapposizione armata fra le due civiltà – occidentale e islamica –, proprio le crociate sono state individuate come momento fondante per la definizione dell’identità dell’Europa, senza tener conto che i meccanismi identitari sono molto più complessi e non riducibili univocamente alla dimensione armata.

 

  1. La tratta Europa-Gerusalemme non è stata percorsa solo dai movimenti crociati, ma è da sempre meta di pellegrinaggio dei fedeli. A proposito di questo, chi era il pellegrino nel Medioevo? 

Ho trattato la questione in un volume scritto a quattro mani con Franco Cardini, Homo Viator. Vorrei riprendere alcuni concetti espressi nella conclusione di tale volume (in particolare alle pp. 238-239).

Il mondo cristiano ha espresso nella concezione dell’homo viator, del viaggiatore, il simbolo della ricerca spirituale che nondimeno si esprime talvolta nei termini di un reale ed effettivo spostamento da un luogo all’altro. Il termine “pellegrino” poi, deriva dal verbo latino peragere che è quanto mai ricco di significati: da quello di “muoversi con inquietudine, senza tregua” a quello di “condurre a termine” (e quindi “perfezionare”, ma anche “morire”).

Il peregrinus non è dunque semplicemente l’advena o l’hospes, lo “straniero” o lo “sconosciuto”. Peregrinus esprime l’estraneità e al tempo stesso l’estraniamento e lo spaesamento.

Il pellegrino è tale in quanto straniero nella terra nella quale giunge; ma al tempo stesso l’espressione che lo qualifica è ambigua al punto tale da poter significare il contrario: in realtà egli potrebbe essere straniero nella sua terra d’origine, e la sua vera patria essere appunto la sua mèta. Il cristiano è cittadino del cielo, la sua vita è un pellegrinaggio perché egli parte dall’esilio e desidera tornare in patria.

 

  1. Era così frequente, nell’Età di Mezzo, compiere il pellegrinaggio verso la Città Santa? Che valore aveva questo viaggio per il pellegrino? Le crociate in che modo hanno influito su questo “tradizione”? 

Abbiamo una minima traccia di pellegrini diretti verso Gerusalemme nei secoli altomedievali. Dobbiamo far affidamento ai pochi testi rimastici, alcuni molto lacunosi come nel caso di quello redatto dalla monaca Egeria (IV secolo).

Con le crociate, il panorama del pellegrinaggio cambia e si allarga. I pellegrinaggi a Gerusalemme continuarono e nel XII secolo tesero a confondersi con le tante spedizioni crociate, mentre nel Duecento il conflitto tra una Città Santa ormai riconquistata dai musulmani e una regione costiera ancora in mano ai cavalieri e ai mercanti occidentali complicò molto le cose rendendo le autorità islamiche sospettose dei flussi di pellegrini. Per quanto possa sembrare strano, forse le crociate hanno in qualche modo ostacolato il pellegrinaggio, alterandone i connotati, facendogli perdere alcuni tratti dell’epoca altomedievale.

 

  1. Nei Suoi studi ha affrontato un altro argomento interessante: il martirio per fede. Solitamente siamo soliti associarlo alla nascita del primo cristianesimo, si ritrova invece anche nel Medioevo? 

Mi sono interessato al tema del martirio dei Maccabei e alla maniera in cui esso è stato visto nell’età precedente l’epoca delle crociate. Con mio stupore ho scoperto che il dibattito al riguardo era molto variegato e che proprio gli eventi connessi con la conquista della Terrasanta riattivarono un dibattito secolare fornendo nuovi spunti esegetici e dottrinali.

 

  1. A questo punto viene da chiedersi, quanto era sentita la fede nel Medioevo? 

Questa è una domanda di difficile risposta in quanto attiene a una dimensione – quella della coscienza individuale – in cui la visuale dello storico è limitata. Certamente noto che dall’idea di un “Medioevo cristiano” di morgheniana memoria si è passati al riconoscimento delle diversità dei credi all’interno dell’Occidente medievale e soprattutto alla contestazione della monoliticità del cristianesimo medievale. In maniera efficace Peter Brown ne La formazione dell’Europa cristiana: Universalismo e diversità, trad. italiana, Roma-Bari 2014, ha sintetizzato la questione parlando piuttosto dell’esistenza di tante “micro-cristianità”.

 

  1. Ultima domanda prima di salutarci: secondo Lei è importante al giorno d’oggi studiare il Medioevo anche attraverso i suoi revival contemporanei?

A mio avviso ogni oggetto di studio presenta un suo interesse se svolto con attenzione, onestà intellettuale e capacità di integrare l’argomento con il dibattito storiografico più ampio. Rinchiudersi in recinti storiografici rappresenta un’operazione di grande miopia intellettuale.

 

Ringraziamo il Professor Russo per il tempo che ci ha dedicato e speriamo di incontrarlo di nuovo in altre occasioni medievaleggianti.

 

Martina Corona

 

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Written by : Redazione

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