Il Rinascimento italiano è popolato di moltissime figure che spiccano per la loro personalità e per il ruolo che hanno avuto all’interno delle vicende politiche, assai intricate, dell’Italia di questo periodo. Partendo da Cosimo il Vecchio passando per Federico da Montefeltro o per Caterina Sforza, approdando a Lorenzo de’ Medici il Quattrocento italiano si configura come un secolo dominato da moltissimi personaggi forti, donne e uomini, laici ed ecclesiastici, che hanno saputo farsi ricordare. Ebbene in questo articolo affronteremo la vita di un personaggio assai controverso, santo e maledetto allo stesso tempo: il frate domenicano Girolamo Savonarola.
Il nostro frate nasce a Ferrara il 21 settembre del 1452 da una famiglia di mercanti e il nonno era un celebre medico che lavorava alla corte degli Este, insomma Girolamo nasce e cresce ricevendo un’educazione umanistica e scientifica degna di una delle signorie italiane più culturalmente attive. Intorno ai vent’anni iniziò a scrivere testi incentrati sulla corruzione dei costumi del mondo e il degrado della Chiesa, ma la vera svolta avvenne il 24 aprile del 1475 quando fuggì di casa per recarsi a Bologna ed entrare nel convento di San Domenico: questo gesto esprime la sua volontà di abbandonare un mondo, secondo il suo giudizio, dominato dal vizio e dall’ingiustizia. Fra le rassicuranti mura del convento inizia a studiare teologia e a ricevere una formazione da predicatore e nell’aprile del 1482 è al convento di San Marco a Firenze.
Questo convento gravitata sotto l’orbita della famiglia Medici ed era frequentato dalle personalità più di spicco del panorama culturale della città, così il giovane Savonarola fece fatica ad affermarsi come predicatore; risalgono a questi anni fiorentini le prime illuminazioni divine sui flagelli che si sarebbero dovuti abbattere sulla Chiesa. Nel 1487 lascia Firenze per diventare predicatore a Ferrara e in altre città del nord Italia, ma nel 1490 Girolamo si trasferisce definitivamente al convento fiorentino di San Marco pare per intercessione di Lorenzo il Magnifico. Ora che è di nuovo a Firenze da avvio alla sua attività di predicazione che lo renderà famoso, il suo stile diventa più fluido e autorevole e le tematiche si fanno più forti basandosi sull’idea che un castigo terribile si abbatterà sui peccatori. L’anno successivo divenne anche priore del convento e gli fu messo a disposizione il pulpito di Santa Maria del Fiore, insomma Girolamo aveva guadagnato notevole autorevolezza.
La sua predicazione si fa sempre più veemente, si scaglia spesso contro la Chiesa e contro i costumi corrotti di Firenze e di tutta l’Italia, invoca che un flagello presto si abbatta su tutti. Il 6 aprile del 1492 si tenne uno dei suoi discorsi più famosi dove preannunciò una di queste rovine e due giorni dopo morì Lorenzo de’ Medici, i fiorentini collegarono la predizione a questo evento e ciò fece aumentare notevolmente l’autorevolezza e il potere di Savonarola..
La situazione mutò sensibilmente con la prima discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII di Valois nel 1494, una volta arrivato a Firenze il nuovo signore della città Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo, non seppe gestire i rapporti con il sovrano al quale, scavalcando le istituzioni repubblicane fiorentine, concesse denaro e piazzeforti. La risposta dei fiorentini non si fece attendere e aizzati dalle prediche di Savonarola, che in una delle sue perdizioni aveva previsto l’arrivo di un Nuovo Ciro ora identificato con il re francese, cacciarono Piero e fu proprio il frate domenicano a contrattare con Carlo VIII il futuro della città.
A questo punto della vicenda il ruolo di Savonarola è di assoluto primo piano infatti una volta stabilito un accordo con il re, il domenicano attraverso i suoi sermoni detta le scelte politiche della città. Nei suoi sermoni gli aspetti politici, apocalittici e religiosi sono inscindibili: la cacciata dei Medici è avvenuta per volere di Dio e Firenze diverrà la nuova Gerusalemme. Secondo il frate a governare la città doveva esserci un governo “largo” e per questo fu creato il Consiglio grande o maggiore, un’assemblea che comprendeva un numero talmente elevato di cittadini da dover essere necessaria la costruzione di una nuova sala nel palazzo della Signoria, il famoso salone dei Cinquecento. Però non dobbiamo pensare che l’intera cittadinanza fosse a favore di Savonarola, infatti per una parte dei fiorentini egli era solo un impostore e questa fazione fu chiamata palleschi (i filo medicei) e arrabbiati ( antimedicei), mentre i sostenitori del frate vennero denominati piagnoni. Savonarola però non desiderava alimentare queste divisioni interne alla città così riuscì a far votare una legge che prevedeva un’amnistia per i reati politici precedenti e che prevedeva di ricorrere in appello contro le decisioni della Signoria. La politica del domenicano era incentrata tutta sul bene comune quindi introdusse una tassa che variava secondo la ricchezza dei cittadine e istituì il Monte di pietà per arginare l’usura. In tutto questo Savonarola non perdeva di vista il suo obiettivo più ampio ossia la purificazione della Chiesa e il ritorno a un cristianesimo primitivo, il rinnovamento però non riguardava solamente i religiosi ma puntava a fornire una nuova morale su ogni aspetto della vita del singolo e della collettività.
Come si può immaginare queste sue posizioni non lasciarono indifferenti il papato, d’altra parte al soglio pontificio sedeva Alessandro VI Borgia, che non solo era allarmato dalle parole sferzanti del frate ma anche dal fatto che Firenze non volesse entrare nella lega contro il re Carlo VIII; il papa perciò convocò Savonarola a Roma ma questi si rifiutò adducendo diverse scuse consapevole di rischiare molto allontanandosi da Firenze. Il papa reagì di conseguenza e vietò al frate di predicare e solo nel 1496 potè ritornare sul pulpito. Il 1497 fu l’anno della svolta per le riforme promosse da Savonarola che furono tutto approvate in pochissimo tempo ed in questo periodo che si colloca uno degli eventi che più lo hanno reso famoso. In occasione del Carnevale di quell’anno fu deciso di organizzare un evento per rendere effettivo quanto predicato nasce così il cosiddetto Falò delle Vanità, un enorme quantità di oggetti ritenuti immorali furono bruciati fra le grida entusiastiche della folla. Questo evento segnò il culmine dell’ascesa di Savonarola ma anche il punto di non ritorno: la sua morsa moralizzatrice si fece sempre più asfissiante e le riforme fiscali sempre più pressanti, non solo il pontefice minacciava l’interdetto mentre Carlo VIII non aveva rispettato le promesse fatte alla città. Così subito dopo il Falò delle Vanità al governo della città vi furono inseriti diversi antisavonaroliani, mentre Piero de’ Medici cercava di rientrare a Firenze. Il 12 maggio del 1497 Alessandro VI scomunicò Girolamo Savonarola e non solo la scomunica sarebbe stata estesa a chiunque avesse avuto rapporti con il frate che comunque decise di non sottomettersi alla volontà del pontefice, anzi lo sfidò apertamente. Ma questa sua decisione gli si ritorse contro in quanto molti suoi seguaci decisero che non era il caso di schierarsi contro il papa così Savonarola perse diversi consensi, inoltre molte delle sue profezie non si stavano avverando. Nel febbraio del 1498 Savonarola ritornò sul pulpito attaccando la scomunica, ed anche chi ne dava valore e trasformando la contrapposizione tra lui e il pontefice in una lotta tra bene e male. Il papa reagì di conseguenza minacciando di porre la città sotto interdetto, una minaccia troppo grossa per la città che nel marzo voltò le spalle a Savonarola ed a questo punto che si colloca un altro episodio molto noto: la prova del fuoco. Uno dei seguaci del frate accettò la sfida lanciata da un francescano a entrare nel fuoco per dimostrare la veridicità della dottrina savonaroliana, il 7 aprile si tenne questa prova in piazza due francescani e due domenicani dovevano camminare nelle fiamme provando a uscirne incolumi, la contesa si chiuse con un nulla di fatto, oltre ai vari pretesti sollevati, ci si mise anche il maltempo a compromettere la sfida. Savonarola uscì completamente sconfitto, in realtà mai avvenuta e la sua credibilità crollò.
Il giorno successivo vi fu un grosso tumulto e Savonarola venne arrestato. Fu sottoposto a 3 processi, due civili e uno ecclesiastico e tutti e tre puntavano a fargli perdere credibilità di fronte ai suoi seguaci, sotto tortura, ammise di non essere un profeta e di agire solo per ottenere potere terreno. Il 23 maggio del 1498 Girolamo Savonarola fu impiccato e arso sul rogo. Si conclude così la storia di un uomo ricordato come un fervente moralizzatore, un uomo che per tutta la sua esistenza ha proposto e cercato d’imporre un nuovo modello di vita ideale.
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
AA.VV., Girolamo Savonarola l’uomo e il frate. Atti del 35. Convegno storico internazionale, Todi, 11-14 ottobre 1998 , Centro italiano di studi sull’alto Medioevo, Spoleto 1999
PELLEGRINI MARCO, Savonarola: profezia e martirio nell’età delle guerre d’Italia, Salerno editrice, Roma 2020
WEINSTEIN DONALD, Savonarola: ascesa e caduta di un profeta del Rinascimento, Il Mulino, Bologna 2013