Proseguiamo il nostro viaggio attraverso l’eresia catara. Dopo aver parlato dei suoi rapporti con l’eresia bulgara dei bogomili e delle sue basi dottrinali, è giunto il momento di concentrarci sui rituali e la gerarchia.
Fra i tanti punti di forza del catarismo vi è sicuramente quello di aver creato una solida gerarchia capace di fare concorrenza a quella cattolica. Analizziamola.
Chi aveva ricevuto il consolamentum, di cui vi parlerò dopo, diventava un perfetto e non vi era distinzione fra uomini e donne.
I perfetti erano soliti muoversi in coppie, anche miste, che passavano per le varie terre a portare conforto ai credenti.
Fra di loro esisteva una gerarchia che constava di quattro gradi: il diaconato, il figlio minore, il figlio maggiore, il vescovo. Il primo aveva delle funzioni similari a quelle di un sacerdote cattolico e ve ne era uno per ogni comunità.
Gli altri provvedevano al rito della consacrazione del vescovo e a stabilire una successione episcopale. Il vescovo consacrava il figlio maggiore a vescovo, che rimaneva comunque di dignità inferiore e quando il vescovo «maggiore» veniva a mancare, per una qualsiasi ragione, il figlio maggiore diveniva il nuovo dignitario e consacrava il figlio minore. Il vescovo era il capo di ogni singola Chiesa, non vi era nessuna più alta autorità, a lui era affidata una diocesi. Quando un credente incontrava un perfetto doveva compiere un rito noto come salutatio, che consisteva in un abbraccio e in un bacio della pace; questo avveniva anche alla fine delle riunioni religiose.
Per diventare perfetti bisognava avere diciotto anni e prima di ricevere la «consacrazione» si era messi alla prova per un anno e istruiti sul Nuovo Testamento. Dopo questo periodo, definito di abstinentia, veniva compiuta la traditio del Pater noster: s’insegnava e si consentiva al nuovo adepto l’uso dell’unica preghiera riconosciuta dai catari, il Padre Nostro appunto; seguiva, poi, un altro periodo di prova, dopo il quale avveniva la vera e propria cerimonia del consolamentum.
Il gruppo di fedeli, nel quale dovevano essere presenti almeno due perfetti, si disponeva intorno al neofita. Colui che presiedeva il rito gli consegnava il Nuovo Testamento e gli chiedeva se era fermo nei suoi propositi. Se la risposta era affermativa, si procedeva con un’omelia nella quale si ricordava il valore ed il significato del battesimo che stava per ricevere e gli si rammentava che esso comportava una serie di pesanti doveri, derivanti dall’osservanza dei precetti di Cristo contenuti nel Vangelo. Dopo l’omelia l’anziano ritirava il libro dalle mani del neofita e dopo avergli chiesto nuovamente se era deciso a voler ricevere il battesimo, ad una sua risposta affermativa, poneva il libro sul capo del prossimo perfetto, a cui contemporaneamente tutti gli altri perfetti presenti imponevano la mano destra. Dopodiché, dopo altre formule di invocazione, veniva recitato cinque volte il Pater noster e veniva letto il prologo del vangelo secondo Giovanni. Infine il nuovo adepto, baciato il libro, compiva l’adoratio, e la cerimonia era conclusa.
Il consolamentum era il mezzo mediante il quale l’ordine divino, spezzatosi con la ribellione degli angeli le cui anime si erano incarnate negli uomini, veniva ristabilito; anche se l’anima era ancora materialmente legata al corpo, di fatto era ritornata alla sua condizione divina. Il perfetto rappresentava perciò Dio in terra, la sua parola era quella di Dio. Egli era comunque esposto alla tentazione di Satana e se vi cadeva doveva ricevere nuovamente il consolamentum, e come conseguenza della sua colpa perdevano la grazia di Dio tutti coloro che aveva consolato. A causa di ciò si era soliti farsi «consolare» più volte, da persone diverse.
Esisteva perciò anche il rito del servitium o apparellamentum, per i perfetti che si erano macchiati, anche di colpe minime, e dovevano espiarle con varie penitenze, per quelle più gravi occorreva ripetere il consolamento.
Il rito, forse più significativo, era quello della frazione del pane. Consisteva nella recitazione del Pater noster , sul pane che veniva spezzato e distribuito ai fedeli, era compiuto solitamente dal più anziano dei perfetti, che teneva il pane avvolto in un tovagliolo. Dopo aver recitato la preghiera, spezzava il pane e lo distribuiva a coloro che partecipavano alla cerimonia, anche ai credenti, che lo conservavano e lo usavano con parsimonia. Esso serviva anche per santificare il pranzo, quando ancora la cerimonia era compiuta ogni giorno prima di mangiare.
Questa è in breve la spiegazione della ritualità e gerarchia catara, come non manco di farvi notare alla fine di questi articoli, la complessità del catarismo lo rende un’eresia fuori dal comune rispetto alle precedenti.
Non mi resta che darvi appuntamento alla prossima puntata dove inizieremo a parlare delle vicende storiche!
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
GAROFANI BARBARA, Le eresie medievali, Carocci, Roma 2009
LAMBERT MALCOLM, I Catari, Piemme, Casale Monferrato 2001
MANSELLI RAOUL, L’eresia del male, FuoriLinea edizioni, Monterotondo 2020