Eccoci giunti al nostro ultimo appuntamento con la storia del popolo longobardo in Italia (se foste rimasti indietro vi lascio le precedenti tre puntate qui, qui e qui). Ricordate dove eravamo rimasti? Morto Liutprando, dopo il breve regno di Rachis era salito al trono Astolfo nel 749. Il grande errore di Astolfo era stato quello di riprendere l’avanzata contro i Bizantini, conquistando Comacchio, Ravenna e Ferrara. A questo punto il papato, avendo paura che i Longobardi riuscissero a governare l’intero territorio, chiese aiuto al popolo dei Franchi, con a capo Pipino il Breve della dinastia dei Merovingi. Papa Stefano II (eletto nel 752) mandò un’ambasceria segreta presso il sovrano merovingio, mentre nel frattempo da Costantinopoli giungeva un legato, il quale accordava al pontefice la possibilità di trattare con Astolfo per riconquistare l’esarcato. Stefano II tentò con il re longobardo una trattativa ma ebbe scarso successo, decise quindi di proseguire verso la Francia, per tentare un accordo con il regno dei Franchi e nel 754 giunse a Ponthion.
Nello stesso anno venne stesa la Promissio Carisiaca, un patto in cui i Franchi promettevano la restituzione al papato dei territori presi da Astolfo, compreso l’esarcato. Al rifiuto iniziale di Astolfo di ritirarsi dai territori invasi Pipino dichiarò guerra ai Longobardi, i quali subirono una prima sconfitta nel 755. A questo punto vennero riprese le trattative e il sovrano fu costretto a cedere i Ravenna e l’esarcato; è qui che si cominciò a delineare il primo nucleo territoriale appartenente al papato. Ma subito dopo Astolfo, non rispettando i patti presi, cominciò a devastare le terre laziali. Il papa subito intervenne chiedendo nuovamente l’aiuto di Pipino, che sconfisse, stavolta definitivamente, le truppe di Astolfo nel 756. Le condizioni furono molto più dure: i Longobardi riconobbero la sovranità franca sul loro regno e consegnarono a Pipino Ravenna e Comacchio, i territori da Forlì a Senigallia e il territorio romano. I Franchi, come da accordi, consegnarono al papa tutte le terre conquistate.
Morto Astolfo nel 756, gli successe al trono Desiderio, il quale tentò di ricucire i rapporti con la Chiesa e il popolo franco. Grazie al suo operato il regno longobardo ebbe il suo periodo di pace, che durò all’incirca per quindici anni. Nel 768 morì anche Pipino e, per consolidare la tregua con Desiderio, la vedova Bertrada provò a combinare un doppio matrimonio: il primo tra la figlia Gisla e Adelchi, figlio di Desiderio; il secondo tra l’altro figlio, un giovane Carlo Magno, e la figlia di Desiderio, Ermengarda. Il primo venne mandato a monte dall’intervento di Stefano II, mentre il secondo si svolse nel 770.
Alla morte di Carlomanno, fratello maggiore di Carlo Magno, quest’ultimo riuscì a divenire re. Questo comportò la decisione della figlia di Desiderio e vedova di Carlomanno, Gerberga, di fuggire in Italia insieme ai suoi figli, chiedendo aiuto al padre. Quest’ultimo lo concesse, attirando l’ira del sovrano carolingio. Questo non fermò il re longobardo, il quale sceglieva la via dello scontro con i Franchi. L’anno successivo Carlo Magno sconfisse le truppe longobarde e mise sotto assedio Pavia. La capitale del regno longobardo infine si arrese nel giugno del 774, Desiderio fu condotto in Francia come prigioniero, rinchiuso nel monastero di Corbie dove morì poco dopo e il figlio Adelchi (reso famoso dall’omonima tragedia scritta da Alessandro Manzoni) perse la vita nel 788. Riguardo la sua morte vi sono dei pareri discordanti: secondo alcuni sarebbe morto sul campo, mentre stava combattendo contro il figlio di Arechi, Grimoaldo, mentre secondo Eginardo avrebbe perso la vita a Costantinopoli anni dopo.
Così si conclude la gloriosa storia dei Longobardi in Italia, del cui regno sopravvisse solo una piccola parte, conosciuta come Langobardia minor, che vide i suoi centri maggiori nei ducati di Spoleto e Benevento.
Eleonora Morante
Per approfondire:
CLAUDIO AZZARA, I Longobardi, Il Mulino, Bologna 2015.
Il regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società e istituzioni, a cura di Stefano Gasparri, Fondazione CISAM, Spoleto 2004.