L’eresia catara è assai complessa. Una religione vera e propria con le sue dottrine e credenze, molto più di tante altre eresie e a tratti non sembra neanche derivare dal cristianesimo.
Una delle caratteristiche salienti del catarismo è il dualismo. Esploriamo un po’ questo concetto. Il dualismo era uno dei tratti salienti del bogomilismo ma, come abbiamo visto in un articolo precedente, animava anche un’altra religione antica: il manicheismo.
Diciamo due parole sul manicheismo. Nasce nel III secolo d.C. nella lontana Persia e il suo fondatore pare si chiamasse Mani. Questa religione si fonda sulla coesistenza di due principi opposti, il Bene e il Male; la differenza con il cristianesimo sta nel fatto che per quest’ultimo solamente il Bene è il principio di tutto e il Male si configura come una degenerazione del Bene.
Dallo scontro fra le potenze del Male e il mondo della Luce nascono il mondo e l’uomo, la cui parte materiale è dovuta all’azione del male, mentre la parte spirituale ha origine divina ed è intrappolata nella materia. Quindi, il manicheo ha il compito, attraverso la sua religione, di liberare le particelle di luce intrappolate nella materia e farle salire, pure, verso la Luce.
Catarismo e bogomilismo, però, non riprendevano il manicheismo. Come scrive Raoul Manselli :
« manca ai catari la presentazione della loro dottrina come “gnosi liberatrice” ed è questo tratto che li distingue in modo netto e deciso da ogni corrente dualistica del cristianesimo antico».
Allora viene da chiederci da dove nasce, o meglio rinasce, il dualismo medievale? Non esiste una risposta univoca e gli storici ne discutono ancora. S’identificano tre correnti.
La prima sostiene l’origine occidentale del dualismo, senza alcuna continuità con le eresie antiche dualistico-teologiche; nessuna filiazione ma solo simultaneità tra le forme. L’altra sostiene la continuità indiretta. Infine, a metà fra le due tesi si collocano coloro che sostengono il risorgere del dualismo come importazione dall’Oriente e, perciò, privo di una sistematicità, in quanto sradicato dal suo territorio d’origine.
Occorre specificare un altro punto, quello dell’origine del male. Il male, in generale, non è ricondotto al peccato originale ma a fatti avvenuti precedentemente: la morte di Cristo, perciò, è inefficace e non colma quella colpa precedente all’uomo stesso.
Infatti, i dualismi medievali non si presentano come religioni ottimistiche poiché prevalgono incertezza, angoscia, dubbio che lo stato appena raggiunto di salvabilità possa infrangersi da un momento all’altro.
Il catarismo era animato da due tipi diversi di dualismo: uno moderato, importato negli anni Quaranta del XII secolo; l’altro, radicale, arrivato col pop Niceta.
Per il dualista radicale la speranza di redenzione e liberazione risiedeva nella realizzazione di un piano eterno e prestabilito, ma l’individuo ignorava in quale punto del piano si trovasse, se era prossimo alla liberazione o se dovesse attendere il suo momento passando di corpo in corpo .
Questa “convinzione” sembrerebbe allinearsi più al pensiero mistico-religioso dell’Oriente, riportato anche dal platonismo, e fu sicuramente uno dei motivi di maggior conflitto con la religione cattolica. Infatti, nell’escatologia cattolica la trasmigrazione delle anime non è presente e la salvezza è data dalla fede nel Cristo e dall’agire del singolo individuo.
Il dualista moderato, invece, si sentiva al centro di una lotta tra Dio e Satana, alla quale partecipava in prima persona poiché questa si combatte in ogni uomo fino quando l’umanità non si sarà estinta. Da qui la più completa negazione della vita, comune a tutte le correnti del catarismo, che si esprimeva in alcune norme morali e nei riti religiosi. Queste regole valevano per i perfetti, coloro che avevano ricevuto il consolamentum; mentre i credenti non erano obbligati a rispettarle.
Parte delle norme riguardava l’astensione da alcuni cibi, perlopiù da quelli derivati da rapporti sessuali, quindi: carne, uova, latte e formaggio; il pesce, però, era consentito poiché nel Medioevo si credeva che non fosse frutto di un’unione sessuale e che non avesse sangue, perciò non era considerato un animale.
Affine alla proibizione di alcuni cibi, si praticava il digiuno: tre giorni durante la settimana si mangiava solo pane ed acqua; vi erano poi tre lunghi periodi di astensione dal cibo prima di Natale, Pasqua e dopo la Pentecoste. Se ne potrebbe dedurre che seguissero il calendario liturgico della Chiesa di Roma.
L’atto sessuale era considerato il peccato più grave, la tentazione massima del diavolo a cui si doveva scampare ad ogni costo. Da qui il rifiuto totale del matrimonio che facilita la nascita di prole, prolungando così la prigionia degli angeli nel mondo materiale e ritardando il momento della libertà.
Questo odio per la vita si manifestava anche nel martyrium, non solo subìto per le condanne della Chiesa cattolica, ma anche autoinferto: lasciandosi morire di fame, noto come endura e tipico dell’ultimo catarismo, oppure soffocandosi.
Come ho cercato di dimostrarvi, la religione catara è assai complessa, ha una sua dottrina specifica come dei suoi rituali, che vedremo più avanti, e non stupisce che abbia fatto concorrenza al cattolicesimo, proprio perché la sua forza era non solo nel favore che riceveva ma anche perché fu capace di dotarsi di una struttura dottrinaria e gerarchica solida.
Giulia Panzanelli
Per approfondire:
GAROFANI BARBARA, Le eresie medievali, Carocci, Roma 2009
LAMBERT MALCOLM, I Catari, Piemme, Casale Monferrato 2001
MANSELLI RAOUL, L’eresia del male, FuoriLinea edizioni, Monterotondo 2020