Oggi vi racconterò la storia di un uomo che fece delle armi il suo mestiere, la storia di uno dei tanti condottieri che costellano l’Italia fra la fine del Trecento e il Quattrocento le cui sorti si sono perse nelle pieghe del tempo.
Andrea Fortebracci, noto come Braccio da Montone, nacque molto probabilmente nel castello umbro di Montone, proprietà della sua famiglia, il 1° luglio 1368. A seguito dell’esilio e della precoce morte del padre, il giovane Andrea decise di intraprendere la carriera militare. Negli anni ’80 del Trecento militò sotto Alberico da Barbiano (1348-1409), fondatore della prima compagnia di ventura composta interamente da italiani e intitolata a San Giorgio. Qui Andrea conobbe l’uomo che gli fu antagonista per tutta la vita: Muzio Attendolo Sforza (1369-1424) padre del più noto Francesco Sforza, duca di Milano.
Braccio s’interessò per tutta la sua esistenza alle vicende del comune di Perugia. Intorno al 1390 erano stati espulsi dalla città i nobili e i fuoriusciti del partito popolare, ma dopo un paio di anni s’impossessarono del governo grazie anche all’intervento di papa Bonifacio IX (1350 circa- 1404), che però fu cacciato dalla città. Braccio si unì al partito dei nobili. Per quasi tre anni il condottiero si scontrò con la fazione popolare perugina che gli sottrasse Montone, così all’inizio del Quattrocento lui e molti esuli di Perugia si costituirono in una compagnia di ventura e si misero al servizio del miglior offerente.
Sempre in questo periodo tornò a militare sotto il suo maestro Alberico da Barbiano che operava nelle attuali Marche: qua Braccio dimostrò le sue grandi capacità di condottiero e fece una folgorante carriera. All’inizio del 1407 liberò Rocca Contrada dall’assedio di Ludovico Migliorati (1370 circa- 1428), nipote di Innocenzo VII (1336-1406), e ne divenne signore.
La situazione in Italia stava precipitando. Nel 1386 era salito al trono di Napoli Ladislao I di Durazzo (1377-1414) il quale, una volta sconfitte le resistenze all’interno del suo regno, decise di espandere i suoi domini in Italia. Sono anni turbolenti e la lega costituitasi per combattere contro Ladislao giunge a una pace che però impedisce a Braccio di rientrare a Perugia. Amareggiato, il condottiero decide di entrare al servizio di papa Giovanni XXVIII nel 1413, e in questo periodo non si occupa solo di difendere i propri territori, che nel frattempo erano giunti fino all’Umbria, ma con l’uso delle armi riconquistò per il papa parte dei territori persi. Nel 1416, nonostante la deposizione di Giovanni XXVIII Braccio continuò a conquistare territori nel centro Italia; in giugno si diresse verso Perugia e dopo un duro scontro Andrea ebbe la meglio.
Fortebracci soggiornava a Perugia per brevi periodi perché i suoi domini, ora assai consistenti, facevano gola a vari signori e condottieri; si difese talmente bene che la sua ambizione, spronata dai risultati ottenuti, lo portò a occupare Roma (1416-1417), allora senza pontefice. L’arrivo di Muzio Attendolo Sforza lo costrinse a lasciare la città, abbandono dovuto anche al non sapere cosa sarebbe successo con l’elezione del nuovo papa Martino V. Il nuovo pontefice non mancò di far sentire la propria voce e per l’ostilità dimostrata Braccio fu scomunicato; con quest’atto iniziò una guerra contro Andrea. Il nostro si difese bene nonostante l’abbandono di alcuni suoi alleati e solo nel 1420 raggiunse un accordo con Martino V, che lo nominò vicario di buona parte dei territori che aveva conquistato.
Nel contempo la situazione a Napoli, dopo la morte di Ladislao, si era complicata e Braccio seppe trarne vantaggio offrendo i suoi servigi di condottiero, grazie ai quali ottenne il dominio di Capua. Per buona parte degli anni ’20 del Quattrocento continuò a conquistare territori nel centro Italia. Il suo era l’esercito più potente della penisola, ma fatale gli fu l’assedio dell’Aquila nel 1424. La città resistette a lungo tanto da ricevere il soccorso delle truppe pontificie guidate da Attendolo Sforza, che morì durante gli scontri. Il 2 giugno avvenne la battaglia finale alle porte dell’Aquila, dove l’esercito di Braccio fu sconfitto e lui ferito mortalmente. Pochi giorni dopo, il 5 giugno, spirò.
Dopo la sua morte i territori conquistati ritornarono ai precedenti proprietari e del suo valore sopravvisse solo il clangore delle armi.
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
CONTAMINE PHILIPPE, La guerra nel Medioevo, Il Mulino, Lucca 2011.
MALLET MICHAEL, Signori e Mercenari. La guerra nell’Italia del Rinascimento, Il Mulino, Bologna 2013.
SCARDIGLI MARCO, Mercenari e cannoni. L’arte della guerra nell’Italia del Rinascimento, Mondadori, Taranto 2004.